Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9861 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/04/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 14/04/2021), n.9861

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10716-2019 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO

N. 26, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CANTELLI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA, PATRIZIA CIACCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 26231/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 18/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE

ALFONSINA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

questa Corte, con sentenza n. 26231 del 2018, aveva cassato rinviando alla Corte d’appello Roma in diversa composizione, la sentenza n. 2744 del 2015, emessa dalla stessa Corte capitolina, avente ad oggetto la restituzione della prestazione assistenziale indebitamente percepita da C.A., a causa del superamento della soglia reddituale di legge ai fini del mantenimento del beneficio;

la sentenza ha chiesto al giudice del rinvio di accertare l’assolvimento, da parte dell’invalida, dell’onere di provare la misura del reddito idonea al mantenimento dell’assegno, in attuazione del principio di diritto affermato dalle Sez. Un. con la sentenza n. 18046 del 2010, in base al quale il pensionato che voglia ottenere l’accertamento negativo dell’obbligo di restituire l’indebito previdenziale percepito, ha l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto a conseguire la prestazione contestata;

la revocazione della sentenza n. 26231 del 2018 emessa da questa Suprema Corte è domandata da C.A., sulla base di un unico motivo, illustrato da successiva memoria;

l’Inps ha depositato tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

secondo l’odierna ricorrente, la decisione di cassare con rinvio trarrebbe fondamento dall’erronea applicazione, ad una fattispecie concernente un indebito assistenziale, di un principio di diritto affermato da questa Corte con riferimento all’indebito previdenziale;

la censura è inammissibile;

essa non è idonea ad integrare un errore di fatto revocatorio potendo, semmai, inverare un errore di diritto sostanziale che, nel caso in esame, la parte avrebbe potuto, comunque, sempre far valere davanti al giudice del rinvio (Cass. n. 15660 del 2003, n. 20393 del 2015);

in base al costante orientamento di questa Corte, la valutazione, ancorchè errata, del contenuto degli atti di parte e della motivazione della sentenza impugnata non è idonea ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti di cui all’art. 391 bis c.p.c. e all’art. 395 c.p.c., n. 4), trattandosi di vizio costituente errore di giudizio e non di fatto (in tal senso cfr., ex plurimis, Cass. n. 10184 del 2018);

più specificamente, questa Corte ha affermato che la falsa percezione di norme giuridiche, pur qualora indotta dall’errata percezione delle interpretazioni fornite da precedenti indirizzi giurisprudenziali, integra gli estremi dell’errore di diritto, così nel caso di obliterazione delle norme di legge (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione) come nell’ipotesi di distorsione della loro effettiva portata (riconducibile all’ipotesi della violazione) (Così Cass. n. 4584/2020);

in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione dell’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA