Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9850 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2011, (ud. 20/09/2010, dep. 05/05/2011), n.9850

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – est. Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.L., D.G., D.V., D.

G., nella qualità di eredi legittimi del Sig. D.

L., elettivamente domiciliati in ROMA VIA AQUILEIA 12, presso lo

studio dell’avvocato MORSILLO ANDREA, rappresentati e difesi

dall’avvocato BUONO GIANPAOLO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ISCHIA, D.G.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 144/2005 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 09/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2010 dal Consigliere Dott. RENATO POLICHETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto dagli attuali ricorrenti contro una sentenza della Commissione tributaria provinciale che aveva respinto la loro opposizione ad un accertamento dell’Ufficio del registro di Ischia di maggior valore finale – da L. 21.115.000 a L. 280.000.000 – relativo ad un terreno sito in quella località. Conseguente ha rigettato l’opposizione al diniego di definizione per condono, ritenendo che tale definizione era preclusa dall’intervenuto passaggio in giudicato della suddetta sentenza di primo grado.

Con il terzo motivo – che deve essere esaminato per primo – i ricorrenti denunziano violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 40, 41 e 42 e dell’art. 300 cod. proc. civ. nonchè carenza e contraddittorietà della motivazione e travisamento del fatto.

La censura lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia ritenuto che la morte dell’originario ricorrente, intervenuta nel corso del giudizio di primo grado, non aveva determinato l’interruzione del processo in quanto il medesimo era costituito a mezzo dei suoi difensori i quali non avevano comunicato il decesso. A fondamento della censura essi adducono che invece il ricorrente era costituito personalmente e pertanto il suo decesso comportava automaticamente l’interruzione del processo.

La sentenza impugnata è effettivamente basata sul presupposto di fatto espresso che il D. era costituito nel giudizio di primo grado a mezzo dei difensori e procuratori avv.ti Giancarlo Di Meglio e Maria Sorrentino. Circostanza che gli attuali ricorrenti negano. Il ricorso non specifica quali fossero le deduzioni in appello su questo specifico punto.

Si tratta, come correttamente si legge nella rubrica della denunzia di un travisamento del fatto e cioè di denunzia di un eventuale errore revocatorio, come tale insuscettibile di essere ricompreso nella previsione di cui all’art. 360 cod. proc. civ..

La pronunzia che ha dichiarato inammissibile l’appello ed ha quindi dichiarato il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado non può quindi essere cassata. Va comunque osservato che, accedendo alla tesi dei ricorrenti, si avrebbe che la morte del D. – in ipotesi costituito personalmente – avrebbe determinato l’interruzione istantanea del processo ai sensi dell’art. 300 c.p.c., comma 3 ed il giudizio di primo grado si sarebbe estinto per decorso del termine previsto dall’art. 305 c.p.c., per la riassunzione del giudizio interrotto con conseguente definitività dell’accertamento.

Con il secondo motivo il ricorso denunzia violazione del D.Lgs. n. 289 del 2002, art. 16 e carenza e contraddittorietà della motivazione per avere la sentenza impugnata ritenuto che l’istanza di condono fosse preclusa dal passaggio in giudicato della sentenza emessa nel giudizio cui l’istanza si riferiva. I ricorrenti negano il passaggio in giudicato ma negano altresì che il passaggio in giudicato sia idoneo a precludere il condono.

Il motivo è infondato.

Come la Corte di cassazione ha più volte affermato, “in tema di condono fiscale, l’ultimo periodo della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 3, lett. a), nella parte in cui prevede che “si intende, comunque, pendente la lite per la quale alla del 29 settembre 2002, non sia intervenuta sentenza passata in giudicato”, va interpretato nel senso che i contribuenti possano usufruire della sospensione dei termini, fino all’1 giugno 2004, per la proposizione di ricorsi, appelli etc., prevista dal citato art. 16, comma 6, purchè alla data del 29 settembre 2002 la sentenza, relativa a controversia suscettibile di definizione agevolata non sia ancora passata in giudicato, a nulla rilevando che detta decisione sia poi divenuta definitiva prima dell’1 gennaio 2003, data di entrata in vigore della L. n. 289 del 2002″ (Cass. n. 26863 del 21/12/2009; in senso conforme Cass. n. 14059 del 16/06/2006 secondo cui “in tema di condono fiscale, la L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 53, comma 1, ha previsto la definizione agevolata delle controversie pendenti alla data del 30 settembre 1991, ossia iniziate prima di tale data, e che alla data del 1 gennaio 1992, di entrata in vigore della legge, fossero ancora pendenti (come si evince dal successivo comma 8):

delle controversie, quindi, per le quali alla detta data del 1 gennaio 1992 non fosse stata emessa alcuna decisione, o, se giudizialmente definite, fosse stata proposta impugnazione avverso la relativa decisione, ovvero pendesse il termine per proporla; in ogni caso, delle controversie il cui giudizio potesse essere sospeso per effetto della domanda di condono (comma 12), e non anche, conseguentemente, delle controversie di cui non fosse più possibile la sospensione dei termini di impugnazione (peraltro prevista solo in un momento successivo, in sede di conversione del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, avvenuta con la L. 24 marzo 1993, n. 75, inapplicabile alla fattispecie), per le quali, cioè, alla data di presentazione della domanda stessa la decisione fosse divenuta definitiva, perchè passata in giudicato per omessa impugnazione nel termine prescritto”.

Con il primo motivo il ricorso denunzia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31 e dell’art. 24, in quanto la sentenza impugnata ha deciso sull’opposizione al diniego di condono senza che fossero stati convocati o avvisati i difensori che si erano costituiti per il relativo procedimento incidentale e che erano diversi da quelli costituiti per il giudizio principale.

Anche questo motivo è infondato. Il fatto che il ricorso avverso il diniego sia stato proposto da altri difensori non toglie che si trattasse del medesimo giudizio e che quindi era sufficiente che il contraddittorio si fosse regolarmente costituito anche con uno solo dei difensori nominati.

P.Q.M.

– rigetta il ricorso;

– nulla sulle spese.

– Così deciso in Roma, il 20 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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