Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9838 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. III, 14/04/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 14/04/2021), n.9838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29534-2018 proposto da:

TI.AN., T.A., TI.AR., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA AGOSTINO DEPRETIS 60, presso lo studio dell’avvocato

DONATELLA CERE’, che li rappresenta e difende unitamente agli

avvocati GIULIO DE NICOLA, MATTEO DE POLI;

– ricorrenti –

contro

BPER BANCA S.P.A., quale incorporante di Nuova Cassa di Risparmio di

Ferrara s.p.a., e mandataria di PURPLE SPV, titolare del credito e

cessionaria dei diritti di Cassa di Risparmio di Ferrara,

Elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. GIANLUCA

BRANCADORO, V. Borgognona 47, Roma, nonchè difesa, con poteri

disgiunti, dall’Avv. MARIA ANNALISA SICONOLFI, del Foro di Ferrara;

– controricorrente –

nonchè contro

CASSA DI RISPARMIO DI FERRRARA SPA, in persona del commissario

liquidatore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1528/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 05/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Dott. CARDINO ALBERTO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO IN FATTO

1 Con ricorso notificato il 10/10/2018 a Cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a. in l.c.a. e BPER banca s.p.a., nella sua qualità di incorporante di Nuova Cassa di Risparmio s.p.a., Ti.An., T.A. e Ti.Ar. propongono ricorso per cassazione, affidato a sei motivi e illustrato da memoria, avverso la sentenza n. 1528/2018 della Corte d’Appello di Bologna notificata in data 11/7/2018. Con controricorso notificato il 14/11/2018, resiste REV Gestione crediti s.p.a., costituitasi in qualità di mandataria di PURPLE SPV s.r.l., attuale titolare del credito, deducendo in via preliminare l’erroneità della notifica effettuata nei confronti della banca Cassa di Risparmio di Ferrara in l.c.a. e l’inammissibilità della domanda svolta nei confronti di quest’ultima. I ricorrenti hanno depositato memoria per eccepire l’inammissibilità dell’intervento in giudizio di REV, la quale si è costituita invocando di essere succeduta ex art. 111 c.p.c., comma 1 a Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara, cessionaria dei diritti della cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a, incorporata da BPER Banca s.p.a., intimata. Il P.M. formulava conclusioni scritte.

2. Per quanto qui interessa, gli attuali ricorrenti, quali garanti di Vima s.r.l., della quale ciascuno è socio di minoranza, convenivano davanti al Tribunale di Ferrara la Cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a. (poi messa in liquidazione coatta amministrativa), per ottenere la dichiarazione di nullità o estinzione di due fideiussioni da loro prestate a garanzia di due mutui erogati a Vima s.r.l. Gli attori deducevano che i mutui per i quali si erano costituiti come garanti, formalmente indicati come fondiari, erano in realtà mutui di scopo, diretti a finanziare alcune opere edili della società (il primo per l’acquisto e urbanizzazione di un’area nel comune di (OMISSIS), il secondo per la costruzione di immobili), e che, poichè il denaro era stato destinato dall’amministratore unico della Vima s.r.l. per finalità estranee allo scopo, essi dovessero ritenersi nulli, unitamente alle garanzie prestate. In via subordinata, chiedevano che fosse dichiarata la nullità delle predette fideiussioni in quanto i mutui pregiudicavano il diritto di rivalsa dei garanti che, in tesi, avevano rilasciato la garanzia personale in vista dello scopo edilizio mai realizzato. In via ulteriormente subordinata, chiedevano di accertare che i garanti non erano tenuti alla prestazione ex art. 1460 c.c., poichè la Cassa di Risparmio, omettendo di vigilare sulla mutuataria, aveva agito in violazione dei canoni di buona fede e diligenza nell’esecuzione del contratto, così pregiudicando il regresso dei garanti.

3. Il Tribunale, con sentenza n. 1484/2014, rigettava le domande.

I ricorrenti attuali proponevano gravame dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna che, nel confermare integralmente la pronuncia di prime cure, riteneva che i due mutui fondiari stipulati dalla società non avessero natura di mutui di scopo e che, comunque, le somme erogate non fossero state distratte dall’amministratore unico a suo favore in quanto di fatto utilizzate per estinguere anticipi (caparra) effettuati dal solo socio B. e dalla società a sè medesimo riferibile per l’acquisto del fondo di (OMISSIS), di proprietà della Vimar s.r.l., utilizzata come società veicolo per tutta l’operazione, e per l’estinzione di debiti sociali pregressi verso la medesima banca, con l’accordo degli altri soci, donde in ogni caso i contratti sarebbero da considerarsi validi e, di conseguenza, anche le relative fideiussioni, da qualificarsi come garanzie autonome a prima richiesta. In riferimento alla domanda di simulazione spiegata in via subordinata, riteneva che non fossero emersi elementi per ritenere sussistente la simulazione oggettiva dedotta dagli appellanti. Infine, quanto alla domanda proposta in via ulteriormente gradata, non ravvisava vizi nella sottoscrizione delle clausole apposte nelle garanzie prestate, nonchè la violazione dei canoni di buona fede e di diligenza da parte della banca creditrice garantita, non essendovi stato alcuno sviamento dallo scopo dei finanziamenti, poichè, in primo luogo, si trattava di mutui fondiari e, in secondo luogo, non poteva sostenersi che la Banca avesse continuato negligentemente ad erogare ulteriore credito alla società, avendo interrotto le relative erogazioni, con richiesta di rientro dei prestiti, già solo con il mancato pagamento di due rate del mutuo.

4. Con ordinanza interlocutoria n. 20150/2020 del 20 luglio 2020, questa Corte ha rinviato la discussione della controversia alla pubblica udienza per le questioni di rilievo nomofilattico in relazione al mutuo di scopo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

QUESTIONI PRELIMINARI:

a) I ricorrenti adducono che l’intervento in giudizio della controricorrente, costituitasi in luogo degli intimati, sarebbe inammissibile ex art. 111 c.p.c., non avendo essa partecipato al giudizio di merito, in quanto costituitasi in qualità di mandataria dell’attuale titolare del credito, garantito dalle fideiussioni dei ricorrenti, cui è succeduta per atto di cessione. L’eccezione va rigettata. In proposito, vale il principio generale secondo cui i soggetti del giudizio di cassazione sono unicamente le parti dei giudizi precedenti (fra le molte, Cass. civ., sez. VI, n. 7467/2017; Cass. civ., sez. I, n. 17974/2015; Cass. civ., sez. lav., n. 6348/2009; Cass. civ., Sez. Un., n. 9753/1994), dal quale si fa discendere la conseguenza dell’inammissibilità dell’intervento di soggetti terzi, difettando la loro legittimazione, senza che, in proposito, si ponga una questione di legittimità costituzionale (v. per tutte, Cass. civ., Sez. Un., n. 1245/2004; Cass. civ., sez. IL n. 5126/1999). Un’ eccezione a tale regola, tuttavia, riguarda proprio il caso in esame, ove il terzo interviene quale unica parte, e in veste di successore a titolo particolare del suo dante causa, non costituitosi nel giudizio di legittimità, ai fini dell’esercizio del potere d’azione derivante dall’acquistata titolarità del diritto controverso, determinandosi, in difetto, un’ingiustificata lesione del suo diritto di difesa (Cass. civ., sez. I, n. 18967/2013; Cass. civ., sez. I, 7 giugno 2016, n. 11638; Sez. 5 -, Ordinanza n. 33444 del 27/12/2018, Rv. 652035 – 01; Cass. Sez. 3, ordinanza n. 25423 del 10/10/2019).

b) La controricorrente, sempre in via preliminare, deduce che i ricorrenti hanno erroneamente notificato il ricorso per cassazione alla società in liquidazione coatta amministrativa, nonostante che qualsiasi atto e/o azione diretta o indiretta, attiva o passiva, nei suoi confronti sia da ritenersi inammissibile. L’eccezione non ha pregio in quanto l’attuale controricorrente, costituendosi quale parte succeduta nella posizione del precedente titolare del credito, non ha interesse a far valere l’eccezione propria di quest’ultimo, che non è più titolare di alcuna posizione di credito e mai si è costituita in giudizio.

1 PRIMO MOTIVO: si censura – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1367 e 1370 c.c. I ricorrenti assumono l’erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto che i contratti di mutuo non rientrino nel paradigma del mutuo di scopo, ma siano mutui fondiari, così violando i principi e le norme dettate in materia di interpretazione dei contratti. Adducono che la previsione di uno scopo – consistito nel finanziare l’acquisto, le opere di urbanizzazione e la costruzione dell’immobile – emergerebbe esplicitamente i) dalle espressioni utilizzate nei contratti (art. 2, comma 1 e art. 3, comma 7 dei contratti di mutuo), ii) dalla circostanza che sia esclusa e sanzionata con la risoluzione una diversa destinazione delle somme (artt. 11 e 12 dei Capitolati allegati ai contratti di mutuo, clausole che peraltro avrebbero dovuto essere interpretate, nel dubbio, a favore dell’altro contraente ex art. 1370 c.c., in quanto inserite nelle condizioni generali di contratto); iii) dal fatto che la società mutuataria aveva l’obbligo di realizzare e portare a termine le opere previste entro una data determinata (art. 3, comma 7, dei contratti di mutuo); iv) dalla circostanza che la destinazione delle somme non sarebbe posta nell’esclusivo interesse della mutuataria, ma anche del mutuante, che solo con la realizzazione delle opere avrebbe visto accrescere il valore dei beni su cui era stata iscritta ipoteca. Parte resistente, di contro, deduce che i contratti in esame sarebbero stati correttamente inquadrati quali mutui fondiari, con garanzia ipotecaria di primo grado, comportando quindi un finanziamento a medio e lungo, e non a breve, termine, come è usualmente previsto per i mutui di scopo; sicchè, nel caso concreto, mancherebbe l’elemento essenziale del patto di destinazione della somma mutuata e, pertanto, le dichiarazioni di Vima rinvenibili nelle clausole non potrebbero valere in senso contrario.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. La sentenza impugnata, per quanto qui rileva, ha motivato il rigetto della domanda, tesa a far valere la violazione di mutui di scopo, sulla base di due differenti rationes decidendi: per un verso, qualificando i contratti stipulati come mutui fondiari garantiti da ipoteca; e ciò al di là dalla qualificazione data dalle parti in tal senso; per altro verso, rilevando che – pur volendo accedere alla qualificazione giuridica prospettata dai ricorrenti (id est: mutui di scopo) – nel caso concreto, non vi sia stato alcuno sviamento dall’ipotetico scopo, poichè le somme erogate erano andate a rimborsare un finanziamento concesso alla società mutuataria (da intendersi come società ponte per l’investimento immobiliare cui miravano i soci) dal socio amministratore e dalla società ad esso riferita che avevano anticipato l’esborso. Tuttavia, ha dimostrato di dare rilievo essenzialmente alla circostanza che i contratti non mostrassero le caratteristiche del mutuo di scopo, e ciò alla luce delle clausole in essi racchiuse.

1.3. Posto quanto sopra, il giudice di merito ha dimostrato di avere interpretato i contratti di mutuo in esame, formalmente inquadrati quali mutui fondiari, non soffermandosi solo sul senso letterale delle parole, ma operando un’adeguata indagine sulla loro causa concreta, mediante un’analisi del contenuto dei due negozi, e degli effetti risolutori in esso regolati, in base ai canoni ermeneutici che vengono normalmente in questione nell’operare l’interpretazione dei contratti.

1.4. In particolare, nell’ambito della interpretazione “sistematica” cui è tenuto il giudice di merito, rileva il contenuto complessivo del regolamento contrattuale, dovendosi leggere le clausole le une per mezzo delle altre, come previsto dall’art. 1363 c.c. (v. Cass., Sez. 1 -, Ordinanza n. 13595 del 2/7/2020; Sez. 3 -, Ordinanza n. 20294 del 26/7/2019; Sez. 2 -, Sentenza n. 7927 del 28/3/2017), per dare un’interpretazione finale che si ponga quale legittimo risultato dell’applicazione dei canoni interpretativi sopra descritti, tenuto conto dell’economia del contratto e degli interessi perseguiti dalle parti (v. Cass., Sez. U -, Sentenza n. 6882 dell’8/3/2019; Cass., Sez. 3 -, Sentenza n. 6675 del 19/3/2018; Sez. 2 -, Sentenza n. 7927 del 28/3/2017; Sez. 3 -, Sentenza n. 23701 del 22/11/2016).

1.5. Il ragionamento seguito dalla Corte di merito, invero, si conforma a quanto indicato dalla giurisprudenza anche con riguardo al mutuo di scopo.

1.6. E, in effetti, il mutuo (o il finanziamento) fondiario non è un mutuo di scopo, non essendo strutturalmente previsto, per la sua validità, che la somma erogata dall’istituto mutuante debba essere destinata a una specifica finalità che il mutuatario sia tenuto a perseguire; nè – si è detto – l’istituto mutuante è abilitato a controllare l’utilizzazione che viene fatta della somma erogata, risultando piuttosto connotato, quel mutuo, dalla possibilità di prestazione da parte del proprietario di immobili (rustici o urbani) di una garanzia ipotecaria (cfr. Cass. n. 9511/07; Cass. n. 4792/12). Invece, il mutuo di scopo convenzionale è un contratto consensuale parzialmente diverso dal mutuo ex art. 1813 c.c. (v. per utili riferimenti Cass. n. 25180/07), data la sua diversa funzione, e il requisito per tale sua classificazione è l’esistenza di un interesse (anche) del mutuante, e non solo del mutuatario, alla destinazione delle somme (v. per il credito agevolato, Cass. n. 1369/16).

1.7. Come compiutamente indicato nel precedente di cui a Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 24699 del 19/10/2017 (cfr. in senso conforme anche Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 15929 del 18/06/2018), il mutuo di scopo è preordinato alla realizzazione di una finalità convenzionale necessaria, tale da contrassegnare la funzione consistente nel procurare al mutuatario i mezzi economici destinati ad un’utilizzazione vincolata (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12123 del 21/12/1990); l’elemento caratterizzante è dato dal fatto che una somma di danaro viene concessa al mutuatario esclusivamente per raggiungere una determinata finalità, condivisa dal mutuante, la quale in tal modo entra a far parte del sinallagma contrattuale (cfr. Cass. n. 317-01 e prima ancora Cass. n. 2876-88). Il mutuo di scopo, pertanto, si differenzia dallo schema tipico del contratto di mutuo dal punto di vista strutturale, considerato che il sovvenuto si obbliga non solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo previsto con l’attuazione in concreto dell’attività programmata; dal punto di vista funzionale, nel sinallagma assume rilievo essenziale anche quest’ultima prestazione, in termini corrispettivo dell’ottenimento della somma erogata (v. Cass. n. 5805-94; Cass. n. 7116-98). In sostanza, essendo la disponibilità finanziaria concessa in vista della sua utilizzazione esclusiva per lo scopo convenuto, è esclusa ogni diversa volontaria destinazione delle somme, ivi compresa, in particolare, quella della estinzione di pregresse passività del mutuatario (v. Cass. n. 317-01; Cass. n. 2796-72).

1.8. Il punto centrale della questione, in sostanza, è che in tutti i casi in cui sia dedotta l’esistenza di un mutuo di scopo convenzionale, è pur sempre necessario che la clausola di destinazione della somma mutuata, incidendo sulla causa del contratto, finisca per coinvolgere direttamente anche l’interesse dell’istituto finanziatore; nel senso che, qualora – invece – venga prevista nel contratto di finanziamento una destinazione delle somme erogate nell’interesse del mutuatario, si realizzerebbe una mera esteriorizzazione dei motivi del negozio, di per sè non comportante una modifica del tipo contrattuale; in tale eventualità, pertanto, non si potrebbe parlare di mutuo di scopo (sebbene uno scopo, in senso lato, vi sia ovviamente per il sovvenuto), poichè la mera indicazione dei motivi, non accompagnata da un programma contrattuale teso alla loro realizzazione, non è di per sè idonea a modificare il tipo negoziale. Pertanto, per distinguere l’un tipo dall’altro, ove manchi un interesse del mutuante allo scopo, sul mutuatario non grava uno specifico obbligo di destinazione delle somme erogate; la qualificazione in termini di mutuo di scopo si può, invece, affermare quando sia rinvenibile un obbligo specifico del mutuatario nei confronti del mutuante, in ragione dell’interesse di quest’ultimo – diretto o indiretto – alla specifica modalità di utilizzazione delle somme per un determinato scopo; negli altri casi, l’inosservanza della destinazione indicata in contratto non rileva ai fini della validità o meno del contratto stesso.

1.9. Tornando al caso in esame, in entrambi i contratti il giudice di merito, pur avendo rinvenuto una indicazione della destinazione delle somme da parte del mutuatario, non ne ha inferito uno speculare impegno a perseguirlo nell’interesse della banca, nè un diritto della banca a interloquire sull’andamento dei lavori di costruzione: nel primo mutuo, il finanziamento era stato chiesto per affrontare l’acquisto e i costi delle opere di urbanizzazione dell’area acquistata; nel secondo, per finanziare la costruzione di immobili, con esplicitazione del motivo per il quale il mutuatario lo aveva richiesto, non certamente dirimente ai fini di una sua diversa qualificazione in termini di mutuo di scopo (v. sentenza, p. 7, 8 e 3 cpv.). Ed invero, nel contratto di mutuo del 26 luglio 2006, all’art. 2, comma 1, rubricato “Oggetto del contratto”, si legge: “(…) il mutuo viene richiesto per finanziare l’acquisto e per sostenere i costi delle opere di urbanizzazione dell’area sita in (OMISSIS) – e che allo stesso titolo accetta (la Vima) la somma di Euro 2.000.000,00”. Nel contratto di mutuo del 29 settembre 2008, all’art. 2, comma 1, rubricato “Oggetto del contratto”, parimenti “(…) il mutuo viene richiesto per finanziare la costruzione dell’immobile sito in (OMISSIS) (…) e che allo stesso titolo accetta la somma di Euro 850.000,00”, senza alcuna aggiunta sull’interesse precipuo della banca a che le somme erogate andassero destinate agli scopi enunciati dal mutuatario.

1.10. Scrutinando le clausole nel loro insieme, la Corte di merito ha considerato, piuttosto, come preponderante l’interesse della banca finanziatrice, garantita da ipoteca, a mantenere una proporzione tra il finanziamento e l’ipoteca iscritta, ritenendo che “nè può ritenersi che la Banca avesse uno specifico interesse (art. 1174 c.c.) a che il danaro ricevesse esclusivamente tale impiego, giacchè l’interesse dell’azienda di credito era semmai esclusivamente quello di ottenere la restituzione della somma erogata ed il controllo dell’oggetto della garanzia ipotecaria prestata dalla debitrice” (sentenza 2 grado: p. 7, ult. cpv.), aggiungendo, infine, che “Quanto alla corresponsione delle ulteriori quote dei mutui a stati di avanzamento lavori, è evidente che la previsione contrattuale venne fatta nell’esclusivo interesse della Banca, al fine di conservare un adeguato scarto tra il valore del cespite sottoposto ad ipoteca e le somme prestate alla mutuataria” (sentenza, p. 8, 4 cpv.), in ciò dimostrando di avere tenuto conto dei distinguo da operarsi in caso di stipula di un mutuo fondiario (che presuppone la erogazione di un finanziamento a medio-lungo termine con prestazione di garanzia ipotecaria, in cui l’interesse precipuo della banca, ove l’immobile non sia ancora costruito, è precipuamente quello di non vedere svalorizzata la garanzia reale ricevuta in relazione al finanziamento concesso).

1.11. Nello stesso senso, quindi, ha interpretato anche i termini temporali indicati per compiere le opere di urbanizzazione indicati nell’art. 3, comma 7, del contratto di mutuo del 26 luglio 2006 (ove si legge “E’ patto espresso, senza del quale non si sarebbe addivenuti alla conclusione del presente contratto, che la parte mutuataria prosegua e porti a termine le opere di urbanizzazione dell’area sita in (OMISSIS) entro e non oltre il termine del 31/07/2008”) e nell’art. 3, comma 7, del contratto di mutuo del 29 settembre 2008 (ove si legge “E’ patto espresso, senza il quale non si sarebbe addivenuti alla conclusione del presente contratto, che la parte mutuataria prosegua e porti a termine le opere di urbanizzazione dell’area sita in (OMISSIS) entro e non oltre il termine del 31 (trentuno) marzo 2010 (duemiladieci)”) (sentenza 2 grado: p. 8, 3 cpv.).

1.12. Nè a conclusione diversa la Corte di merito è pervenuta quando è andata a valutare le trattative intercorse tra le parti prima della sottoscrizione dei due contratti e gli scambi di missive intercorsi con l’amministratore unico, con argomentazioni di merito che non denotano l’inosservanza dedotta e sono comunque insindacabili in tale sede. Per tale via, ha dato anche un senso, del tutto coerente, alla previsione della risoluzione di diritto, contenuta nell’art. 12, comma 2, del “Capitolato di patti e condizioni (formante parte integrante del contratto di mutuo ai sensi del T.U. n. 385 del 1993, art. 38 e segg.” Allegato sub all. C al contratto di mutuo del 26 luglio 2006), intendendola come non specificamente riferita ai contratti in esame, che non prevedono, nella loro concreta regolamentazione, una clausola di risoluzione di diritto in caso di destinazione totale o parziale del finanziamento a scopo diverso. Difatti, la clausola di risoluzione di diritto è contenuta solo nel capitolato generale e viene letta dalla Corte di merito proprio ponendo l’accento sull’elemento condizionante la sua applicazione (“se esplicitamente previsto”), per concludere che nei contratti stipulati, invece, la realizzazione di uno scopo, con contestuale diritto di risoluzione, non fosse stata esplicitamente prevista.

2. SECONDO MOTIVO: si denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione degli artt. 1343 e 1418 c.c., per non avere la sentenza dichiarato la nullità dei contratti di mutuo per mancanza o illiceità della causa. I ricorrenti adducono che, trattandosi di mutui di scopo funzionali all’acquisto e all’edificazione dell’area sita in (OMISSIS), i contratti di mutuo avrebbero dovuto essere stipulati in data antecedente all’acquisto, mentre la stessa area era già di proprietà della Vima; in ogni caso, le somme rinvenienti da quei contratti avrebbero dovuto essere utilizzate esclusivamente per quelle finalità, di contro, vennero utilizzate per liberare i vecchi soci della Vima dalle fideiussioni prestate e, peraltro, di questa diversa destinazione la Cassa di Risparmio era a conoscenza prima ancora della stipulazione dei mutui, come emergerebbe dalla lettera inviata alla Banca dal sig. B. (amministratore unico della Vima). Tanto premesso, la diversa destinazione delle somme date a mutuo, nonchè l’esistenza di un accordo tra mutuante e mutuatario in ordine a una diversa destinazione rispetto a quella indicata espressamente nel contratto, sarebbe certamente in grado di condurre a un giudizio di nullità per mancanza di causa, con rilievo per le fideiussioni ad essi collegati.

2.1. Il motivo è assorbito da quanto sopra detto al p. 1, posto che la censura riguarda una seconda ratio decidendi che risulta del tutto residuale rispetto alla prima, sopra considerata. In effetti, si osserva che la questione sarebbe stata rilevante ove il risultato interpretativo avesse condotto a ritenere che le parti avessero sottoscritto mutui di scopo sotto forma di mutui fondiari e la Corte avesse ritenuto comunque raggiunto lo scopo per altra via rispetto a quella indicata nel contratto.

2.2. In linea di principio, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di merito, la giurisprudenza di questa Corte, in tema di “mutuo di scopo”, tanto nella versione cd. legale, quanto in quella cd. convenzionale, ha affermato che la destinazione delle somme mutuate entra nel negozio proprio perchè ne connota il profilo causale; sicchè, la nullità di un tale contratto per mancanza di causa sussiste se quella destinazione non vi sia stata o, de facto, non sia stata rispettata (Cfr. Cass., Sez. 1 -, Ordinanza n. 24699 del 19/10/2017; Sez. 1, Sentenza n. 25793 del 22/12/2015; Sez. 3, Sentenza n. 943 del 24/1/2012). In questo senso, pertanto, occorre correggere quanto indicato, in via di ipotesi, quale argomento subordinato e tralatizio, dalla Corte di merito (v., in particolare, Cass., Sez. 1 -, Ordinanza n. 24699 del 19/10/2017, p. 8 e s.). La motivazione, pertanto, deve essere corretta con riguardo a tale specifico punto, tuttavia non dirimente ai fini decisori.

3. TERZO MOTIVO: si denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte d’Appello ritenuto provata l’effettiva destinazione delle somme mutuate all’acquisto del fondo in questione sulla base di circostanze mai allegate in causa e non avvalorate da idonea fonte di prova, in quanto risultanti esclusivamente dalla comparsa di risposta depositata dall’amministratore unico in un procedimento arbitrale ed incidentalmente depositata nell’odierno contenzioso da parte dei ricorrenti, proprio al fine di avvalorare l’utilizzo delle erogazioni ad altri scopi. Si adduce che, anche a prescindere dalla qualificazione dei contratti di mutuo come mutui di scopo, la provvista riveniente dal primo contratto di mutuo era stata distratta dal socio amministratore per effettuare pagamenti a favore della società al medesimo riferita, nonchè di sè stesso, circostanze mai contestate dalla banca che, dunque, la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere pacifiche.

3.1. Il motivo è in parte assorbito da quanto sopra detto al p.1 e al p.2, non trattandosi di mutui di scopo.

3.2. Sotto il profilo processuale il motivo è anche palesemente infondato, oltre che inammissibile per insufficiente richiamo degli atti processuali ad esso riferiti. Si tratta, difatti, di valutazioni di circostanze fattuali versate in atti, e tratte dall’atto di costituzione del socio amministratore in un parallelo giudizio arbitrale, che non si pongono in violazione dei criteri di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c., attinenti al principio di non contestazione e alla valutazione delle prove: la Corte di merito ha ritenuto opportuno valutarle quanto alla loro rilevanza ai fini della decisione, nell’ambito della discrezionalità che le è propria. Il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. ha per oggetto, invece, fatti storici sottesi a domande ed eccezioni e non può riguardare le conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti in atti regolarmente prodotti (tra le tante, v. da ultimo Sez. 3 – , Sentenza n. 6172 del 05/03/2020 (Rv. 657154 – 01 ss.).

4. QUARTO MOTIVO: si prospetta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione dell’art. 1939 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale ha omesso di rilevare la nullità delle fideiussioni, nonostante la presenza nei contratti di clausole contrastanti con il disposto della norma de qua, sull’assunto che le stesse fossero garanzie autonome, e non accessorie, ai contratti di mutuo. In particolare, la censura è riferita al testo dell’art. 8 contenuto in entrambe le fideiussioni secondo cui: “Art. 8 – Nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione si intende fin d’ora estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate.

4.1. Il motivo è assorbito da quanto sopra detto, non rilevando detta clausola al caso di specie, ove i contratti di finanziamento cui si ricollegano le garanzie autonome prestate non risultano essere stati sviati quanto alla loro causa, trattandosi di mutui fondiari, e dunque risultano pienamente efficaci tra le parti, così come efficaci si sono dimostrate le garanzie personali a prima richiesta ad essi collegate.

5. QUINTO MOTIVO: si prospetta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione degli artt. 1419 e 1341 c.c. I ricorrenti adducono che la cd. “clausola di sopravvivenza” – contenuta nell’art. 8 delle fideiussioni – secondo cui i garanti rispondono anche nel caso in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide ha natura di clausola vessatoria ex art. 1341 c.c. e, poichè non specificamente approvata per iscritto, avrebbe dovuto essere dichiarata invalida ed inefficace.

5.1. Il motivo è assorbito da quanto sopra detto in relazione al mutuo fondiario cui si ricollega, non venendo in questione una ipotesi di nullità del mutuo, come sopra detto in relazione al quarto motivo.

6. SESTO MOTIVO: si prospetta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione della L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a) e dell’art. 1419 c.c. I ricorrenti deducono che la “clausola di sopravvivenza” dianzi riportata per cui i garanti rispondono anche nel caso in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, riporta lo stesso schema contrattuale predisposto dall’ABI che aveva formato oggetto dell’istruttoria della Banca d’Italia, esitato nel provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 con cui l’Autorità aveva dichiarato che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’Associazione bancaria per la stipula delle fideiussioni da sottoscrivere a garanzia delle operazioni bancarie (cd. fideiussioni omnibus), contenevano disposizioni in contrasto con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a) poichè risultanti da un’intesa restrittiva della concorrenza. Rilevano, peraltro, che questa Corte (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 29810 del 12/12/2017) ha espressamente sancito la nullità – rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado – dei contratti “a valle” di intese anticoncorrenziali vietate dall’art. 2 Legge Antitrust. Del pari, dunque, anche le singole fideiussioni stipulate dai ricorrenti, espressamente ricomprendendo le clausole oggetto d’istruttoria della Banca d’Italia, avrebbero dovuto essere dichiarate nulle, a maggior ragione poichè – stipulate successivamente all’accertamento da parte della Banca d’Italia.

6.1. Il motivo è anch’esso assorbito, riguardando la clausola di sopravvivenza in questione, non rilevante nel caso di specie. Si aggiunge che, la nullità dell’intesa (coinvolgente lo schema contrattuale predisposto dall’ABI), costituente il presupposto di validità del titolo negoziale qui in questione (la fideiussione, indicata come conforme al modello ABI), per quanto rilevabile d’ufficio, in sede di giudizio di legittimità non può, del pari, essere accertata sulla base di una “nuda” eccezione, sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione, rimandando la deduzione a contestazioni, in fatto, mai effettuate dalle parti convenute, a fronte della quale l’intimato sarebbe costretto a subire il “vulnus” di maturate preclusioni processuali (da ultimo, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 4175 del 19/2/2020 e Sez. 2 -, Sentenza n. 21243 del 9/8/2019).

6.2. Conclusivamente, la Corte rigetta il primo motivo, assorbiti gli altri, e condanna i ricorrenti alle spese processuali liquidate come di seguito, secondo le tariffe vigenti.

PQM

la Corte rigetta il primo motivo, assorbiti gli altri; per l’effetto condanna i ricorrenti, in via tra loro solidale, alle spese processuali liquidate in Euro 8.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, 15% di spese forfettarie e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in via tra loro solidale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

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