Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9816 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. I, 26/05/2020, (ud. 04/11/2019, dep. 26/05/2020), n.9816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34941/2018 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in Roma Via Cassiodoro

6 presso lo studio dell’avvocato Costa Maria Rosaria che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gurrado Vincenzo;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore

(Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale

Di Crotone):

– intimato –

avverso la sentenza n. 224/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/11/2019 da RUSSO RITA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.- C.S. ha chiesto la protezione internazionale, e ha dichiarato di essere originario della regione della (OMISSIS) in Senegal, e di essere fuggito dal suo paese per sottrarsi all’arruolamento forzato da parte della forze dell’MFDC (Movement of Democratic Forces of Casamance, forze irregolari separatiste); di essersi rifugiato in Gambia dove ha vissuto presso uno zio per due anni; di essere stato arrestato dopo la morte dello zio perchè privo di documenti e che dopo la scarcerazione è partito per l’Italia.

Negata la protezione internazionale dalla Commissione territoriale, il richiedente ricorre avverso il provvedimento e il giudice di primo grado gli riconosce la protezione sussidiaria.

Propone appello il Ministero. La Corte d’appello di Potenza, rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’appello per genericità, esamina la questione della sussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria e, in accoglimento dell’appello, rigetta la domanda perchè le fonti più aggiornate (Amnesty 2017/2018) danno atto di una pacificazione del conflitto nella regione di provenienza del richiedente.

2.-Propone ricorso per cassazione il richiedente asilo affidandosi a due motivi. Non si costituisce il Ministero.

Diritto

RITENUTO

CHE:

3.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e la insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Secondo la parte l’appello era generico e ha errato la Corte territoriale a ritenerlo ammissibile.

Il motivo è inammissibile. Premesso che non può lamentarsi la contraddittorietà della motivazione, applicandosi al processo l’art. 360 c.p.c., n. 5 nel testo attualmente vigente, si osserva che la parte non trascrive e non allega l’atto appello (Cass. 8055/2007; 24538/2016) ma si limita a dedurre genericamente che l’appello era privo della esposizione delle ragioni di fatto e diritto su cui si fondava l’impugnazione. Di contro la Corte, nella sentenza impugnata, dopo avere ricapitolato la corrente interpretazione del principio di specificità dell’appello, ha riassunto il contenuto dell’atto di appello proposto dall’Avvocatura che individua chiaramente la questione sottoposta al giudice del merito e la censura: e cioè che in relazione alla effettiva ed attuale situazione del pase di origine il giudice di primo grado aveva indebitamente ampliato l’area della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c).

Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Secondo il ricorrente la regione della (OMISSIS) è interessata da un conflitto a bassa intensità, come si evince dal Report Amnesty 2013, ragion per cui deve essergli riconosciuta la protezione sussidiaria. Inoltre avrebbe errato la Corte a non valutare se poteva riconoscersi la protezione umanitaria.

Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi e, in parte, sollecita una revisione del giudizio di fatto operato dal giudice d’appello. L’area di tutela di cui all’art. 14, lett. c), come rileva il giudice di secondo grado, è delimitata in modo rigoroso dalla sussistenza del rischio di un danno grave alla persona derivante da violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato. La protezione sussidiaria non è necessariamente subordinata alla condizione che il richiedente fornisca la prova di essere specifico oggetto di minaccia a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale, ma – in via eccezionale – l’esistenza di una siffatta minaccia può essere considerata provata qualora il grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso, raggiunga un livello così elevato che sussistono fondati motivi di ritenere che un civile rientrato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (CGUE Elgafaji, 17 febbraio 2009 C-465/07).

Nel caso di specie, invece, il ricorrente parla di conflitto a bassa intensità, cosa ben diversa dal conflitto che genera violenza indiscriminata, che è invece quello valutato dal giudice di secondo grado, che si è basato sui su informazioni sul paese di origine (COI) molto più aggiornate di quelle prese in considerazione dal ricorrente e ha reso un giudizio in fatto, non censurabile in questa sede, ritenendo che la zona può considerarsi pacificata, salvo episodi di banditismo e scontri sporadici.

Infine è inammissibile la censura in ordine al mancato riconoscimento della protezione umanitaria perchè la parte non specifica di avere riproposto la questione in appello ex art. 346 c.p.c..

Il ricorso è pertanto da dichiarare inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione del Ministero.

Il richiedente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato e pertanto non è tenuto è tenuto al versamento del contributo unificato, stante la prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 11 e 131 e, di conseguenza, neppure dell’ulteriore importo di cui all’art. 13, comma 1- quater, del decreto citato (cfr. Cass. 7368/2017; Cass. n. 32319/2018), se ed in quanto l’ammissione non risulti revocata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese. Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, se ed in quanto l’ammissione non risulti revocata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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