Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9863 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/04/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 15/04/2021), n.9863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3191-2020 R.G. proposto da:

PELAGIC FISHERIES CORPORATION, in persona del Procuratore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI 43,

presso lo studio dell’avvocato VINCENZO SCORSONE, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati PAOLO LUCA PUGLIARO, CARLO

CIGOLINI;

– ricorrente –

contro

SIAT SOCIETA’ ITALIANA ASSICURAZIONI E RIASSICURAZIONI PA, STARSTONE

INSURANCE SERVICES LIMITED in proprio e nella qualità di agente di

assicurazione in nome e per conto del SYNDICATE SCC 1301 DEI LLOYD’S

DI LONDRA, GENERALI ITALIA SPA, SWISS RE INTERNATIONAL SE, in

persona dei rispettivi Procuratori pro tempore, elettivamente

domiciliate in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 88, presso lo studio

dell’avvocato RAFFAELE SPERATI, che le rappresenta e difende

unitamente agli avvocati CORRADO BREGANTE, FRANCESCA RONCO;

– resistenti –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di

TREVISO, depositata il 17/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

DELL’UTRI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO, che chiede che

questa Suprema Corte voglia rigettare il proposto regolamento di

competenza, confermando il provvedimento di sospensione.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Generali Italia s.p.a., la SIAT Società Italiana Assicurazioni e Riassicurazione p.a., la Starstone Insurance Services Limited e la Swiss Re International Se, hanno proposto opposizione avverso il decreto con il quale il Tribunale di Treviso ha ingiunto alle stesse il pagamento di somme di denaro in favore della Pelagic Fishering Corporation a titolo di indennità assicurativa, nel quadro di una vicenda relativa all’esecuzione di un contratto di assicurazione stipulato tra la Pelagic Fishering Corporation (proprietaria e armatrice della m/n “Kapitan Veselkov” oggetto della copertura assicurativa) e le compagnie assicuratrici opponenti;

a fronte dell’eccepita carenza di giurisdizione del giudice italiano in relazione alla controversia in esame, il Tribunale di Treviso, con provvedimento reso in data 14/12/2019, ha disposto la sospensione del processo di opposizione ai sensi dell’art. 31.2 del Regolamento UE 1215/2012, avendo le compagnie assicuratrici separatamente instaurato, dinanzi alla Hight Court di Londra, una controversia avente a oggetto la legittimità della pretesa creditoria della Pelagic Fishering Corporation;

a fondamento della decisione di sospensione assunta, il Tribunale di Treviso ha rilevato l’avvenuta effettiva stipulazione, tra le parti, di una clausola indicante la giurisdizione esclusiva del giudice inglese, che, ai sensi dell’art. 31.2 del Regolamento UE cit., imponeva la sospensione del giudizio instaurato dinanzi al giudice italiano, indipendentemente dall’applicazione del c.d. principio di “prevenzione”;

avverso detta ordinanza di sospensione, la Pelagic Fishering Corporation ha proposto ricorso per regolamento di competenza, affidato a otto motivi di censura;

la Generali Italia s.p.a., la SIAT Società Italiana Assicurazioni e Riassicurazione p.a., la Starstone Insurance Services Limited e la Swiss 3 Re International Se, congiuntamente difese, hanno depositato memoria;

nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;

il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso per iscritto, invocando il rigetto del proposto regolamento;

le parti hanno depositato ulteriori memorie.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

preliminarmente, non ricorrono i presupposti per l’accoglimento dell’istanza della ricorrente, datata 16 dicembre 2020, volta al rinvio nonchè alla decisione e trattazione contestuale del procedimento n. R.G. 3191/2020 e 3194/2020;

con il primo motivo, la società ricorrente censura l’ordinanza impugnata per avere il Tribunale di Treviso erroneamente omesso di rilevare l’insussistenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento di sospensione nei confronti della Starstone Insurance Services Limited, avendo quest’ultima proposto opposizione a decreto ingiuntivo “in proprio”, a fronte dell’originaria proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti della ridetta Starstone unicamente quale agente di assicurazione in nome e per conto del Syndacate SCC 1301 dei Lloyds di Londra;

con il secondo motivo, la società ricorrente censura l’ordinanza impugnata per avere il Tribunale di Treviso erroneamente omesso di rilevare il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo nei confronti del Syndacate SCC 1301 dei Lloyds di Londra, avendo Starstone Insurance Services Limited proposto opposizione a decreto ingiuntivo “in proprio”, a fronte dell’originaria proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti della ridetta Starstone unicamente quale agente di assicurazione in nome e per conto del Syndacate SCC 1301 dei Lloyds di Londra;

entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono infondati;

dev’essere preliminarmente rilevata la corretta proposizione, da parte della Pelagic Fishering Corporation, del regolamento di competenza in relazione alla controversia in esame; e tanto, in conformità all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di litispendenza internazionale, l’ordinanza con cui il giudice successivamente adito sospende il processo finchè quello adito per primo non abbia affermato la propria giurisdizione, non involge alcuna questione di giurisdizione ma, invece, si risolve nella verifica dei presupposti di natura processuale inerenti l’identità delle cause e la pendenza del giudizio instaurato preventivamente. Ne consegue, pertanto, che avverso detto provvedimento dev’essere esperito non già il regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41 c.p.c., bensì il regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c. (Sez. U, Sentenza n. 30877 del 22/12/2017, Rv. 646736 – 01);

ciò posto, varrà rimarcare come l’odierno regolamento abbia ad oggetto (non già, appunto, una questione di giurisdizione, bensì) la legittimità di un provvedimento di sospensione e, conseguentemente, la verifica dell’effettiva sussistenza dei presupposti per l’emissione di una simile statuizione da parte del giudice di merito;

da tale prospettiva, la verifica del passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo proposto nei confronti del Syndacate deve ritenersi estranea, in quanto tale, all’oggetto dell’odierno esame della Corte di cassazione, tale questione, infatti, mentre potrà eventualmente costituire oggetto del contendere ove sollevata nelle sedi competenti (ad es. nell’appello proposto avverso l’eventuale decisione definitiva del Tribunale di Treviso, là dove dovesse escludere detto passaggio in giudicato), non assume alcuna rilevanza in questa sede, dovendosene escludere alcun rilievo pregiudiziale rispetto alla decisione sulla sospensione, atteso che, pur quando passato in giudicato il decreto ingiuntivo emesso nei confronti del Syndacate (circostanza peraltro direttamente contestata nella sede a quo), la controversia sarebbe comunque destinata a rimanere sospesa nei confronti delle altre parti opponenti;

tanto premesso, avendo il giudice a quo ritenuto che la posizione processuale di Starstone fosse quella di rappresentante del Syndacate (per essere stata destinataria del decreto ingiuntivo proprio in tale qualità), ed avendo, in coerenza a tale premessa, disposto la regolarizzazione degli atti processuali, il provvedimento di sospensione qui impugnato deve ritenersi efficace anche nei confronti di Starstone (quale rappresentante del Syndacate), senza che possa farsi questione, in questo frangente processuale, dell’intervenuto passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto nei confronti del Syndacate;

con il terzo motivo (proposto nei confronti del Syndacate in via subordinata rispetto al secondo motivo, e nei confronti di Starstone, “in proprio”, in via subordinata rispetto al primo motivo), la società ricorrente censura il provvedimento impugnato per avere il Tribunale di Treviso erroneamente omesso di rilevare l’avvenuta tacita accettazione della giurisdizione italiana da parte delle compagnie opponenti, avendo queste ultime invocato l’accertamento nel merito del difetto di legittimazione passiva del Syndacate (senza subordinarlo in via espressa alla verifica del difetto di giurisdizione), con la conseguente implicita rinuncia a far valere l’eventuale difetto di giurisdizione del giudice italiano;

il motivo è infondato;

osserva il Collegio come, al caso di specie, debba trovare applicazione il principio già stabilito dalla Corte di Giustizia UE nella causa 13 luglio 2017 C-433/16 (Bayerische Motoren Werke AG contro Acacia Srl) (su sollecitazione della Corte di cassazione italiana: Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 15539 del 27/07/2016, Rv. 640797 – 01), secondo cui “la contestazione della competenza del giudice adito impedisce la proroga qualora la parte ricorrente e il giudice adito siano messi in grado di comprendere, fin dal primo atto difensivo del convenuto, che esso mira a negare la competenza. Lo stesso vale nel caso in cui il primo atto difensivo contenga, oltre alla contestazione della competenza del giudice adito, domande riguardanti il merito della controversia (…). Di conseguenza, il fatto che il convenuto contesti senza ambiguità, nel suo primo atto difensivo, la competenza del giudice adito impedisce la proroga di competenza di cui all’art. 24, primo periodo, del regolamento n. 44/2001; è irrilevante che tale contestazione sia o meno l’unico oggetto del suddetto primo atto difensivo” (parr. 33-34);

varrà evidenziare come la circostanza che quest’ultima decisione sia stata emessa in relazione al diverso art. 24, primo periodo, del Regolamento n. 44/2001, non incida sulla relativa ratio decidendi in relazione alla risoluzione dell’odierno regolamento di competenza, tenuto conto dei rapporti di connessione tra il Regolamento n. 44/2001 e il Regolamento U.E. del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1215/2012, espressamente riconosciuti dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. U, Ordinanza n. 19473 del 30/09/2016, Rv. 641093 01), secondo cui “l’art. 24 del Regolamento CE del Consiglio n. 44/2001, del 22 dicembre 2000 (così come l’art. 26 del Regolamento U.E. del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1215/2012, del 12 dicembre 2012, che, dal 10 gennaio 2015, l’ha sostituito riproducendone il contenuto), va interpretato nel senso che il giudice adito deve dichiararsi competente qualora il convenuto si costituisca in giudizio e non sollevi un’esplicita eccezione di difetto di competenza giurisdizionale, poichè tale costituzione configura una fattispecie di proroga tacita della giurisdizione”;

nel caso di specie, non essendo neppure contestato tra le parti l’avvenuta espressa negazione della giurisdizione del giudice italiano da parte delle società opponenti (a prescindere dal rapporto di pregiudizialità istituito, nell’un senso o nell’altro, tra l’eccezione di giurisdizione e la contestuale eccezione relativa al difetto di legittimazione passiva del Syndacate), deve ritenersi indubbia l’esclusione di alcuna avvenuta tacita accettazione della giurisdizione italiana, da parte delle compagnie opponenti, con la conseguente esclusione di alcuna implicita rinuncia a far valere l’eventuale difetto di giurisdizione del giudice italiano;

con il quarto motivo, la società ricorrente censura il provvedimento impugnato per avere il Tribunale di Treviso erroneamente omesso di rilevare l’inesistenza di alcun accordo concluso tra le parti contraenti in ordine all’indicazione del giudice inglese quale titolare esclusivo della giurisdizione sulla controversia in esame e, in ogni caso, l’assoluto difetto di alcuna prova prima facie della sussistenza di un patto di giurisdizione valido, efficace e opponibile, volto a sottrarre la competenza giurisdizionale all’autorità giudiziaria italiana;

con il quinto motivo, proposta in via subordinata rispetto al quarto, la società ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione degli artt. 1341,1363 e 1367 c.c., per avere il Tribunale di Treviso omesso di rilevare l’inefficacia dell’eventuale accordo delle parti sulla clausola di proroga della giurisdizione “esclusiva” in favore del giudice inglese, attesa l’assenza di alcuna specifica sottoscrizione di detta clausola da parte della Pelagic e, in ogni caso, per aver erroneamente interpretato gli accordi tra le parti nel senso dell’indicazione del giudice inglese quale giudice fornito di giurisdizione “esclusiva” sulla controversia in esame;

con il sesto motivo, proposto in via subordinata rispetto al quarto e al quinto, la società ricorrente censura il provvedimento impugnato per avere il Tribunale di Treviso erroneamente omesso di rilevare la nullità della (eventuale) convenzione delle parti sulla giurisdizione inglese, atteso il suo evidente conflitto con la concorrente previsione, contenuta nella “Polizza (OMISSIS)” contestualmente richiamata dalle parti, indicante il giudice italiano quale autorità avente giurisdizione sul rapporto controverso;

tutti e tre i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono infondati;

preliminarmente, varrà rilevare come, secondo lo spirito del sistema delineato dall’art. 31.2 del Regolamento UE 1215/2012 – nella parte in cui riserva la decisione definitiva sulla giurisdizione al giudice “prescelto” (nella specie, secondo la prospettiva in tesi, la Hight Court di Londra), mentre quello “non prescelto” (il Tribunale di Treviso) è chiamato unicamente a una provvisoria e interinale statuizione sulla necessità di sospendere o meno il procedimento, in attesa della definitiva decisione sulla giurisdizione – non spetti a questa sede regolamentare la verifica dell’effettiva dimostrazione, nella sede di merito, della spettanza della giurisdizione sul rapporto controverso, ma unicamente la riconoscibilità, prima facie (come, peraltro, affermato dalla stessa società ricorrente), e ai soli fini della sospensione, di un titolo negoziale idoneo a giustificare l’indicazione convenzionale di una determinata autorità giudiziaria quale titolare in via esclusiva della giurisdizione sul rapporto controverso;

a tale riguardo, occorrerà incidentalmente provvedere alla correzione in iure della motivazione del provvedimento impugnato, nella parte in cui definisce la c.d. “nota di copertura” alla stregua di un formulario, atteso che, secondo l’indirizzo interpretativo fatto proprio dalla giurisprudenza di questa Corte, in materia assicurativa, la c.d. nota di copertura vale a costituire, alternativamente, o un documento probatorio del contratto già concluso, rivolto a garantirne l’efficacia in attesa del rilascio della polizza, oppure l’intervento di un accordo provvisorio, diretto a coprire il rischio nelle more dell’iter formativo del contratto, ferma restando la libertà delle parti di addivenire o meno alla conclusione dell’affare definitivo (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 9298 del 15/12/1987, Rv. 456485 – 01);

in entrambi i casi, pertanto, la configurabilità della nota di copertura postula il perfezionarsi dell’accordo delle parti sulla costituzione di un rapporto assicurativo definitivo o provvisorio;

la nota di copertura costituisce pertanto l’atto scritto documentativo, in via provvisoria, del rapporto assicurativo vincolante per l’assicuratore, con la conseguenza che la successiva eventuale polizza con la quale si formalizza il rapporto già concluso non può contenere clausole restrittive in contrasto con la nota di copertura provvisoria (Sez. 1, Sentenza n. 9298 del 15/12/1987, cit.);

si tratta, dunque, di un documento che attesta lo stato relativo ai contenuti di una trattativa tra soggetti specificamente determinati, e non quindi (come erroneamente affermato dal giudice a quo) un atto destinato a regolare in modo generale e uniforme rapporti contrattuali tra un numero indeterminato di soggetti;

varrà peraltro rilevare come, in ogni caso, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, qualora le parti, nel corso della loro trattativa, si siano riferite, al fine di determinare il contenuto dei relativi accordi, a un modulo o formulario, deve ritenersi esclusa la necessità di un’applicazione degli artt. 1341 e 1342 c.c., trattandosi, in ogni caso, di condizioni contrattuali definite ad esito di una specifica trattativa intercorsa tra le parti interessate (e quindi di una c.d. relatio perfecta) (cfr., ex plurimis, Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 23194 del 23/10/2020, Rv. 659407 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 7403 del 14/04/2016, Rv. 639511 01);

sotto altro profilo, è appena il caso di rilevare come, sul piano delle consuetudini invalse nel commercio internazionale (che hanno trovato, nel caso di specie, una piena conferma e una loro puntuale concretizzazione), l’emissione di note di copertura attraverso la corrispondenza elettronica intercorsa tra le parti (come avvenuto nell’occasione in esame) rappresenti, pur in mancanza della successiva stipulazione in termini formali di un unico documento contrattuale, l’attestazione concreta (nella forma scritta imposta dalla disciplina Europea) della volontà delle parti di convenire sulle condizioni contrattuali contenute in dette note;

ciò posto, del tutto correttamente il giudice a quo ha rilevato come spettasse alla parte interessata, in applicazione dei principi di buona fede e correttezza contrattuale, fornire la prova di una volontà contrattuale diversa da quella contenuta in una nota di copertura alla stessa indirizzata, non potendo detta parte invocare, una volta raggiunta da una corrispondenza contrattuale di tal fatta senza alcuna successiva contestazione o rilievo, un proprio dissenso rispetto a quanto prospettatogli, vieppiù laddove le condizioni puntualizzate dalla controparte siano risultate (come effettivamente accaduto nel caso di specie) coerenti e rispettose degli usi negoziali specificamente rispettati nelle stesse relazioni intercorse tra le stesse parti, e vieppiù laddove la stessa parte dissenziente (nel nostro caso la Pelagic) abbia fondato la domanda proposta dinanzi al giudice “non prescelto” sulle stesse note di copertura (inammissibilmente) contestate sul solo punto relativo alla clausola sulla giurisdizione;

del tutto privo di rilievo deve, inoltre, ritenersi l’eccezione sollevata dalla Pelagic in ordine alla non vincolatività degli impegni assunti dal broker Auscomar, dovendo nella specie trovare applicazione il principio seguito dalla giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale il broker assicurativo svolge – accanto all’attività imprenditoriale di mediatore di assicurazione e riassicurazione – un’attività di collaborazione intellettuale con l’assicurando nella fase che precede la messa in contatto con l’assicuratore, durante la quale non è equidistante dalle parti, ma agisce per iniziativa dell’assicurando e come consulente dello stesso, analizzando i modelli contrattuali sul mercato, rapportandoli alle esigenze del cliente, allo scopo di riuscire ad ottenere una copertura assicurativa il più possibile aderente a tali esigenze e, in generale, mirando a collocarne i rischi nella maniera e alle condizioni più convenienti per lui; peraltro, tale attività di collaborazione non investe solo la fase genetica del rapporto, ma consiste anche nell’assistenza durante l’esecuzione e la gestione contrattuale (Sez. 3 -, Sentenza n. 25167 del 11/10/2018, Rv. 651160 – 01);

quanto al carattere esclusivo (e non meramente concorrente) della giurisdizione inglese, osserva il Collegio come lo stesso risulti esser stato correttamente riconosciuto dal giudice a quo, avendo quest’ultimo ritualmente applicato l’art. 25, comma 1, del Regolamento UE 1215/2012, là dove prevede che la clausola di attribuzione della giurisdizione debba intendersi di carattere esclusivo, salvo diverso accordo (nella specie non risultato);

con riferimento, infine, alla contestata interferenza tra i contenuti della c.d. “Polizza (OMISSIS)” (nella parte in cui richiamerebbe la giurisdizione del giudice italiano) e le cover notes intercorse tra le odierne parti, del tutto correttamente il giudice a quo ha conferito prevalenza a queste ultime, in ragione del carattere “speciale” di tale ultima fonte rispetto a quella generale della prima;

con il settimo motivo, proposto in via subordinata rispetto al quarto, al quinto e al sesto, la ricorrente censura il provvedimento impugnato per avere il Tribunale di Treviso erroneamente ritenuto che la Pelagic avesse assunto la qualità di parte del contratto di assicurazione oggetto di contestazione, anzichè di terza beneficiaria dell’indennità assicurativa, con la conseguente inopponibilità, nei relativi confronti, di un’eventuale clausola di giurisdizione esclusiva convenuta in favore dell’autorità giudiziaria inglese;

il motivo è infondato;

fermo il carattere dirimente di quanto in precedenza indicato, con riferimento al diretto rapporto della Pelagic con il broker assicurativo, pur quando volesse riferirsi alla Pelagic la sola qualità di terzo (rispetto a un’ipotetica relazione inter alios acta), varranno in ogni caso i comuni principi in materia di contratto a favore di terzo (art. 1413 c.c.) e in tema di assicurazione per conto altrui (art. 1891 c.c., comma 3), in forza dei quali al terzo beneficiario risultano comunque opponibili le eccezioni fondate sul contratto di assicurazione;

con l’ottavo motivo, la società ricorrente censura il provvedimento impugnato per avere il Tribunale di Treviso erroneamente omesso di rilevare la sopravvenuta inapplicabilità dell’art. 31.2 del Regolamento UE 1215/2012 a seguito dell’intervenuto recesso del Regno Unito dall’Unione Europea;

il motivo è infondato;

osserva il Collegio come al caso di specie trovi applicazione il principio di cui all’art. 67, comma 1, dell’accordo sul recesso del Regno unito di Gran Bretagna dall’Unione Europea (“Nel Regno Unito, nonchè negli Stati membri in situazioni che coinvolgano il Regno Unito, ai procedimenti avviati prima della fine del periodo di transizione e ai procedimenti o alle cause connesse ai sensi degli artt. 29,30 e 31 del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio (73), dell’art. 19 del regolamento (CE) n. 2201/2003 o degli artt. 12 e 13 del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio (74), si applicano gli atti o le disposizioni seguenti: 1) a) le disposizioni del regolamento (UE) n. 1215/2012 riguardanti la competenza giurisdizionale”), nonchè il termine del periodo di transizione fissato dall’art. 126 del medesimo accordo (“E’ previsto un periodo di transizione o esecuzione che decorre dalla data di entrata in vigore del presente accordo e termina il 31 dicembre 2020”);

sulla base delle indicate premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la condanna della società ricorrente al rimborso, in favore delle controparti, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui in dispositivo;

dev’essere altresì attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso, in favore delle controparti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 10.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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