Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9822 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 14/04/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 14/04/2021), n.9822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2691/2018 proposto da:

SANPELLEGRINO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO N. 2,

presso lo studio dell’avvocato ITALICO PERLINI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCO DUGNI;

– ricorrente –

contro

D.D., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato NICOLA MIRANDA;

– controricorrente –

e contro

M.N., M.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1234/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/07/2017 R.G.N. 364/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/11/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. la Corte di Appello di Brescia, con sentenza del 25 luglio 2017, ha confermato, sebbene con motivazione in parte diversa, la pronuncia di primo grado che, su domanda di D.D. nei confronti di Sanpellegrino Spa, aveva accertato “l’illegittimità dell’assorbimento del superminimo individuale negli aumenti dei minimi retributivi disposti dal CCNL industria alimentare dal 1 aprile 2013, condannando la società a pagare quanto maturato da aprile 2013 al 31 gennaio 2015 nella misura di Euro 2.484,55 al lordo, oltre interessi e rivalutazione monetaria”;

2. in estrema sintesi, la Corte territoriale, considerato che l’aumento retributivo previsto dal CCNL citato per la durata del contratto costituisse un unicum, seppur liquidato in tranches a scadenze diverse, ha ritenuto che “la circostanza che la liquidazione della prima tranche dell’ottobre 2012 non sia stata accompagnata da alcun assorbimento è manifestazione di una volontà negoziale concludente che quell’unitario aumento della retribuzione base non dovesse comportare alcuna diminuzione del superminimo anche in occasione della erogazione delle rate successive”; ha poi ritenuto che, “nel corrispondere integralmente la prima tranche dell’incremento retributivo, lasciando invariato il superminimo, la società abbia rinunciato, per l’unitario incremento retributivo previsto dal CCNL del 2012, ad avvalersi della facoltà di assorbimento prevista nei contratti individuali di lavoro e che pertanto il mancato pagamento della seconda e della terza rata costituisca inadempimento di una obbligazione già unitariamente assunta”;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società soccombente con 4 motivi, cui ha resistito la D. con controricorso, illustrato anche da memoria; non hanno svolto attività difensiva M.N. e G. intimati in quanto procuratori antistatari delle spese legali.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati:

1.1. il primo denuncia omesso o errato esame di un fatto decisivo per il giudizio riguardante la erronea circostanza che l’art. 51 CCNL Industria Alimentare 2012 prevedesse un unico aumento suddiviso in quattro tranches e non quattro aumenti, con violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 51 del contratto collettivo nazionale citato, lamentando altresì violazione degli artt. 2731 e 2733 c.c.;

1.2. il secondo motivo denuncia ancora omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio riguardante il mancato esame della collocazione del superminimo nella busta paga della D. prima e dopo l’assorbimento con violazione dell’art. 1362 c.c., in relazione agli artt. 50 e 51 del CCNL Industria Alimentare circa il comportamento tenuto dalle parti dopo l’assorbimento;

1.3. il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del CCNL Industria alimentare 2012, anche nell’ipotesi in cui l’art. 51 prevedesse un unico aumento suddiviso in quattro tranches; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e 2729 c.c., ed ancora omesso o errato esame di fatti decisivi per il giudizio, in violazione art. 360 c.p.c., n. 5;

1.4. il quarto motivo denuncia “violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 41 Cost.”, perchè l’argomentare della Corte territoriale contrasterebbe con il principio di libertà ivi garantito “consistente non solo nella facoltà di esercitare ma anche di poter posticipare l’esercizio di un proprio diritto funzionale alla iniziativa economica privata”;

2. il ricorso non può trovare accoglimento, tenuto anche conto di precedenti pronunce di questa Corte su controversie analoghe promosse da lavoratori nei confronti della stessa società odierna ricorrente (Cass. n. 10779 del 2020 e Cass. n. 15967 del 2020);

2.1. opportuno premettere in diritto i seguenti principi espressi dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte nella materia che ci occupa:

il cosiddetto superminimo, ossia l’eccedenza retributiva rispetto ai minimi tabellari, individualmente pattuito tra datore di lavoro e lavoratore, è soggetto al principio dell’assorbimento, nel senso che, in caso di riconoscimento del diritto del lavoratore a superiore qualifica, l’emolumento è assorbito dai miglioramenti retributivi previsti per la qualifica superiore, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente o la contrattazione collettiva abbia altrimenti disposto, restando a carico del lavoratore l’onere di provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento del superminimo, escludendone l’assorbimento (Cass. n. 20617 del 2018; Cass. n. 19750 del 2008; Cass. n. 12788 del 2004; Cass. n. 8498 del 1999; le quali ultime ribadiscono altresì che si sottrae alla regola dell’assorbimento anche il compenso speciale strettamente collegato a particolari meriti o alla speciale qualità o maggiore onerosità delle mansioni svolte dal dipendente e che sia quindi sorretto da un autonomo titolo);

l’indagine probatoria sulla sussistenza di dette pattuizioni e quella ermeneutica sulla loro effettiva portata derogatoria alla regola generale dell’assorbimento sono riservate al giudice del merito (in termini, Cass. n. 2984 del 1998, che in motivazione richiama Cass. n. 1347 del 1984); ai fini della ricostruzione della volontà negoziale deve essere valutato il comportamento delle parti anche successivo alla conclusione del patto relativo tanto che questa Corte ha confermato, ad esempio, la decisione di merito che aveva desunto la volontà delle parti di considerare il superminimo non assorbibile dal fatto che esso era rimasto inalterato nel tempo, nonostante gli incrementi retributivi intervenuti nel corso del rapporto di lavoro in occasione dei rinnovi contrattuali (v. Cass. n. 14689 del 2012, che richiama Cass. n. 1899 del 1994);

2.2. la Corte bresciana ha ricostruito la volontà negoziale delle parti, manifestata anche mediante il comportamento tenuto dal datore di lavoro, ritenuto concludente nel senso dell’esclusione dell’assorbibilità del superminimo; ciò ha fatto anche valorizzando una interpretazione della clausola del contratto collettivo secondo cui l’aumento retributivo previsto nel 2012 costituisse “un unicum, seppure liquidato in tranches diverse”;

2.3. tutti i motivi di ricorso, oltre all’improcedibilità derivante dall’aver depositato solo un “estratto” del CCNL in controversia, secondo quanto riportato dall’indice in calce al ricorso per cassazione (cfr. Cass. SS.UU. n. 2010 n. 20075), tendono inammissibilmente ad una rivalutazione di siffatto accertamento fattuale;

infatti, come pure innanzi ricordato avuto riguardo proprio all’interpretazione della portata delle deroghe pattizie al principio dell’assorbimento del superminimo, l’accertamento della volontà è indagine riservata al giudice del merito, in ossequio al generale principio per cui ogni interpretazione di atti negoziali è riservata all’esclusiva competenza del giudice che ne ha il dominio (cfr. Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006), con una operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto, soggetto quindi, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente (ex plurimis, Cass. n. 4851 del 2009; Cass. n. 3187 del 2009; Cass. n. 15339 del 2008; Cass. n. 11756 del 2006; Cass. n. 6724 del 2003; Cass. n. 17427 del 2003); inoltre, sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia del vizio di motivazione esigono una specifica indicazione – ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni della obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000);

i primi tre motivi, formulati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche laddove solo formalmente denunciano violazioni di legge o di contratto collettivo, sono inammissibili perchè trascurano gli enunciati posti da Cass. SS.UU. n. 8053 e 8054 del 2014, invocando una rivalutazione dell’indagine di fatto preclusa in sede di legittimità e pretendendo una diversa interpretazione negoziale, confidando sulla mera contrapposizione di un risultato esegetico diverso rispetto a quello cui è giunta la Corte territoriale, prospettando dati asseritamente più significativi o regole di giustificazione prospettate come più congrue (cfr. Cass. n. 18375 del 2006; conf. Cass. n. 12360 del 2014);

il quarto motivo è inammissibile perchè si limita ad invocare un principio costituzionale, senza adeguatamente specificare in qual modo la Corte di Appello avrebbe commesso un errore di diritto;

3. conclusivamente il ricorso va respinto, con spese a carico della soccombente società liquidate come da dispositivo; nulla per le spese in favore degli intimati che non hanno svolto attività difensiva;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%, in favore della controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma 1 bis dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

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