Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9824 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. I, 26/05/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 26/05/2020), n.9824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 5052/2019 proposto da:

I.P., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour

presso a cancelleria della Corte di cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Marco Esposito per procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., elettivamente

domiciliato per legge presso l’Avvocatura Generale dello Stato in

Roma, Via dei Portoghesi, 12; PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL

TRIBUNALE DI MILANO;

– intimati –

avverso il decreto n. 7605/2018 del Tribunale di Milano, Sezione

specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale

e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea del

20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Laura Scalia nella

camera di consiglio del 13/02/2020.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con il decreto in epigrafe indicato ha rigettato il ricorso proposto ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis da I.P. avverso il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ne aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria.

La non attendibilità del racconto, scrutinata per i parametri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e l’insussistenza dei presupposti legittimanti l’accesso alla protezione internazionale ed umanitaria richiesta aveva determinato i giudici di merito al rigetto della domanda.

2. I.P. ricorre per la cassazione dell’indicato decreto con unico articolato motivo

Nessuno degli intimati ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente, originario del (OMISSIS), nato a (OMISSIS), di etnia (OMISSIS) e religione musulmana, nel racconto reso alla competente Commissione territoriale aveva dichiarato di aver abbandonato il proprio Paese, raggiungendo dapprima il Togo, Sukode, il Burkina Faso, il Niger, la Libia e quindi l’Italia, in seguito all’accusa formulata nei suoi confronti da alcuni ragazzi, che avevano iniziato a inseguirlo gridando “è lui è lui”, di aver partecipato al pestaggio mortale ai danni di altro ragazzo, che gli aveva in precedenza sottratto la moto, accusa per la quale il ricorrente, preso dal timore di essere ucciso per vendetta, e non denunciando il fatto alla polizia, aveva deciso di fuggire.

2. Sulla indicata premessa il ricorrente propone un unico articolato motivo con cui denuncia violazione di legge e vizi di motivazione quanto al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione alla richiesta di protezione sussidiaria, al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ed al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per non aver valutato l’esistenza di gravi motivi individuali di vulnerabilità in relazione alla richiesta subordinata di protezione umanitaria, rispetto alla quale pure lamenta l’omessa valutazione comparativa tra situazione di vulnerabilità nel Paese di provenienza e stato di integrazione raggiunto in Italia.

Si richiede la sospensione in via cautelare del provvedimento impugnato.

3. Il Collegio autorizza l’adozione del modello della motivazione semplificata nella decisione del ricorso, nel rispetto del principio della ragionevole durata dei procedimenti civili di cui all’art. 111 Cost., comma 2, non sollecitando il proposto mezzo l’esercizio della funzione nomofilattica, ma ponendo questioni la cui soluzione comporta l’applicazione di principi già affermati in precedenza dalla Corte e dai quali questo Collegio non intende discostarsi (Cass. 04/07/2012 n. 11199).

4. Il motivo si presta nel suo complesso ad una valutazione di inammissibilità per genericità.

La proposta critica manca di confrontarsi con l’ampia motivazione adottata nell’impugnato decreto a sostegno della decisione con cui è stata respinta la domanda di protezione internazionale ed umanitaria risolvendosi, piuttosto, in un assertivo richiamo a principi affermati da questa Corte di legittimità in materia di protezione sussidiaria ed umanitaria e sullo strumentale dovere ufficioso di collaborazione istruttoria che, da ultimo, non risulta in alcun modo declinato in punto di allegazione (Cass. n. 15794 del 12/06/2019), senza poi neppure dialogare con la motivazione nella parte in cui, in via preliminare rispetto ad ogni altra valutazione, esclude la credibilità del richiedente quanto al nucleo essenziale dei fatti narrati, relativi al timore del ricorrente di essere ucciso e sulla circostanza di non essersi in siffatta evidenza rivolto al fratello, figura per lui di rifermento, o alla polizia.

5. Il ricorso in via conclusiva deve essere dichiarato inammissibile, ogni ulteriore istanza assorbita.

Nulla sulle spese non avendo gli intimati articolato difese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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