Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9852 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2011, (ud. 20/09/2010, dep. 05/05/2011), n.9852

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.G., rappresentato e difeso da sè stesso ed

elettivamente domiciliato in Roma, in via Vittorio Locchi 6;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate e GERIT s.p.a.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 84/34/07 della Commissione tributaria

regionale di Roma, emessa il 13 febbraio 2007, depositata il 6 marzo

2007, R.G. 2127/06;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 20 settembre

2010 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito l’Avvocato Giancarlo Pizzi;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per il rigetto del primo motivo e

accoglimento del secondo motivo di ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il contribuente, P.G., proponeva opposizione alla cartella di pagamento notificatagli ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, per omessi o carenti versamenti delle imposte IRPEF e IRAP dovute per l’anno 2000. Eccepiva il ricorrente la decadenza dai termini previsti, per la riscossione, dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 (nel testo modificato dal decreto legislativo 46/1999), deduceva la incostituzionalità della disciplina, in tema di decadenza, introdotta dal D.Lgs. n. 193 del 2001, art. 8 e, nel merito, contestava la pretesa tributaria relativa all’I.R.A.P. in relazione al carattere meramente personale dell’attività professionale di avvocato da lui svolta senza impiego di capitali e lavoratori dipendenti.

La C.T.P. di Roma rigettava il ricorso.

Tale decisione è stata confermata dalla C.T.R. che ha ribadito la tempestività dell’iscrizione a ruolo delle imposte dovute per l’anno 2000, sulla base del disposto del D.L. n. 106 del 2005, convertito in L. n. 156 del 2005, e quanto all’IRAP ha ritenuto sussistenti i presupposti dell’autonoma organizzazione dell’attività.

Ricorre per cassazione il contribuente affidandosi a due motivi di impugnazione e depositando memoria ex art. 378 c.p.c..

Non svolge difese l’Amministrazione finanziaria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 ter, convertito in L. n. 156 del 2005 e la non manifesta infondatezza, ex art. 360 c.p.c., n. 3, in riferimento agli artt. 3 e 136 Cost., della questione di illegittimità costituzionale del predetto articolo, se interpretato nel senso che esso ha fatto acquistare validità alla notificazione della cartella esattoriale invalida, perchè eseguita dopo il decorso del termine perentorio di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, come modificato dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 1, termine ripristinato con effetto ex tunc dalla sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 15 luglio 2005.

In relazione al primo motivo di ricorso il ricorrente pone i seguenti quesiti di diritto : a) se la corretta interpretazione della nuova disciplina, creata dal coordinato disposto del D.Lgs. n. 46 del 1999 (ripristinato dalla sentenza n. 280 della Corte costituzionale) e della L. n. 156 del 2005 sia la seguente: 1) le cartelle notificate dopo la scadenza dell’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello di consegna del ruolo sono radicalmente mille per intervenuta decadenza; 2) con riferimento alle dichiarazioni presentate nell’anno 2001 le esattorie hanno avuto la facoltà di notificare tali cartelle (o meglio nuove cartelle per i medesimi redditi) entro la data del 31 dicembre 2006; b) se sia conforme al disposto dell’art. 136 Cost. una legge (nella specie il comma 5 ter) che abbia ridato valore ad un atto affetto da nullità in quanto eseguito in forza di una legge precedente che sia stata dichiarata incostituzionale.

Il motivo è infondato. In tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis la legittimità della pretesa erariale è subordinata, alla luce dell’intervento legislativo realizzato con il D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, commi 5 bis e 5 ter, convertito nella legge 31 luglio 2005, n. 156, alla notificazione della cartella di pagamento al contribuente entro un termine di decadenza, dovendo l’ordinamento garantire l’interesse del medesimo contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni. Siffatta regola è applicabile anche per i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della detta Legge Di Conversione n. 156 del 2005 che concernano le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001 (D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 36, comma 2, lett. b)), salvo che si tratti di dichiarazioni per la cui liquidazione i ruoli siano stati formati e resi esecutivi entro il 30 settembre 1999. In questo caso occorre distinguere: a) le ipotesi di “rettifica cartolare” (o formale), per le quali la cartella di pagamento deve essere notificata al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, nel testo vigente “ratione temporis”); b) le ipotesi di “controllo formale” (o, più rettamente, cartolare), per le quali, a pena di decadenza, deve provvedersi sia all’iscrizione a ruolo entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (secondo il combinato disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, comma 1, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, entrambi nel testo vigente “ratione temporis”), sia alla notifica della cartella di pagamento al contribuente entro il giorno cinque del mese successivo a quello nel quale il ruolo sia stato consegnato al concessionario a norma del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 24 (anche in questo caso, nel testo vigente “ratione temporis”). La prova del rispetto dei predetti termini, in caso di contestazione, deve essere data dall’ente impositore In tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, la legittimità della pretesa erariale è subordinata, alla luce dell’intervento legislativo realizzato con il D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, commi 5 bis e 5 ter, convertito nella L. 31 luglio 2005, n. 156, alla notificazione della cartella di pagamento al contribuente entro un termine di decadenza, dovendo l’ordinamento garantire l’interesse del medesimo contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni. Siffatta regola è applicabile anche per i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della detta legge di conversione n. 156 del 2005 che concernano le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001 (D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 36, comma 2, lett. b)), salvo che si tratti di dichiarazioni per la cui liquidazione i ruoli siano stati formati e resi esecutivi entro il 30 settembre 1999. In questo caso occorre distinguere: a) le ipotesi di “rettifica cartolare” (o formale), per le quali la cartella di pagamento deve essere notificata al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, nel testo vigente “ratione temporis”); b) le ipotesi di “controllo formale” (o, più rettamente, cartolare), per le quali, a pena di decadenza, deve provvedersi sia all’iscrizione a ruolo entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (secondo il combinato disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, comma 1, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, entrambi nel testo vigente “ratione temporis”), sia alla notifica della cartella di pagamento al contribuente entro il giorno cinque del mese successivo a quello nel quale il ruolo sia stato consegnato al concessionario a norma del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 24 (anche in questo caso, nel testo vigente “ratione temporis”) cfr.

Cass. Civ., sez. 5^, n. 16826 del 21 luglio 2006, n. 15313 del 30 giugno 2009.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, ritenendo che la corretta interpretazione di questa norma vieta di considerare soggetti alla imposizione I.R.A.P. i piccoli professionisti privi di una organizzazione, anche minima, di tipo imprenditoriale. Il ricorrente pone alla Corte il seguente quesito di diritto: se sia assoggettabile alla imposizione I.R.A.P. il professionista che sia privo di una organizzazione “esterna” del proprio lavoro autonomo e cioè di quel complesso di fattori dei quali il medesimo si avvale e che, per numero e importanza, sono suscettibili di creare valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al suo know how.

Il motivo di ricorso è fondato alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di IRAP, alla stregua dell’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti e professioni indicati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, non dev’essere intesa in senso soggettivo, come auto-organizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, bensì in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, frutto dell’organizzazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui (Cass. Civ. n. 3674 del 16 febbraio 2007).

Il ricorso va pertanto accolto, limitatamente al secondo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio che deciderà anche in merito alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso e accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della C.T.R. del Lazio che deciderà anche sulle spese processuali del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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