Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9860 del 14/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9860 Anno 2015
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 11537-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
SOCIETA’ INDUSTRIALE CARBURO SRL, in persona del legale
rappresentante amministratore unico, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CIVININI 12, presso lo studio dell’avvocato LUCA
SPINGARDI, rappresentata e difesa dall’avvocato VITTORIO
MONTORI giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente norkhè contro

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Data pubblicazione: 14/05/2015

EQUITALIA MARCHE SPA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 20/7/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di ANCONA del 18/01/2012,

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.

Ric. 2013 n. 11537 sez. MT – ud. 22-04-2015
-2-

depositata il 14/03/2012;

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria
la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

osserva:
La CTR di Ancona -provvedendo sull’appello proposto dalla “Società Industriale
Carburo srl” contro la sentenza n.84107/2008 della CTP di Ascoli Piceno che aveva
rigettato il ricorso della predetta contribuente contro le cartelle esattoriali relative ad
imposta di registro per gli anni 1994, 1996 e 1997 e che erano state notificate al
fallimento della menzionata società, nel frattempo dichiarato con sentenza in data
4.12.1996, poi chiusosi per il ritorno “in bonis” della società- ha dichiarato estinto il
giudizio per cessata materia del contenere per effetto dell’intervenuta definizione
agevolata ai sensi dell’art.12 della legge n.28912002.
La predetta CTR —dato atto che la procedura fallimentare aveva tempestivamente
provveduto a versare la prima rata (pari all’80% del dovuto) in data 16.5.2003; che la
società contribuente, una volta revocato il fallimento, aveva provveduto al
pagamento della restante somma dovuta, oltre interessi e sanzioni, nelle date del
23.10.2007 e del 17, 18 e 22.1.2008- ha motivato la decisione nel senso che, nulla
prevedendo espressamente l’art.12 circa le conseguenze del mancato pagamento nei
termini previsti dalla norma, doveva darsi rilievo ai principi generali
dell’ordinamento, con conseguente autonoma e diretta efficacia dell’istanza di
definizione accompagnata dal primo versamento, sicché perteneva all’Ufficio
soltanto la facoltà di iscrizione a ruolo delle rate non versate e della sanzione del 30%
sui soli residui importi non pagati. D’altronde, l’operato del curatore fallimentare non
poteva essere stato oggetto di controllo da parte del soggetto fallito che aveva —
quanto più celermente possibile, dopo la chiusura del fallimento- provveduto a sanare
il comportamento omissivo del curatore fallimentare.
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letti gli atti depositati,

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La contribuente si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di censura (rubricato come:”Violazione e falsa

delle preleggi, in relazione all’ art.360 n.3 cpc”) la ricorrente si duole, in sostanza,
del fatto che il giudice di appello abbia ritenuto sufficiente il puntuale pagamento
della sola prima rata dell’importo dovuto per la definizione agevolata, con
conseguente inefficacia del provvedimento di revoca (o diniego di efficacia)
dell’istanza di definizione dei pagamenti ritardati (che era oggetto di separato
procedimento a seguito di apposita impugnazione da parte della società contribuente,
ancora sub judice, atteso che era stata impugnata la sentenza di primo grado resa dalla
CTP di Ascoli Piceno n.60/0212011) e con accertamento incidentale da parte del
giudicante di appello della idoneità di detta definizione agevolata nella presente sede,
per quanto avente ad oggetto la diversa questione della legittimità della cartella di
pagamento.
Il motivo —alla stregua degli argomenti che sono stati valorizzati dal giudice di
appello ai fini della determinazione contenuta nel dispositivo- è fondato e da
accogliersi.
Infatti, con indirizzo condivisibile e qui puntualmente applicabile per l’identità di
fattispecie, questa Corte ha già avuto modo di evidenziare che:” In tema di condono
fiscale, l’art. 12 della legge n. 289 del 2002, applicabile esclusivamente con
riferimento a cartelle esattoriali relative ad IRPEF ed ILOR, nel disciplinare una
speciale procedura per la definizione dei carichi inclusi in ruoli emessi da uffici
statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione fino al 31
dicembre 2000, mediante il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo, oltre alle
spese eventualmente sostenute dal concessionario, non prevede alcuna attestazione di
regolarità del condono e del pagamento integrale dell’importo dovuto, gravando
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applicazione dell’art. 12 della legge n.289/2002; falsa applicazione degli art.12 e 14

integralmente sul contribuente l’onere di provare la corrispondenza tra quanto versato
e il ruolo oggetto della controversia. Ne consegue che tale forma di sanatoria
costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale come, invece deve
ritenersi per le fattispecie regolate dagli artt. 7,8,9, 15 e 16 della legge n. 289 del
2002, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un

ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui al citato art. 12, non si determina
alcuna incertezza in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato
nell’importo normativamente indicato da versarsi da parte del contribuente per
definire favorevolmente la lite fiscale. L’efficacia della sanatoria, è, pertanto
condizionata all’integrale pagamento dell’importo dovuto, mentre l’ omesso o anche
soltanto il ritardato versamento delle rate successive alla prima regolarmente pagata,
escludono il verificarsi della definizione della lite pendente” (Cass. Sez. 5, Sentenza
n. 20746 del 06/10/2010).
Né può trovare rilevanza alcuna, in questa sede di verifica della legittimità della
cartella (nel mentre è ancora sub judice la questione relativa alla legittimità di diniego
della regolarità della definizione agevolata dei carichi sospesi) la circostanza che il
fallito non avesse la materiale e giuridica disponibilità dell’assolvimento diretto degli
oneri connessi con detta definizione agevolata, trattandosi di situazione rispetto alla
quale la disciplina di definizione rimane del tutto indifferente, siccome certamente
non condizionata dalle vicende relative alla persistenza della capacità di agire in capo
all’originario debitore delle obbligazioni tributarie fatte oggetto della procedura di
definizione agevolata. E’ regola generale (si vedano gli art.2964 e 2966 cod civ),
infatti, che alle ipotesi di decadenza non si applichino le norme relative
all’interruzione ed alla sospensione della prescrizione che concernono la condizione
giuridica del titolare del diritto o della potestà, quand’anche a questi ultimi fini possa
trovare rilievo l’evento di privazione della capacità di agire consistente nella
declaratoria del fallimento.

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accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello

Non resta che concludere che la sentenza di appello, che non si è conformata ai
predetti principi, merita senz’altro la cassazione, sicché poi la Corte dovrà rimettere
la controversia allo stesso giudice del merito affinché questi —espunta l’erronea
applicazione della menzionata disposizione normativa- torni ad esaminare le
questioni sottopostegli con l’appello che sono rimaste assorbite per ragione

cessazione della materia del contendere, questioni che la parte contribuente ha
sostanzialmente riproposto in questa sede con il proprio controricorso.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
Roma, 30 settembre 2014

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR
Marche che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del
presente giudizio.
Così deciso in Roma il 22 aprile 2015

Il Presidente

dell’accoglimento della questione preliminare concernente la dedotta causa di

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