Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9835 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. III, 14/04/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 14/04/2021), n.9835

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34905/19 proposto da:

-) H.S.M., elettivamente domiciliato presso

l’indirizzo PEC del proprio difensore

(antonino.novello.pec.ordineavvocaticatania.it), difeso

dall’avvocato Antonino Novello, in virtù di procura speciale

apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta 29.3.2019

n. 222;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11 novembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. H.S.M., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese in quanto, dopo aver consentito l’erezione di una moschea su un terreno di sua proprietà, venne minacciato per questa ragione da persone di fede sunnita, i quali gli uccisero il fratello e gli ferirono il padre.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento H.S.M. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Caltanissetta, che la rigettò con ordinanza 2.10.2017.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Caltanissetta con sentenza 29.3.2019.

Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perchè il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perchè nella regione d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 non potesse essere concessa in quanto “il racconto dell’appellante non permette una compiuta verifica di tutti i requisiti enunciati nella recente sentenza n. 4455/18 della corte di cassazione”, nè l’avere dimostrato di svolgere un’attività lavorativa a tempo determinato dimostrava di per sè la sussistenza di un avvenuto inserimento nel paese ospitante.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da H.S.M. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente impugna la sentenza d’appello nella parte in cui ha reputato il suo racconto non attendibile.

L’illustrazione del motivo ha questa struttura:

– da pagina 3 a pagina 5 il ricorrente elenca una serie di massime e di principi astratti concernenti l’interpretazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5;

– quindi conclude la disamina che precede con le seguenti parole: “nel caso specifico, il ricorrente ha invece fornito un racconto del tutto verosimile, soprattutto ove rapportato alla situazione che si vive in (OMISSIS), dove torture, detenzioni arbitrarie, processi sommari e metodi scarsamente democratici sono tuttora all’ordine del giorno”.

1.1. Il motivo è inammissibile perchè non contiene nessuna censura avverso la sentenza impugnata.

Si limita a sostenere in iure che la valutazione di credibilità del richiedente asilo va fatta secondo i parametri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e poi a concludere in facto che “nel caso specifico il ricorrente ha fornito un racconto del tutto verosimile”. Manca dunque nel motivo l’esistenza stessa di una ragionata critica alla sentenza d’appello.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Sostiene che nella regione di sua provenienza esiste una situazione di violenza indiscriminata; che la Corte d’appello non ha compiuto in modo adeguato l’accertamento di tale situazione; sostiene che l’errore sarebbe consistito in ciò: limitarsi a considerare l’assenza di violenza nella zona di provenienza del ricorrente, mentre si sarebbe dovuta considerare la situazione generale del (OMISSIS).

Conclude affermando che l’esistenza di violenza indiscriminata “in diverse aree e regioni del (OMISSIS)” avrebbe dovuto legittimare l’accoglimento della sua domanda di protezione sussidiaria.

2.1. Il motivo è infondato.

Il ricorrente, infatti, nella sostanza capovolge il principio c.d. del non refoulement.

In virtù di tale principio, per come costantemente applicato da questa Corte, l’esistenza di un conflitto armato nella regione di provenienza giustifica la concessione della protezione internazionale, a nulla rilevando che altre aree del paese del richiedente asilo siano pacificate. Il ricorrente invece invoca una regola antitetica ed inesistente nell’ordinamento: e cioè quella secondo cui, pur essendo pacificata l’area di provenienza del richiedente protezione, quest’ultima dovrebbe essergli accordata a causa della presenza di conflitto armato in altre aree del paese.

3. Col terzo motivo il ricorrente impugna il rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Nella illustrazione del motivo il ricorrente prospetta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 sostenendo che la Corte d’appello ha trascurato di comparare, come avrebbe invece dovuto fare, la situazione lavorativa da lui raggiunta in Italia.

3.1. Il motivo è fondato.

Questa Corte ha già più volte affermato che ai fini della concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie il giudice di merito deve comparare la situazione sociale e lavorativa conseguita dal richiedente in Italia, con quella in cui si troverebbe nel paese di provenienza in caso di rimpatrio (Sez. 1 -, Ordinanza n. 23720 del 28/10/2020, Rv. 659278 – 01).

A tal fine è dovere del giudice valutare le condizioni sociopolitiche del Paese d’origine attraverso una integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone, pertinenti al caso e aggiornate al momento dell’adozione della decisione.

Da ciò deriva che il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di esaminare la documentazione prodotta a sostegno della dedotta integrazione e di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, incorrendo altrimenti la pronuncia nel vizio di motivazione apparente (Sez. 3 -, Ordinanza n. 22528 del 16/10/2020, Rv. 659032 – 01).

Nel caso di specie la corte nissena ha sì esaminato la situazione lavorativa raggiunta dal richiedente in Italia, ma ha trascurato da un lato di comparare tale situazione con quella cui in cui verrebbe a trovarsi il richiedente in caso di rimpatrio (sia in base a quanto allegato e provato; sia in base a fonti di informazione acquisibile d’ufficio ed aggiornate); e dall’altro di vagliare se, all’esito di tale giudizio di comparazione, emerga il rischio di una grave violazione dei diritti fondamentali del richiedente, in caso di rimpatrio.

4. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione, affinchè proceda al suddetto giudizio di comparazione.

5. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

la Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso; rigetta il secondo; accoglie il terzo;

(-) cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

 

 

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