Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9864 del 24/04/2010

Cassazione civile sez. II, 24/04/2010, (ud. 30/11/2009, dep. 24/04/2010), n.9864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 26503/2008 proposto da:

G.V. titolare dell’omonima ditta, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 3, presso lo studio

dell’avvocato ALBERTO GALLI, rappresentato e difeso dall’avvocato

CAVALLONE Lucio, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TIZIANA SPORTING CLUB SRL in liquidazione, in persona suo

liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.G. BELLI 27,

presso lo studio dell’avvocato GALANTE ROSSELLA, rappresentata e

difesa dall’avvocato TERRULI Francesco, giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 391/2007 della CORTE D’APPELLO di LECCE –

Sezione Distaccata di TARANTO del 26.10.07, depositata l’11/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

che con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta dal Sig. G.V. nei confronti della Tiziana Sporting Club s.r.l. per il pagamento del corrispettivo di lavori edili eseguiti nel camping della società convenuta;

che la Corte ha infatti rilevato il difetto di prova che l’incarico per l’esecuzione dei lavori provenisse dalla società;

che il Sig. G. ha quindi proposto ricorso per cassazione per tre motivi, cui l’intimata ha resistito con controricorso;

che con relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata prospettata l’inammissibilità o, comunque, la manifesta infondatezza del ricorso;

che la relazione è stata ritualmente comunicata al P.M., e notificata agli avvocati delle parti;

che il solo avvocato del ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide le conclusioni di inammissibilità dei motivi di ricorso formulate nella relazione ai sensi del cit. art. 380 bis c.p.c.;

che, infatti, i primi due motivi di ricorso – con cui si lamenta, in sostanza, che la Corte di appello si sia basata su documenti, comprovanti l’avvenuta cessione della gestione del camping ad altro soggetto già in epoca anteriore alla esecuzione dei lavori – sono inammissibili in quanto non corrispondenti alla ratio della decisione impugnata, la quale consiste nell’applicazione della regola di giudizio basata sull’onere della prova (e cioè che, in difetto di prova di un fatto, soccombe colui che aveva l’onere di provarlo) per non avere l’attore dimostrato positivamente la provenienza dell’incarico da parte della società convenuta, e non già per avere quest’ultima fornito la prova contraria, ossia la prova della provenienza dell’incarico dal cessionario della gestione del camping o, comunque, della cessione della gestione prima dell’esecuzione dei lavori di cui trattasi;

che neppure può affermarsi, come invece si sostiene nella memoria del ricorrente, che quei documenti siano stati posti dai giudici di appello a base della valutazione della prova testimoniale, nella parte in cui quei giudici affermano essere tale prova compatibile con la tesi della cessione della gestione in epoca anteriore ai lavori:

infatti la compatibilità è riferita alla mera affermazione – non alla prova – della cessione da parte della società convenuta;

che il terzo motivo di ricorso, con cui si censura la valutazione di insussistenza della prova dell’incarico, è inammissibile perchè la censura è svolta in termini di apprezzamento di merito e non di vizio logico;

che il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 1.2 00,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2010

 

 

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