Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9820 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 9820 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

SENTENZA
sul ricorso 28323-2011 inoposto da:
AEM TORINO DISTRIBUZIONE SPA 08475780014, in persona
dell’Amministratore delegato, elettivamente domicilinta in ROMA,
. VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato GERARDO
VESCI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO
GUASCO, RUGGERO PONZONE giusta delega a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

IRIDE SPA, in persona del Presidente legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RIPETTA 22,

Data pubblicazione: 13/05/2015

presso lo studio dell’Avvocato GERARDO VESCI, che la rappresenta
e difende unitamente agli avvocati AFFILIO BONINI, FABIOLA
ZAMBON, giusta delega a margine della seconda pagina del ricorso;
– ricorrente –

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante, in
proprio e quale procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione
dei Crediti Inps (S.C.C.I.) Spa, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO
giusta mandato speciale in calce al controricorso;
CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO;
– controricorrente
nonché contro
EQUITALIA NOMOS SPA ora EQUITALIA NORD SPA;
– intimata avverso la sentenza n. 340/2011 della CORTE D’APPEI J O di
TORINO del 15/03/2011, depositata il 17/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/02/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito l’Avvocato Sciplino Ester (delega verbale avvocato Sgroi
Antonino) difensore del controricorrente che si riporta agli scritti e
chiede il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO

Ric. 2011 n, 28323 sez. ML – ud. 26-02-2015
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contro

La AEM Torino Distribuzione s.p.a. (AEM Distribuzione) e la IRIDE
s.p.a. ora IREN s.p.a. proponevano opposizione avverso cartella
esattoriale con la quale all2 prima società era chiesto il pagamento in
favore dell’ INPS della somma di € 282.767,94 a titolo di contributi

interessi. Il Tribunale accoglieva la opposizione annullando la cartella
opposta. La Corte di appello di Torino, in parziale riforma della
sentenza di primo grado, riduceva la condanna ad € 270.098,64
confermando l’obbligo contributivo in capo alle società appellate
quanto alla cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, la
disoccupazione involontaria e la mobilità, detraendo per contro le
somme chieste per contribuzione in favore di dirigenti di azienda
trattandosi di categoria esclusa sia dalla cassa integrazione che dalla
disciplina della disoccupazione involontarie e della mobilità.
Per la cassazione della decisione hanno proposto ricorso la IRIDE
s.p.a ora IREN s.p.a e la AEM s.p.a. sulla base di cinque o motivi.
L’ INPS, anche quale procuratore speciale di S.C.CI. s.p.a., ha
depositato tempestivo controricorso. Equitalia Nomos s.p.a è rimasta
intimata.
Con il primo motivo le società ricorrenti, deducendo plurime
violazioni di norme di diritto nonché vizio di motivazione, hanno
censurato la decisione per avere ritenuto dovuti i contributi per CIGS
e CIGO. Ricostruita la evoluzione normativa in tema di modalità di
gestione dei servizi pubblici da parte degli enti locali, rilevato che in
base al disposto della L. n. 448 del 2001, art. 35 detti enti, per la
gestione di servizi, reti, impianti e beni sono tenuti ad avvalersi di
soggetti allo scopo costituiti nella forma di società di capitali con la
partecipazione maggioritaria degli enti locali, anche associati, hanno
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per CIGO, CIGS, mobilità, disoccupazione involontaria, sanzioni ed

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sostenuto che la partecipazione di soggetti pubblici al capitale sociale
comportava che esse ricorrenti dovessero essere annoverate
nell’ambito delle “imprese industriali degli enti pubblici, anche se
municipalizzate”, esonerate, in base al disposto del D.C.P.S. n. 869 del
1947, art. 3 all’applicazione delle norme sull’integrazione dei guadagni

motivazione della decisione impugnata con riferimento alle allegate
caratteristiche di esse società, che in ragione del peculiare oggetto, della
presenza di capitale pubblico, della “assoluta dominanza” dell’ente
pubblico, dell’assoggettamento al regime di concessione pubblica ed al
controllo della Corte dei Conti non si prestavano ad essere inquadrate,
come invece avvenuto nella decisione impugnata, nell’ambito della
normale società per azioni di diritto comune.
Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione L. n.
223 del 1991, art. 16, commi 1 e 2 nonché vizio si motivazione, hanno
censurato la decisione per avere affermato la sussistenza dell’obbligo al
contributo di mobilità. Hanno richiamato le argomentazioni svolte a
sostegno del primo motivo in merito alla presenza di capitale pubblico,
alla “dominanza” dell’ente pubblico, alla natura del servizio espletato,
per sostenere che esse ricorrenti non rientravano nel campo di
applicazione della disciplina dell’intervento straordinario di
integrazione salariale di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 16 ed erano
pertanto sottratte alla contribuzione per mobilità.
Con il terzo motivo, deducendo plurime violazioni di norme di diritto
nonché vizio di motivazione, hanno censurato la decisione per avere
ritenuto dovuta la contribuzione per disoccupazione involontaria.
Richiamate le argomentazioni spese ad illustrazione dei motivi
precedenti in ordine alla presenza maggioritaria di capitale pubblico,
alla peculiarità dell’oggetto sociale rappresentato dalla gestione di un
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degli operai dell’industria. Hanno quindi dedotto il vizio di

pubblico servizio, all’assoggettamento al controllo pubblico – anche
della Corte dei Conti – hanno sostenuto che esse società erano
riconducibili alla categoria dell’azienda pubblica o esercente pubblici
servizi, esonerate, in base al disposto del R.D.L. n. 1827 del 1945, art.
40, n. 2 all’obbligo della contribuzione per disoccupazione

disoccupazione involontaria risultava, altresì confermata anche dalla L.
n. 133 del 2008, art. 20, comma 2, che ricomprende, in una nozione
unitaria “le imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali
privatizzate ed a capitale misto”, sancendo il venire meno della pretesa
contributiva per il periodo anteriore al 1 gennaio 2009.
Con il quarto motivo, deducendo violazione di plurime norme di
diritto nonché vizio di motivazione, hanno censurato la decisione per
avere escluso che nei confronti di esse ricorrenti potesse trovare
applicazione l’esonero della contribuzione ottenuto, con D.M. n. 25338
del 1998 che aveva riconosciuto la sussistenza della stabilità di impiego,
da AEM – l’azienda municipalizzata dalla quale esse erano derivate.
Dunque, sia ex art. 2112 c.c., sia per applicazione del CCNL
Elettrici/Federelettrica, avendo il personale mantenuto il medesimo
trattamento da CCNL, e il medesimo trattamento INPDAP, sussisteva
la stabilità dell’impiego per l’esenzione contributiva. Con l’ultimo
motivo, ad integrazione dei precedenti, hanno denunciato la violazione
e falsa applicazione dell’art. 3 comma 1 del DLCPS 12.8.1947 n. 869,
dell’art. 16 commi 1 e 2 della L n. 223 del 1991, dell’art. 40 n. 2 RDL n.
1827 del 1935, dell’art. 20 commi 2,4,5 e 6 della L. n. 133 del 2008 e
dell’art. 2112 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c..
Il primo ed il secondo motivo, esaminati congiuntamente in quanto
connessi sono manifestamente infondati. Secondo il consolidato
orientamento di questa Corte (v., tra le altre, Cass. n. 14847/2009, n.
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involontaria. L’insussistenza dell’obbligo contributivo per la

5816/2010, n. 19087, n. 20818, n. 20819, n. 22318, n. 27513/ 2013, n.
14089 e n. 13721/2014) in tema di contribuzione previdenziale, le
sodetà a capitale misto, ed in particolare le società per azioni a
prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di attività
industriali sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali

trovare applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli
enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata,
finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di
concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo
esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando
irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella
propria dello schema societario, la meta partecipazione – pur
maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell’ente pubblico. È stato
in particolare precisato che la forma societaria di diritto privato è per
l’ente locale la modalità di gestione degli impianti consentita dalla legge
e prescelta dall’ente stesso per la duttilità dello strumento giuridico, in
cui il perseguimento dell’obiettivo pubblico è caratterizzato
dall’accettazione delle regole del diritto privato e che la finalità
perseguita dal legislatore nazionale e comunitario nella promozione di
strumenti non autoritativi per la gestione dei servizi pubblici locali è
specificamente quella di non ledere le dinamiche della concorrenza,
assumendo rilevanza determinante, in ordine all’obbligo contributivo, il
passaggio del personale addetto alla gestione del servizio dal regime
pubblicistico a quello privatistico. (Cass. n. 20818/2013, Cass.
27513/2013). Le argomentazioni delle odierni ricorrenti ripropongono
questioni già esaminate e disattese dai precedenti giurisprudenziali
richiamati ai quali, pertanto, va data continuità.
Anche gli altri motivi di ricorso, sono manifestamente infondati.
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previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo

In numerose pronunzie, questa Corte, richiamata la normativa di
riferimento, all’epoca costituita dal R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 40 e
dal D.P.R. n. 818 del 1957, art. 36 bis ha affermato .che dalla
coordinata lettura di tali norme si evince che:
anche in relazione al personale dipendente delle aziende esercenti

disoccupazione volontaria opera soltanto ove ai medesimi sia garantita
la stabilità d’impiego; anche in relazione ai personale dipendente delle
aziende esercenti pubblici servizi detta stabilità d’impiego, ove non
risultante da norme regolanti lo stato giuridico e il trattamento
economico, deve essere accertata dal Ministero competente su
domanda del datore di lavoro, con decorrenza dalla data di tale
domanda.
In difetto di disposizioni di legge o regolamentari specificamente
riguardanti la tipologia d’impresa cui appartengono le ricorrenti diviene
quindi sostanzialmente irrilevante, ai fini de quibus, accertare se alla
stessa debba o meno essere riconosciuta la qnalifica di azienda
esercente un pubblico servizio, posto che, anche in ipotesi affermativa,
da ciò non potrebbe farsene derivare, de plano, l’invocata esenzione
contributiva.
Del pari, non essendo ricomprese le clausole pattizie di cui alla
contrattazione collettiva di diritto comune fra le “norme regolanti lo
stato giuridico e il trattamento economico”, l’eventuale stabilità
d’impiego garantita da detta contrattazione collettiva non potrebbe di
per sé condurre all’esenzione contributiva in difetto di domanda di
accertamento al riguardo da parte del datore di lavoro e di conseguente
riconoscimento di detta stabilità da parte dell’Autorità amministrativa
competente., (cfr, altresì, sul punto, ex plurimis, Cass. n. 18455/ 2014,
n. 28022/2014, n. 20139/2014; n. 24524/2013).
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sez.

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pubblici servizi l’esenzione dall’assicurazione obbligatoria per la

in merito poi al riconoscimento amministrativo della “stabiliti di
impiego” si rileva che nel caso di specie le ricorrenti non deducono di
avere inoltrato la domanda, ne’ tanto meno, che sia stata riconosciuta
nei loro confronti la stabilità d’impiego dei dipendenti. Sostengono
invece, di essere “subentrate”, in quanto società derivate, nell’esonero

L’assunto non può essere condiviso, sia perché l’azienda
municipalizzata AEM, oggi non più esistente, era un soggetto giuridico

diverso dalla società per azioni in cui venne trasformata e, a fortiori,
dalle altre società che da quesfultima sono state scorporate; sia perché,
essendo stata la valutazione della sussistenza della stabilità d’impiego
per i dipendenti dell’azienda municipalizzata AEM necessariamente
resa in relazione alle disposizioni vigenti all’epoca il riconoscimento
invocato non è parametrabile alla diversa disciplina vigente all’epoca
dei fatti per cui è causa, atteso che i contratti collettivi

ai lavoro che,

secondo l’assunto della parte ricorrente, regolano il rapporto d’impiego
dei dipendenti, sono stati conclusi a distanza di molti anni (cfr. altresì,
sul punto, ex plurimis, Cass. n. 13721/2014, n. 28022/2013, n.
24524/2013).
Non avendo, anche in questo caso, parte ricorrente offerto argomenti
diversi ed ulteriori rispetto a quelli esaminati e disattesi dal giudice di
legittimità nelle pronunce sopra richiamate la decisione di appello deve
essere integralmente confermata.
Consegue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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contributivo a suo tempo accordato all’azienda municipalizzata AEM.

Condanna le società ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità in favore della parte controricorrente che liquida in
complessivi € 10.000,00 per compensi professionali, € 100,00 per
esborsi, oltre spese forfettizzate al 15% ed accessori di legge.

Il Consigliere estensore

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2015

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