Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9823 del 04/05/2011

Cassazione civile sez. I, 04/05/2011, (ud. 02/03/2011, dep. 04/05/2011), n.9823

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

BA.Ed., rappresentato e difeso dall’Avv. MARRA Alfonso

Luigi, come da procura a margine del ricorso, domiciliato per legge

presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale

dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

nonche’ sul ricorso N. 19868/09 proposto da:

BO.An., rappresentato e difeso dall’Avv. MARRA Alfonso

Luigi, come da procura a margine del ricorso, domiciliato per legge

presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

e sul ricorso N. 25962 del 2009 proposto da:

B.C., rappresentato e difeso dall’Avv. MARRA Alfonso

Luigi, come da procura a margine del ricorso, domiciliato per legge

presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

nonche’ sul ricorso N. 25975 del 2009 proposto da:

G.A., rappresentato e difeso dall’Avv. MARRA Alfonso

Luigi, come da procura a margine del ricorso, domiciliato per legge

presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Napoli n.

2666/08 VG depositato il 9 gennaio 2009;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 2 marzo 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ba.Ed., Bo.An., B.C. e G.A. ricorrono separatamente per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che, liquidando per ciascuno Euro 5.680,00 per anni cinque e mesi otto di ritardo, ha accolto parzialmente il loro ricorso con il quale e’ stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al TAR Campania e non ancora definito alla data di presentazione delle domande (24.4.2008).

Resiste l’Amministrazione con controricorso nel solo procedimento n. 19841/09.

La causa e’ stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi debbono preliminarmente essere riuniti in quanto proposti nei confronti dello stesso decreto.

I motivi di ricorso sono comuni tra il ricorso proposto dal Ba. e quello proposto dal Bo. nonche’ tra quello proposto dal B. e quello proposto dal G..

Quanto ai primi due, il primo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e della L. n. 89 del 2001 e’ inammissibile per inidoneita’ del quesito. Posto invero che “il quesito di diritto costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione de principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata e quindi non ammissibile l’investitura stessa dei giudice di legittimita’: ne deriva che la parte deve evidenziare sia il nesso tra la fattispecie ed il principio di diritto che si chiede venga affermato, sia, per ciascun motivo di ricorso il principio, diverso da quello posto alla base del provvedimento impugnato, la cui auspicata applicazione potrebbe condurre ad una decisione di segno diverso” (Cassazione civile, sez. 3^, 9 maggio 2008, n. 11535) al richiamato canone non pare rispondere il quesito proposto che si limita ad enunciare un principio generale relativo ai rapporti tra normativa nazionale e Convenzione senza che risulti l’attinenza con la concreta fattispecie.

Il secondo e il terzo motivo con i quali si denuncia l’insufficiente quantificazione dell’equo indennizzo sono manifestamente infondati.

Premesso che la Corte ha enunciato il principio secondo cui “Secondo i parametri indicati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, ai quali il giudice nazionale e’ tenuto a conformarsi nell’applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 la durata ragionevole del processo (nella specie: dinanzi alla Corte dei conti in materia di pensione) e’ di tre anni in primo grado e di due anni in secondo grado; e l’equa riparazione deve essere liquidata in una somma variabile tra i mille/00 ed i millecinquecento/00 Euro per ciascun anno eccedente il termine ragionevole” (Cassazione civile, sez. 1^, 3 gennaio 2008, n. 14), nessuna censura puo’ essere mossa all’impugnata decisione che, liquidando in Euro 1.000,00 in ragione d’anno il danno morale conseguente all’irragionevole durata del processo eccedente i tre anni, si e’ attenuta ai richiamati parametri, non essendo stati evidenziati convincenti elementi che avrebbero dovuto comportare una maggiore liquidazione.

Quanto agli ulteriori motivi con i quali ci si duole che il giudice si sia immotivatamente discostato dalla nota spese, gli stessi sono inammissibili in quanto non e’ stata riprodotta la nota spese sottoposta al giudice a quo, in violazione del principio secondo cui “In tema di controllo della legittimita’ della pronuncia di condanna alle spese del giudizio, e’ inammissibile il ricorso per cassazione che si limiti alla generica denuncia dell’avvenuta violazione del principio di inderogabilita’ della tariffa professionale o del mancato riconoscimento di spese che si asserisce essere state documentate, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, devono essere specificati gli errori commessi dal giudice e precisate le voci di tabella degli onorari, dei diritti di procuratore che si ritengono violate, nonche’ le singole spese asseritamente non riconosciute” (Sez. 3, Sentenza n. 14744 del 26/06/2007).

I due ricorsi debbono dunque essere rigettati. La conseguente condanna alla spese deve gravare solo sul Ba. nei cui confronti si e’ costituita l’Amministrazione.

Per quanto attiene agli ulteriori ricorsi, la cui trattazione puo’ avvenire in modo unitario concernendo la liquidazione delle spese operata dalla Corte d’appello, si denuncia violazione della Convenzione, delle norme processuali sulla liquidazione delle spese e della tariffa forense nonche’ carenza di motivazione per avere il giudice del merito liquidato i diritti e gli onorari in modo difforme dagli standard della Corte Europea e comunque discostandosi immotivatamente dalla nota spese e dalla tariffa professionale.

I motivi sono manifestamente fondati nei limiti di seguito precisati, dovendosi liquidare le spese del giudizio in materia di equa riparazione in base alle tariffe dei procedimenti ordinari contenziosi e risultando la quantificazione operata dalla Corte d’appello inferiore ai minimi tabellari; per contro, e’ manifestamente infondata l’ulteriore pretesa di liquidazione delle spese processuali secondo gli standard seguiti dalla Corte di Strasburgo in quanto nei giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la liquidazione delle spese processuali della fase davanti alla Corte di appello deve essere effettuata in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano, e non deve tener conto degli onorari liquidati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, i quali attendono al regime del procedimento davanti alla Corte di Strasburgo, posto che la liquidazione dell’attivita’ professionale svoltasi davanti ai giudici dello Stato deve avvenire esclusivamente in base alle tariffe professionali che disciplinano la professione legale davanti ai tribunali ed alle corti di quello Stato (Cass., Sez. 1^, 11 settembre 2008, n. 23397).

I ricorsi debbono dunque essere accolti e cassato il decreto impugnato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito e pertanto condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla rifusione delle spese del giudizio di merito liquidate come in dispositivo, nonche’ di un mezzo quelle del giudizio di legittimita’ i favore di Ba. e G., compensato il residuo in considerazione dell’oggetto dei ricorsi.

P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi, accoglie come in parte motiva i ricorsi proposti da B.C. e G.A. e rigetta quelli proposti da Ba.Ed. e Bo.An.; cassa in parte qua il decreto impugnato in relazione ai ricorsi accolti e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di B.C. e G.A. delle spese del giudizio di merito che liquida complessivamente in Euro 1.237,00, di cui Euro 697,00 per diritti e Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, nonche’ alla rifusione in favore degli stessi della meta’ delle spese di questa fase che liquida complessivamente in Euro 600,00, di cui Euro 500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, compensato il residuo; spese distratte in favore del difensore antistatario;

condanna Ba.Ed. alla rifusione in favore dell’Amministrazione delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 900,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2011

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