Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9825 del 19/04/2017
Cassazione civile, sez. trib., 19/04/2017, (ud. 22/03/2017, dep.19/04/2017), n. 9825
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15354/2013 R.G. proposto da:
B.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Claudio Preziosi,
con domicilio eletto la Cancelleria della Corte di cassazione,
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Campania sez. staccata di Salerno n. 159/9/12, depositata il 3
maggio 2012;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 marzo 2017
dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli;
Letta la memoria depositata dall’Avv. Claudio Preziosi.
Fatto
PREMESSO
che:
– B.G. ricorre avverso la decisione emessa dalla CTR della Campania sez. staccata di Salerno, che aveva ritenuto fondato e legittimo l’accertamento del maggior reddito ai fini IVA, IRPEF ed IRAP del professionista per l’anno 2003, deducendo, con un unico articolato motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 ed omessa e insufficiente motivazione per non aver il giudice d’appello valutato le giustificazioni fornite dal contribuente;
Diritto
CONSIDERATO
che:
– è infondata, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità del controricorso, avendo l’Agenzia contrastato il motivo di ricorso, contestandone, in termini sintetici ma argomentati, l’ammissibilità
e la fondatezza;
– il motivo di ricorso, pur partitamente sviluppato secondo i vizi lamentati, si traduce, in realtà, in una complessiva contestazione della motivazione e del percorso argomentativo della decisione della CTR, deducendo, da un lato, l’inadeguatezza degli elementi presuntivi, già introdotti dal fisco, considerati dal giudice, e, dall’altro, l’insufficiente valutazione della documentazione contabile e bancaria prodotta dal ricorrente;
– la sentenza, peraltro, è immune dal censurato vizio avendo la CTR, con una valutazione unitaria, apprezzato una pluralità di fatti e specificamente:
a) le risultanze bancarie, da cui, nella prospettiva più favorevole al contribuente, emergeva, tenuto conto della cointestazione con terzi soggetti, un importo non minore di Euro 90.000,00 a favore del contribuente, sì da rendere prive di rilievo e decisività le “giustificazioni” del contribuente (difettanti, in ogni caso, di autosufficienza attesa la mancata puntuale riproduzione della documentazione dedotta);
b) l’esistenza di un reddito da partecipazione di 83.240,00 Euro e di un reddito di partecipazione di Euro 1.399,00, a fronte di un superiore accumulo bancario e pur in costanza del soddisfacimento delle esigenze familiari;
c) l’entità e il numero dei pedaggi autostradali fatturati, indice di una significativa attività del professionista a fronte, nel medesimo periodo, dell’assente fatturazione di compensi ed in assenza di ulteriori spiegazioni idonee a giustificare i viaggi;
d) la conservazione di una partita IVA con espletamento, tuttavia, di una sola (e modesta) attività professionale, sì da indurre “fortemente a presumere la percezione di ricavi ben più consistenti a titolo personale”;
– la CTR, poi, con un ragionamento logico e coerente, ha ritenuto tale complesso di elementi “tutti insieme… significativi di una attività professionale intensa e proficua, i cui compensi non sono stati riportati nella dichiarazione dei redditi”, apparendo, dunque, la doglianza più diretta a fornire una interpretazione contrapposta a quella del giudice di merito in vista di una nuova autonoma inammissibile valutazione dei fatti da parte della Corte;
ritenuto pertanto che:
– il ricorso va respinto e le spese di questo giudizio regolate per soccombenza, ponendosi a carico del ricorrente anche l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 7.000,00, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito. Così deciso in Roma, il nell’adunanza camerale, il 22 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2017