Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9825 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. I, 26/05/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 26/05/2020), n.9825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 5332/2019 proposto da:

D.O., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour

presso a cancelleria della Corte di cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Giuseppina Marciano per procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., dello Stato in

Roma, Via dei Portoghesi, 12;

– resistente –

avverso il decreto n. 330/2019 del Tribunale di Milano, Sezione

specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale

e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea del

11/01/2019;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Laura Scalia nella

camera di consiglio del 13/02/2020.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con il decreto in epigrafe indicato ha rigettato il ricorso proposto ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis da D.O. avverso il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ne aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria.

I giudici di merito hanno escluso la sussistenza nei fatti narrati di atti persecutori e, all’esito dell’esame di fonti aggiornate e nella valutazione della situazione generale del Paese, la non presenza di una violenza indiscriminata tale da concretare i presupposti per la concessione di una qualsivoglia forma di protezione.

2. D.O. ricorre per la cassazione dell’indicato decreto con cinque motivi.

Il Ministero dell’Interno a mezzo della difesa erariale ha depositato tardivamente un “Atto di costituzione” al dichiarato fine dell’eventuale sua partecipazione all’udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente, nato in (OMISSIS), nella regione di (OMISSIS), nel racconto reso alla competente Commissione territoriale aveva dichiarato di aver lasciato il proprio Paese, per migliorare il proprio tenore di vita attesa l’estrema povertà in cui versava, e di essere giunto in Italia il (OMISSIS).

2. Sulla indicata premessa il ricorrente articola cinque motivi di ricorso.

2.1. Con il primo motivo in via preliminare si sollecita di sollevare dubbio di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g) per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost., commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5; art. 117 Cost., comma 1 così come integrato dall’art. 46, paragr. 3 della Direttiva n. 32/2013 e dagli artt. 6 e 13 della CEDU, per quanto concerne la previsione del rito camerale ex art. 737 ss. c.p.c., e relative deroghe espresse dal legislatore, nelle controversie in materia di protezione internazionale.

Le disposizioni introdotte dalla L. n. 46 del 2017 imporrebbero una irragionevole svalutazione del contraddittorio, del diritto a un giusto processo e del diritto alla difesa e tanto nella previsione di un contraddittorio concepito come puramente cartolare ed eventuale, senza fissazione di un’udienza per la comparizione del richiedente asilo unitamente al suo difensore e la sua audizione, con acquisizione della videoregistrazione dell’intervista resa in fase amministrativa, che pur riveste carattere di prova, formata unilateralmente avanti alla competente Commissione in cui la presenza di un difensore è facoltativa e con abrogazione della fase di impugnazione avanti alla Corte d’appello.

La questione è manifestamente infondata.

Come rilevato da questa Corte di legittimità con la sentenza n. 17717 del 05/07/2018 e saldamente confermato da pronunce di pari contenuto (ex plurimis: Cass. 33498/2019; Cass. 26424/2919; Cass. 16246/2019) il procedimento camerale, da sempre impiegato anche per la trattazione di controversie su diritti e status, è idoneo a garantire l’adeguato dispiegarsi del contraddittorio con riguardo al riconoscimento della protezione internazionale, neppure potendo riconoscersi rilievo all’eventualità della soppressione dell’udienza di comparizione, sia perchè essa è circoscritta a particolari frangenti nei quali la celebrazione dell’udienza non si risolverebbe in un superfluo adempimento, tenuto conto dell’attività in precedenza svolta, sia perchè il contraddittorio è comunque pienamente garantito dal deposito di difese scritte.

Nel resto non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado (Corte Cost. 31 marzo 1988, n. 395; Corte Cost. 14 dicembre 1989, n. 543; Corte Cost. 3 ottobre 1990, n. 433; Corte Cost. 23 dicembre 1994, n. 438; Cass. 27700/2018) e la soppressione di un grado risponde nei giudizi di accertamento della protezione internazionale ad esigenze di celerità del giudizio ed alla peculiare struttura dell’intero procedimento in cui il giudizio è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali, dotate di particolari cognizione tecniche e deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione (Cass. 27700/2018).

2. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere la violazione e falsa applicazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione al D.L. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9, 10 e 11. Il Tribunale con interpretazione gravemente errata delle norme avrebbe ritenuto l’insussistenza di automatismi tra mancanza di videoregistrazione e necessità di rinnovo dell’audizione del richiedente.

Il motivo è infondato.

E’ necessario prendere le mosse dalle affermazioni di diritto che, chiare sul punto, ha reso questa Corte di legittimità con la sentenza del 05/07/2018 n. 17717.

In attuazione del principio del contraddittorio, e quindi del diritto del ricorrente ad una piena ed effettiva difesa, questa Corte di legittimità con l’indicata sentenza ha per vero rimarcato la necessità, per ragioni di stretta letteralità della norma in esame e di armoniosa ricostruzione del sistema, che in mancanza della videoregistrazione del colloquio il Tribunale, chiamato a pronunciare sulla domanda di protezione internazionale, debba fissare l’udienza di comparizione delle parti, configurandosi altrimenti la nullità del decreto pronunciato per il mancato pieno spiegamento del principio del contraddittorio (Cass. n. 17717 cit.).

Il giudizio in materia di riconoscimento della protezione internazionale si svolge, secondo regola generale, a fronte di una prima fase amministrativa in cui il richiedente viene ascoltato personalmente, in un successivo momento, che è di natura giurisdizionale, in camera di consiglio nelle forme di un contraddittorio cartolare segnato dalle previsioni dell’art. 737 e ss. c.p.c., come richiamato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis.

Nel procedimento di riconoscimento della protezione internazionale, destinato a venire nel suo complesso in rilievo per le fasi amministrativa e giurisdizionale di cui esso si compone, alla natura camerale non partecipata, destinata a soddisfare negli attenuati termini cartolari il contraddittorio, della fase che trova svolgimento davanti al giudice deve pertanto accompagnarsi la videoregistrazione dell’intervista effettuata dalla Commissione territoriale del richiedente.

I contenuti del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, ai commi 10 e 11, e le intenzioni del legislatore per i primi fatte chiare, vogliono che là dove manchi la videoregistrazione nella centralità che la stessa riveste all’interno del procedimento – in quanto strumento che consente al giudice di valutare il colloquio con il richiedente in tutti i suoi risvolti, inclusi quelli non verbali – si affermi il pieno dispiegamento del contraddittorio, altrimenti riservato ad una udienza camerale non partecipata, attraverso lo svolgimento dell’udienza di comparizione delle parti a pena, altrimenti, della nullità del decreto pronunciato (in termini, Cass. n. 17076 del 26/06/2019 e Cass. n. 2817 del 31/01/2019, non massimata).

Una volta che il Tribunale competente a decidere sulla domanda di protezione internazionale abbia fissato, in difetto della videoregistrazione, l’udienza camerale in forma partecipata, potrà eventualmente porsi il problema, distinto e successivo rispetto alla preliminare esigenza del rispetto del contraddittorio secondo un modello pieno, di riascoltare il richiedente.

Va da sè che, ormai, non si tratta si fare applicazione di una regola processuale destinata a sostenere la validità del modello adottato, ma di una valutazione di merito in cui il giudice è chiamato a scrutinare la natura della domanda ed ove essa non sia manifestamente infondata procedere a sentire il richiedente se ritenga i temi di indagine sottoposti dalla parte di necessario approfondimento.

L’iniziativa, in tal caso, è del richiedente che a migliore definizione del quadro di allegazione e prova indicherà al giudice i temi destinati a sostenerlo e lo scrutinio passa, in tal caso, attraverso un preliminare giudizio di non manifesta infondatezza della domanda nell’apprezzata pienezza dell’iniziale allegazione e della valutazione sulla stessa condotta dalla Commissione territoriale.

Il Tribunale chiamato a decidere all’esito di una valutazione ex acis che deve esse effettuata sui documenti trasmessi dall’organo amministrativo e, tra questi, per l’appunto, sulla videoregistrazione (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 8) potrebbe su istanza del ricorrente ritenere il quadro fattuale in atti non sufficiente a definire la domanda.

Nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale (Cass. 28/02/2019 n. 5973).

A nulla rileva inoltre che l’audizione, nella specie, sia stata effettuata davanti alla Commissione territoriale in data anteriore alla consumazione del termine di 180 giorni dall’entrata in vigore del D.L. n. 13 del 2017, convertito nella L. n. 46 del 2017, essendo l’udienza di comparizione delle parti, anche in tale ipotesi, conseguenza obbligata della mancanza della videoregistrazione (Cass. n. 32029 del 11/12/2018; Cass. n. 10786 del 17/04/2019; Cass. n. 14148 del 23/05/2019; Cass. n. 17076 del 26/06/2019; Cass. n. 2134 del 30/01/2020).

Sulle indicate premesse, il Tribunale di Milano, in applicazione degli indicati principi e richiamando la sentenza di questa Corte n. 17177/2018, ha dato conto dell’intervenuta fissazione dell’udienza, per provvedimento del 25.06.2018, in cui il giudice designato non ha proceduto alla nuova audizione del ricorrente ed il Collegio, in difetto di nuove allegazioni, ha ritenuto “di avere tutti gli elementi necessari ai fini della decisione, senza necessità di intervistare nuovamente il ricorrente” (p. 2 decreto).

3. Con il terzo motivo il ricorrente fa valere la violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in riferimento agli artt. 6 e 13 CEDU, all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 46 della diretti Europea n. 2013/32 quanto alla concreta ed attuale analisi della situazione socio-politica del Senegal.

La giurisprudenza di legittimità, con interpretazione convenzionalmente orientata, prevede che la protezione sussidiaria possa essere concessa in caso di minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile senza che il richiedente debba fornire la prova di esserne interessato in modo specifico quando il livello di violenza indiscriminata di un conflitto armato in corso sia tale da far ritenere presumibile che il rientro dello straniero lo sottoponga al rischio di subire gli effetti della minaccia anche per la sua sola presenza sul territorio.

L’accertamento del Tribunale avrebbe mancato di esaminare la domanda sulla situazione del Paese di provenienza attraverso l’esercizio dei poteri istruttori ufficiosi.

Il motivo è inammissibile.

Il Tribunale ha specificamente motivato scrutinando fonti aggiornate (COI dell’aprile 2016; Report Amnesty International 2016-2017; Country Reports on Human Rights Practices del 3 marzo 2017; Country Reports on Terrorism 2017) sulla situazione del Senegal, nella regione del Casamance, escludendo nella stessa l’esistenza di una situazione di violenza generalizzata.

Il ricorrente contestando genericamente le conclusioni dei giudici di merito e reiterando le iniziali conclusioni contrappone la propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata, in sostanza così proponendo un “non motivo” come tale inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, (Cass. n. 22478 del 24/09/2018; Cass. n. 17330 del 31/08/2015).

4. Con il quarto motivo ed il quinto motivo il ricorrente denuncia l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio ai fini del riconoscimento di un permesso di soggiorno per fini umanitari.

Il Tribunale non avrebbe considerato lo stato di estrema povertà e di disagio sociale del ricorrente e la concreta situazione di sua vulnerabilità. Il ricorrente a supporto della reale sua integrazione in Italia doveva avere la possibilità di essere sentito nel merito.

Il motivo è inammissibile per le ragioni esposte nella disamina del terzo.

Il Tribunale ha fatto corretta e piena applicazione del principio di diritto affermato da questa Corte di legittimità con la sentenza n. 455 del 2018, e poi ripreso in continuità più recentemente dalla Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 29459/2019, ponendo in un giudizio di bilanciamento la situazione nel pregresso avuta dal richiedente nel Paese di origine e quella goduta in Italia quanto ad integrazione.

Nel valorizzato difetto di un contratto di lavoro, di una stabile situazione alloggiativa e nell’apprendimento della lingua italiana, in modo concludente il Tribunale di Milano ha rilevato, all’esito, che il rientro in Senegal del ricorrente non ne avrebbe compromesso in modo apprezzabile proprio quel diritto ad una esistenza libera e dignitosa non raggiunta in Italia.

Nel resto vale il principio affermato per il quale la proposizione del ricorso al Tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 28/09/2015, n. 19197; Cass. n. 27336 del 29/10/2018) ed il ricorrente non può limitarsi ad invocare la propria audizione rispetto ad allegazioni non altrimenti veicolate in giudizio.

5. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, assorbita ogni ulteriore istanza.

Nulla sulle spese nell’irritualità della costituzione del Ministero dell’Interno.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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