Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9844 del 13/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9844 Anno 2015
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 5647-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
FANTASTICO ALESSANDRO;
– intimato avverso la decisione n. 2864/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA CENTRALE di MILANO del 27/09/2011, depositata
il 31/05/2012;

Data pubblicazione: 13/05/2015

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CARACCIOLO.

Ric. 2013 n. 05647 sez. MT – ud. 22-04-2015
-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria
la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

osserva:
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della
CTC — sezione regionale di Milano, con la quale -in controversia concernente
impugnazione del silenzio rifiuto su istanza di rimborso per IRPEF su indennità
integrativa speciale percepita dal contribuente Fantastico Alessandro per gli anni dal
1983 al 1989- è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’Agenzia
medesima avverso la sentenza della CT di secondo grado di Como n.910-04-1994
che (in conformità alla decisione della locale Commissione di primo grado) aveva
accolto il ricorso della parte contribuente ed annullato il silenzio-rifiuto.
La sentenza impugnata ha ritenuto che il gravame non contemplasse nessuna censura
avverso le argomentazioni della pronuncia impugnata, atteso che la riforma veniva
invocata solo alla luce del contenuto di due circolari, senza contestare la ratio
decidendi della pronuncia, fondata proprio sulla non condivisione delle menzionate
circolari, alla luce della natura non retributiva dell’indennità integrativa speciale.
L’Agenzia ha proposto ricorso affidandolo a due motivi.
La parte contribuente non si è difesa.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Con il primo motivo (centrato sulla nullità della sentenza per violazione dell’art.25
del DPR n.636/1972) la parte ricorrente si duole che il giudicante abbia ritenuto
inammissibile il gravame, per quanto essa ricorrente avesse indicato con chiarezza i
motivi per cui chiedeva la riforma della decisione impugnata nella parte in cui aveva
negato la natura retributiva della menzionata indennità.
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letti gli atti depositati,

Il motivo di ricorso appare fondato e da accogliersi.
Ed infatti questa Corte, con indirizzo più volte ribadito (per tutte, Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 28678 del 23/12/2005), ha ritenuto che:” Nella disciplina del contenzioso
tributario anteriore al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il giudizio dinanzi alla
Commissione tributaria centrale è regolato come un ordinario giudizio di merito, con

riconducibile al modello dell’appello, con la conseguenza che l’onere di specificità dei
motivi può ritenersi soddisfatto qualora il ricorrente abbia proposto soluzioni
contrastanti con quelle poste a base della decisione impugnata, sicché dal contesto
dell’atto appaia evidente che con lo stesso sono state mosse critiche a tale decisione”.
Consegue da ciò che —censurando la decisione impugnata con il ribadire il contenuto
delle circolari esplicative che (per quanto è stato delucidato dalla parte ricorrente
nell’atto introduttivo) sostengono la natura retributiva dell’indennità in questione- la
parte allora ricorrente ha senz’altro assolto al proprio onere di specificità delle
censure rivolte alla sentenza impugnata.
Non resta che concludere che —già dallo stesso argomento su cui la decisione
impugnata si regge- è possibile desumerne l’erroneità, di modo che ne risulta
necessaria la cassazione, all’esito della quale codesta Corte potrà anche decidere nel
merito —con reiezione dell’impugnazione del provvedimento di rifiuto, non risultando
necessari ulteriori accertamenti di fatto- in applicazione del principio tante volte
enunciato secondo il quale:”L’indennità integrativa speciale, costituendo una
componente del reddito di lavoro dipendente, va assoggettata all’I.R.P.E.F., atteso che
ai sensi dell’art. 48 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, detto reddito è costituito da
tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, percepiti nel periodo di
imposta in dipendenza del lavoro prestato sotto qualsiasi forma ed a qualsiasi titolo,
“anche di liberalità”, e che l’art. 1, lettera E), della legge 27 maggio 1959, n. 324, che
prevedeva l’esenzione della indennità integrativa speciale dalle ritenute erariali (e la
sua non concorrenza a formare il reddito complessivo ai fini dell’imposta
complementare), è stato abrogato per effetto della espressa previsione dell’art. 42 del
4

le limitazioni imposte dall’art. 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e quindi

d.P.R. 29 settembre 1973 n. 601 (per tutte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16465 del
20/08/2004)”.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P. Q .M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la
parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo giudizio, liquidate in € 800,00
oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma il 22 aprile 2015
Il Pre

Roma, 30 luglio 2014

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