Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 984 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 17/01/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 17/01/2020), n.984

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29535/2014 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– ricorrente –

contro

B.L., e C.C., domiciliati in ROMA presso la

Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato FLAVIO GODINO;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 634/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 06/06/2014 R.G.N. 2394/2010;

il P.M., ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Catanzaro ha respinto l’appello del Ministero della Giustizia avverso la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme che aveva accolto il ricorso proposto da B.L. e C.C. e aveva condannato il Ministero al pagamento in favore di ciascuna ricorrente della somma di Euro 9000,00, a titolo di risarcimento del danno da perdita di chances;

2. la Corte territoriale ha premesso che le appellate, dipendenti del Ministero inquadrate rispettivamente nella posizione economica C1 e Cl Super, avevano partecipato alle procedure di riqualificazione del personale del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, bandite ai sensi dell’art. 15 del CCNL 1998/2001 per il personale del comparto ministeri e del CCI 2000, ma non concluse a seguito di interventi dell’autorità giudiziaria ordinaria e amministrativa, che aveva ritenuto illegittimi i criteri di selezione, sia nell’originaria formulazione sia in quella derivante dall’accordo con le organizzazioni sindacali del 14 ottobre 2003;

3. il giudice d’appello ha innanzitutto evidenziato che il Ministero, attraverso la sottoscrizione del contratto integrativo e mediante la pubblicazione degli avvisi di selezione interna, aveva determinato l’insorgenza di un diritto soggettivo dei dipendenti ad ottenere l’attuazione e la conclusione della procedura, e pertanto non poteva più fare leva sulla natura meramente programmatica dell’art. 15 del CCNL, perchè l’avvio della selezione aveva trasformato in diritto soggettivo quella che, sulla base della previsione contrattuale, poteva essere qualificata una mera aspettativa;

4. l’inadempimento del datore di lavoro pubblico non poteva essere escluso per il solo fatto che fossero intervenuti provvedimenti giudiziari, giacchè questi ultimi erano stati conseguenza della mancata osservanza dei principi e dei criteri che devono presiedere al reclutamento del personale della pubblica amministrazione;

5. parimenti il Ministero non poteva sottrarsi alla responsabilità per inadempimento facendo leva sul fatto che gli avvisi di selezione, ritenuti illegittimi, avevano recepito le previsioni della contrattazione integrativa perchè, da un lato, il datore di lavoro è tenuto, al momento della sottoscrizione degli accordi collettivi, a valutare la propria capacità di adempimento delle obbligazioni assunte, dall’altro il vizio delle procedure discendeva principalmente dalla disciplina concordata con il CCNL 1998/2001, che aveva attribuito alle progressioni interne uno spazio non coerente con la previsione costituzionale dell’accesso ai pubblici uffici solo a seguito di concorso pubblico;

6. la Corte territoriale, poi, ha ritenuto che nella specie potesse essere configurato un danno da perdita di chances perchè nella graduatoria di ammissione al percorso formativo le appellate, a fronte di 65 posti messi a concorso, si erano collocate rispettivamente al 520 e al 170 posto e pertanto sussisteva l’elevata probabilità che detto punteggio, cumulato con quello acquisito all’esito dell’attività formativa, avrebbe consentito alle dipendenti di acquisire la qualifica superiore;

7. infine il giudice d’appello ha respinto l’eccezione di compensazione sollevata dal Ministero, perchè gli emolumenti percepiti dai dipendenti a titolo di FUA avevano una diversa causale, trattandosi di un premio legato alla produzione ed alla presenza in servizio, cioè a fattori del tutto diversi da quelli inerenti lo sviluppo professionale;

8. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia sulla base di due motivi, ai quali non hanno opposte difese B.L. e C.C., che hanno solo depositato atto di costituzione, chiedendo di partecipare all’udienza di discussione della causa;

9. il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il Ministero denuncia la violazione di plurime disposizioni di legge (artt. 1321,1218,1337,1338,1362,1418,1256,2043,1227,1428,1429,2697 c.c.; D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5; art. 115 c.p.c.) e di contratto (artt. da 15 a 20 CCNL 16.2.1999, CCI 5.4.2000, CCNL 12.6.2002, CCNL 14.9.2007, Accordi 14 e 29 ottobre 2003, Protocollo d’intesa del 9 novembre 2006) e censura il capo della decisione che ha ritenuto sussistente ed imputabile all’amministrazione l’inadempimento contrattuale, sebbene la procedura fosse stata avviata nel rispetto delle modalità concordate con le organizzazioni sindacali;

1.1. assume, in sintesi, che una responsabilità conseguente all’adozione di criteri selettivi illegittimi può essere configurata solo qualora detti criteri vengano autoritativamente ed unilateralmente stabiliti dall’amministrazione, non già nell’ipotesi in cui quest’ultima si attenga agli accordi stipulati con i rappresentanti dei lavoratori;

1.2. evidenzia che il Ministero aveva adempiuto le obbligazioni contrattualmente assunte perchè sulla base delle disposizioni meramente programmatiche contenute nel c.c.n.l. aveva avviato le trattative per la conclusione del contratto integrativo e, all’esito dell’accordo, aveva bandito le procedure ed aveva poi cercato di trovare consensualmente una nuova soluzione allorquando erano sopravvenute le prime pronunce dell’autorità giudiziaria, alle quali il Ministero non poteva che dare esecuzione;

1.3. in via conclusiva deduce che non poteva essere configurato un inadempimento contrattuale e che in ogni caso facevano difetto le ulteriori condizioni necessarie per configurare un danno da perdita di chances perchè non erano emerse la violazione dei canoni di correttezza e buona fede, l’imputabilità del preteso inadempimento, la prova della concreta, effettiva e non meramente ipotetica probabilità di superamento della procedura selettiva in caso di regolare svolgimento della stessa;

2. la seconda censura, formulata sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, addebita alla Corte territoriale di avere violato gli artt. 2043,2056,2947,1337,1226,1227,1362,1218,1241,1252 c.c., nonchè l’art. 115 c.p.c., affermando contraddittoriamente, da un lato, che l’inadempimento dell’amministrazione era consistito nel non avere superato le resistenze delle organizzazioni sindacali e nel non avere adottato criteri rispettosi del principio costituzionale di accesso all’impiego mediante pubblico concorso, dall’altro che le appellate avrebbero avuto una concreta probabilità di successo se la procedura fosse stata portata a compimento;

2.1. aggiunge il Ministero che la graduatoria valorizzata dal giudice d’appello valeva solo ai fini dell’ammissione al percorso formativo, sicchè la posizione rivestita dalle originarie ricorrenti non era certo sufficiente a dimostrare l’elevata probabilità del conseguimento della qualifica superiore, subordinato al superamento del corso di formazione e dell’esame finale;

2.2. ribadisce infine che doveva essere accolta l’eccezione di compensazione in quanto le somme distribuite attingendo dal Fondo Unico di Amministrazione erano state di gran lunga superiori a quelle che i dipendenti avrebbero percepito qualora le riqualificazioni fossero state concluse giacchè proprio la mancata conclusione aveva consentito di destinare al premio di produttività gli importi originariamente stanziati per finanziare i passaggi economici del personale;

3. occorre preliminarmente rilevare che non è ostativa alla trattazione con il rito disciplinato dall’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c., la circostanza che il ricorso prospetti questioni che presentano aspetti di novità rispetto a quelle già risolte dalla Corte in fattispecie analoghe, giacchè le stesse, oltre a non avere la “particolare rilevanza” che legittima la rimessione all’udienza pubblica, possono essere decise sulla base di principi già affermati in relazione alla posizione giuridica soggettiva che sorge in presenza di norme programmatiche ed alle conseguenze che derivano, nell’impiego pubblico contrattualizzato, dall’illegittimità delle procedure concorsuali o selettive;

4. su analoghe domande avanzate da dipendenti del Ministero della Giustizia, che fondavano la pretesa risarcitoria sulla mancata conclusione dei passaggi disciplinati dall’art. 15 del CCNL 16.2.1999 per il personale non dirigenziale del comparto Ministeri, questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi a Sezioni Unite con la sentenza n. 21678 del 2013 e, successivamente, con le sentenze nn. 10950 e 21902 del 2018 che, al pari dell’ordinanza n. 30872/2017, hanno rigettato ricorsi proposti avverso pronunce con le quali erano state respinte le domande di risarcimento, sul presupposto che dovesse essere escluso l’inadempimento del Ministero o che non fosse stata data prova del danno lamentato;

5. in nessuna di dette pronunce, peraltro, sono affrontati in modo specifico i temi qui posti dal primo motivo di ricorso, perchè nei giudizi definiti dalle Sezioni Unite e dall’ordinanza n. 30872/2017 era stata devoluta la sola questione inerente la prova del danno da, perdita di chances, mentre negli altri casi sono stati dichiarati inammissibili, per difetto di specificità, i motivi formulati per censurare le sentenze di merito nella parte in cui avevano escluso la configurabilità di un colpevole inadempimento della Pubblica Amministrazione;

6. incontroversi sono i fatti sui quali si innesta il contenzioso, perchè la Corte territoriale dà atto delle plurime iniziative assunte dal Ministero della Giustizia al fine di avviare e concludere le procedure previste dal CCNL, così come evidenzia che le stesse non furono portate a compimento, non per iniziativa unilaterale dell’Amministrazione, bensì in conseguenza di interventi dell’autorità giudiziaria, ordinaria ed amministrativa, che avevano impedito l’utile esperimento delle procedure stesse, ritenute illegittime quanto alla determinazione dei contingenti, non rispettosa del principio costituzionale dell’accesso all’impiego a seguito di concorso pubblico, ed alla individuazione dei criteri di selezione concordati con le organizzazioni sindacali in sede di contrattazione integrativa;

7. la Corte territoriale, pur dando atto della natura meramente programmatica della previsione contenuta nell’art. 15 del CCNL 1998/2001 e dei vizi genetici delle procedure, sostiene, da un lato, che gli avvisi di selezione avrebbero comunque fatto sorgere un diritto soggettivo in capo ai lavoratori interessati alla riqualificazione, dall’altro che l’inadempimento del Ministero andrebbe ravvisato nel non avere valutato, al momento della sottoscrizione degli accordi ritenuti illegittimi, “la propria capacità di adempimento delle obbligazioni assunte, di poter mantenere o meno gli impegni che derivavano dagli accordi collettivi che stipulava”;

8. quanto al primo profilo premette il Collegio che il CCNL 16.2.1999, nel disciplinare i passaggi fra aree e all’interno dell’area, non poneva a carico delle Amministrazioni l’obbligo di indire le procedure perchè, al contrario, rimetteva la scelta alla valutazione discrezionale del datore di lavoro, da esercitare “in relazione alle esigenze organizzativo/funzionali…o ad obiettivi di riorganizzazione generale in correlazione alle risorse disponibili” (art. 15, lett. b), e tenendo conto dei limiti della dotazione organica, dei contingenti in essa previsti, della programmazione triennale del fabbisogno di personale per le assunzioni dall’esterno (art. 15, comma 2);

9. è indubbio, pertanto, il carattere meramente programmatico della disposizione, che non riconosceva un diritto soggettivo dei dipendenti alla progressione professionale nè obbligava l’amministrazione ad offrire al personale una chance di sviluppo della carriera, perchè, al contrario, la disciplina, al pari di quella relativa ad altri istituti (si rimanda a Cass. n. 28860 e 29269 del 2008 quanto alle posizioni organizzative), richiedeva di essere integrata da atti successivi, da compiersi nel rispetto delle procedure indicate dall’art. 20 del CCNL, che a sua volta rimetteva alla contrattazione collettiva integrativa la determinazione dei criteri generali per la definizione delle selezioni e, quanto alla individuazione dei contingenti, poneva a carico dell’amministrazione un obbligo di informazione preventiva e di concertazione;

10. non si può sostenere che la posizione giuridica soggettiva dei dipendenti sia mutata a seguito della pubblicazione degli avvisi di selezione, perchè il principio secondo cui il bando, che costituisce un’offerta al pubblico, impegna il datore di lavoro ad adempiere le obbligazioni assunte e consolida nel patrimonio dell’interessato l’acquisizione di una situazione giuridica soggettiva (cfr. fra le tante Cass. n. 14275/2014 e Cass. n. 18685/2015 e fra le più recenti Cass. n. 4436/2018), non può essere utilmente invocato nei casi in cui l’avviso sia affetto da vizi genetici che incidono alla radice sulla sua validità, posto che non è predicabile, all’evidenza, un diritto soggettivo alla conclusione di una procedura concorsuale o selettiva contra ius, diritto a maggior ragione non ravvisabile nella fattispecie, nella quale si sostiene che l’amministrazione nella determinazione dei contingenti non avrebbe rispettato i limiti posti dall’art. 97 Cost., u.c.;

11. d’altro canto non può essere neppure svalutata la circostanza, alla quale la Corte territoriale ha ritenuto di non dovere attribuire rilievo per escludere l’inadempimento dell’amministrazione, che nella specie l’illegittimità degli atti compiuti derivava non dall’iniziativa unilaterale del Ministero bensì dal contenuto degli accordi conclusi in sede di contrattazione integrativa;

12. il primo motivo di ricorso, pertanto, merita accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata perchè non conforme ai principi di diritto sopra richiamati, con conseguente assorbimento della seconda censura;

13. non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, per le ragioni indicate al punto 6, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria domanda;

14. la parziale novità della questione giuridica trattata ed il contrasto esistente nella giurisprudenza di merito, del quale dà atto la sentenza gravata, giustificano l’integrale compensazione fra le parti delle spese di lite dell’intero processo;

15. non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda. Compensa integralmente fra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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