Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9853 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2011, (ud. 30/09/2010, dep. 05/05/2011), n.9853

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – est. Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8965/2006 proposto da:

FALLIMENTO PANIMER SRL in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIORGIO VASARI 5, presso lo

studio dell’avvocato TARTAGLIONE SAVERIA, rappresentato e difeso

dall’avvocato TARTAGLIONE MICHELE, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 198/2005 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 05/12/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/09/2010 dal Consigliere Dott. RENATO POLICHETTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato TARTAGLIONE MICHELE, che ha

chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Risulta dagli atti che la srl PALIMER con la dichiarazione annuale IVA 1996 aveva richiesto un rimborso di per L. 61.818.000. Con avviso di rettifica del 28 agosto 2001 l’Ufficio aveva ridotto il credito del contribuente di L. 23.136.000 ed aveva irrogato sanzioni per lire 26.000.000. L’avviso di rettifica suddetto era divenuto definivo per mancanza di impugnazione. La srl PALIMER era fallita ed il curatore fallimentare aveva avanzato nei confronti dell’Ufficio IVA richiesta di rimborso di L. 28.682.000, pari alla quota non rettificata del credito di imposta originariamente vantato dal contribuente. Contro il silenzio rifiuto opposto dall’Ufficio il Fallimento propose ricorso che venne accolto dalla Commissione tributaria provinciale.

La Commissione tributaria regionale, con la sentenza qui impugnata, ha invece accolto l’eccezione di “fermo amministrativo” proposta dall’Ufficio ai sensi del R.D. n. 2440 del 1923, art. 69. Contro tale pronunzia il Fallimento PALIMER srl ha proposto ricorso prospettando alla Corte di cassazione due motivi di censura, che l’Agenzia delle entrate contesta con controricorso.

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 69, sopra citato di cui sostiene la non applicabilità in materia di IVA e comunque la non applicabilità nei confronti della procedura fallimentare.

Per quanto riguarda il primo profilo deve essere ricordato che si registra un contrasto giurisprudenziale sulla questione sottoposta all’esame della Corte. Con sentenza n. 27265 del 20/12/2006, infatti, è stato affermato che “in tema di rimborsi IVA, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38 bis, prevede, oltre che un’ipotesi di sospensione dell’esecuzione dei rimborsi, in presenza di contestazioni penali (per il reato di cui al D.L. 10 luglio 1982, n. 429, art. 4, comma 1, n. 5, convertito in L. 7 agosto 1982, n. 516), anche un sistema di garanzie che assolve specificamente la funzione di tutelare l’interesse dell’Erario all’eventuale recupero di quanto dovesse risultare indebitamente percepito dal contribuente. Tale disposizione, introducendo una specifica garanzia a favore dell’Amministrazione, preclude pertanto l’applicazione a detti rimborsi dell’istituto del fermo amministrativo, previsto dal R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69”.

Tale pronunzia non appare poter essere condivisa in quanto si tratta di garanzie aventi funzioni diverse: quella apprestata dal citato articolo 38 bis garantisce per l’ipotesi che il credito al rimborso sia insussistente, mentre quella prevista dal citato art. 69, garantisce la possibilità di operare la compensazione con i controcrediti dell’amministrazione (cfr.: sentenza n. 4567 del 05/03/2004 secondo cui “il provvedimento di sospensione del pagamento (c.d. fermo amministrativo) previsto dal R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69, u.c., costituisce una misura cautelare, espressione del potere di autotutela della P.A., rivolto a sospendere, in presenza di una “ragione di credito” della P.A. stessa, un eventuale pagamento dovuto, a salvaguardia dell’eventuale compensazione legale dello stesso con un credito, anche se non attualmente liquido ed esigibile, che l’amministrazione abbia, ovvero pretenda di avere, nei confronti del suo creditore: l’adozione del provvedimento richiede, pertanto, soltanto il “fumus boni iuris” della ragione di credito vantata dall’amministrazione (“fumus” da intendere come non irragionevolezza della pretesa stessa), restando, invece, estranea alla natura ed alla funzione del provvedimento qualsiasi considerazione di un eventuale “periculum in mora”, senza che detta disciplina ponga dubbi di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.. Ne consegue che deve ritenersi legittimo il diniego di rimborso di IVA da parte dell’amministrazione finanziaria, in dipendenza dell’adozione di provvedimento di fermo amministrativo delle somme pretese in restituzione, in ragione della pendenza di controversie tra le parti su rettifiche relative ad altre annualità d’imposta”.

Con il secondo motivo di ricorso la Curatela fa valere la disciplina fallimentare dei crediti verso il fallito. Ma la L. Fall., art. 56, prevede espressamente la compensazione e comunque l’art. 69 citato non incide sulle procedure per far valere i credito dell’amministrazione.

P.Q.M.

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro 1.000, oltre a spese ed accessori.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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