Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9830 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. III, 14/04/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 14/04/2021), n.9830

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34117/19 proposto da:

N.D., elettivamente domiciliato a Prato, Via Q. Baldinucci

n. 71, difeso dall’avvocato Massimo Goti, speciale apposta in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze 10.4.2019 n.

854;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11 novembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. N.D., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4;

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. Il ricorso non indica in modo chiaro quali fatti vennero dedotti a fondamento della domanda.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento N.D. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Firenze, che la rigettò con ordinanza 10.8.2007.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Firenze con sentenza 10.4.2019.

Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non potessero essere concessi perchè i fatti narrati dal richiedente costituivano una vicenda privata; nè “era credibile” che le autorità ghanesi non avrebbero potuto apprestargli protezione;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essere concessa, perchè nel Paese d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, non potesse essere concessa in quanto il richiedente non solo non aveva affermato, ma anzi aveva egli stesso negato che nel suo Paese fossero violati i diritti umani; inoltre non ricorreva alcuna ipotesi di “vulnerabilità”.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da N.D. con ricorso fondato su un motivo.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ superfluo dar conto del contenuto del motivo di ricorso, in quanto quest’ultimo va dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3.

Nella parte del ricorso destinata all’esposizione dei fatti di causa (pagina 2), infatti, il ricorrente si astiene dall’indicare quali fatti avesse dedotto a fondamento della propria domanda; cosa decise in merito ad essi il giudice di primo grado, e con quali motivi venne impugnata la sentenza di primo grado.

Solo alle pagine 3 e 4 del ricorso viene descritto sommariamente il “fatto” posto a fondamento (non del ricorso introduttivo, ma) del ricorso per cassazione.

Tuttavia la lettura delle suddette pagine non consente di stabilire:

-) se quei fatti vennero introdotti in primo grado;

-) cosa decise in merito ad essi il tribunale;

-) con quali argomenti venne impugnata l’ordinanza di primo grado. Nè le mende sopra evidenziate possono essere sanate dall’esame della illustrazione del motivo unico di ricorso. ivi, infatti, il ricorrente nulla spiega circa la natura degli atti in cui si sarebbe concretata la “persecuzione” da parte del padre della sua fidanzata (in particolare, in cosa sarebbe consistita tale violenza fisica o psichica).

Il ricorso, in definitiva, è totalmente difforme dai parametri di contenuto-forma prescritti dal citato art. 366 c.p.c., a pena di inammissibilità.

2. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 del decreto sopra ricordato (Sez. 6-3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826-01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

PQM

la Corte di Cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

 

 

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