Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9816 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 9816 Anno 2015
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA
sul ricorso 13623-2012 proposto da:
COVA CARLO ALBERTO (CV0CLL66L11B3001) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA LATTANZIO 14, presso lo studio
dell’avvocato IDA BALSAMO, rappresentato e difeso da se stesso;
– ricorrente contro

ONALI MARIA BONARIA;.
– intimata –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO,
depositata il 05/12/2011;

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irD

Data pubblicazione: 13/05/2015

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/02/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;
udito l’Avvocato Ivella Enrico (delega avvocato Carlo Alberto Cova)

ricorrente che si riporta al ricorso.

Ric. 2012 n. 13623 sez. M2 – ud. 12-02-2015
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 30.3.2011 l’avv. Carlo Alberto Cova, curatore dell’inabilitata Maria
Bonaria Onali, chiedeva al giudice tutelare del Tribunale di Busto Arsizio,
sez. distaccata di Gallarate, la liquidazione di un’indennità ai sensi dell’art.

compensi professionali relativi all’attività stragiudiziale svolta nell’interesse
dell’ inabilitata dal 23.1.2006.
Contro il decreto emesso il 3.8.2011 dal giudice tutelare, che gli aveva
liquidato la somma complessiva di E 30.000,00, il predetto avvocato
proponeva dapprima opposizione ai sensi dell’art. 170 D.P.R. n. 115/02,
tuttavia non decisa, e poi reclamo ex art. 739 c.p.c., che il predetto Tribunale
in composizione collegiale dichiarava inammissibile con decreto del
5.12.2011. Riteneva al riguardo il collegio che le doglianze svolte dal
reclamante inerivano alla congruità della somma liquidata in relazione al
patrimonio della persona inabilitata e allo sforzo profuso dal curatore; e che
sotto tale profilo il provvedimento del giudice tutelare non era censurabile,
non essendo configurabile in capo al curatore un diritto di ricevere l’indennità
richiesta, attesa la discrezionalità nell’an e nel quantum del provvedimento
reso ai sensi dell’art. 375 (recte, 379) c.c., in considerazione della sostanziale
gratuità dell’ufficio di curatore.
Per la cassazione di tale decreto l’avv. Carlo Alberto Cova propone ricorso
affidato a due motivi.
Maria Bonaria Onali e la sua curatrice speciale, avv. Raffaella Cosco, non

hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
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379 c.c. per l’importo complessivo di E 67.839,63, di cui 16.468,85 per

1. – Il primo motivo di ricorso espone l’omessa, illogica e contraddittoria
motivazione del decreto impugnato, lì dove in dispositivo ha respinto il
reclamo qualificandolo “inammissibile”, mentre in base al contenuto della
motivazione avrebbe avuto senso, semmai, una pronuncia di rigetto.

la parte ricorrente non derivano conseguenze di sorta da un rigetto nel merito
piuttosto che da uno per inammissibilità del reclamo, nell’un caso come
nell’altro formandosi un identico giudicato reiettivo sulla pretesa (sul tema
dell’inesistenza dell’interesse a impugnare in fattispecie simile, cfr. Cass. n.
3287/68, secondo cui è inammissibile, per difetto di interesse
all’impugnazione, il ricorso con il quale si denuncia il vizio di
contraddittorietà tra la motivazione ed il dispositivo della sentenza impugnata,
in quanto le ragioni addotte nella motivazione sarebbero tali da legittimare la
pronuncia di inammissibilità piuttosto che quella, data, di rigetto della
domanda di revocazione; analogamente, v. anche per l’ipotesi inversa di
motivo di ricorso diretto al solo scopo di modificare la motivazione, fermo
restando il dispositivo della sentenza impugnata, Cass. n. 13010/03, che
richiama altresì il potere, di cui questa Corte di cassazione dispone ai sensi
dell’art. 384, ultimo comma c.p.c., di correggere la motivazione in diritto).
2. – II secondo motivo lamenta l’omessa, insufficiente ovvero apparente
motivazione e la violazione dell’art. 379 c.p.c. La decisione impugnata,
sostiene parte ricorrente, confermando il provvedimento del giudice tutelare
per non essere configurabile un diritto del curatore all’indennità, attesa la
discrezionalità nell’an e nel quantum del potere del giudice tutelare, così

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1.1. – Il motivo è manifestamente inammissibile per difetto d’interesse. Per

come previsto dall’art. 379 c.c., integra una totale omissione dell’obbligo di
motivare, confondendo la discrezionalità legittima con l’arbitrio.
Invero, prosegue parte ricorrente, l’art. 379 c.c., dopo aver al primo comma
proclamato, in linea di principio, la gratuità dell’incarico, prevede al secondo

difficoltà dell’amministrazione, possa assegnare al tutore o al curatore
un’equa indennità. Ne consegue che gli unici parametri utilizzabili per la
liquidazione sono quelli anzi detti, e non altri.
Sostiene ancora il ricorrente, che il curatore il quale rivesta, come nel caso
di specie, una qiialifica professionale, può svolgere in favore dell’inabilitato
anche prestazioni professionali, giudiziali o stragiudiziali, che devono essere
remunerate secondo il tariffario professionale di pertinenza, separatamente da
quelle di tipo non professionale per le quali restano applicabili, invece, gli
anzi detti parametri dell’art. 379 c.p.c.
2.1. – Il motivo è manifestamente infondato, anche se per ragioni diverse
da quelle indicate nel provvedimento impugnato, la cui motivazione va
pertanto corretta ai sensi dell’art. 384, ultimo comma c.p.c.
2.1.1. – Giova premettere che nell’ipotesi in cui sulla domanda o su un
capo autonomo di essa non si sia formato il giudicato interno, per effetto
dell’acquiescenza espressa o tacita, deve ritenersi consentito porre in
discussione, nell’ambito della impugnazione proposta contro la relativa
pronuncia, le questioni concernenti l’applicabilita di una nonna giuridica e
l’interpretazione della norma stessa, qualunque sia stato il comportamento
difensivo concretamente assunto in proposito dalla parte, nel precedente o nei
precedenti gradi del giudizio. Dette questioni, infatti, sono rilevabili anche
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comma che il giudice tutelare, considerando l’entità del patrimonio e le

d’ufficio dal giudice dell’impugnazione, nell’esercizio del suo potere di
individuare ed interpretare la norma applicabile al caso controverso, e non
sono suscettibili -di passare in giudicato autonomamente dalla domanda o dal
capo di essa cui si riferiscono, assolvendo ad una funzione, meramente

Chiarito, dunque, che il giudicato non si forma mai sulla mera applicabilità
di una norma, va osservato che nel caso in esame, essendo ancora sub iudice il
diritto del ricorrente ad un compenso ulteriore rispetto a quanto liquidatogli
dal giudice tutelare in base all’art. 379 c.c., nulla si frappone ad una rinnovata
valutazione delle condizioni di applicabilità di detta previsione normativa.
2.1.2. – Al contrario di quanto parte ricorrente tenta di accreditare, l’art.
379 c.c. menziona il solo tutore del minore (del resto la norma è localizzata
nella sezione relativa alla tutela di quest’ultimo); né altra disposizione ne
estende l’applicazione al curatore dell’inabilitato. E non a caso.
Infatti, l’art. 424, l° comma c.c., stabilisce che le disposizioni sulla tutela
dei minori e quelle sulla curatela dei minori emancipati si applicano
rispettivamente alla tutela degli interdetti e alla curatela degli inabilitati. E
poiché al curatore del minore emancipato non si applica l’art. 379 c.c. né altra
norma prevede indennità di sorta in suo favore, ugualmente il curatore
dell’inabilitato non ha diritto ad alcuna indennità, nemmeno (come osservato
in dottrina) in considerazione dell’entità del patrimonio o della difficoltà
dell’amministrazione, secondo quanto e previsto invece per il tutore dall’art.
379 c.c.
Ciò corrisponde alla diversità dei due istituti di protezione dell’incapace e
delle funzioni svolte al riguardo, ove si consideri che il curatore, a differenza
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strumentale rispetto alla decisione (Cass. mi. 21561/10 e 1531/76).

del tutore, non rappresenta né si sostituisce all’incapace, ma si limita a
sostenerlo integrandone la volontà, in modo da dare vita all’esterno ad una
manifestazione unitaria.
2.1.2.1. – Né l’aver, in ipotesi, svolto anche attività ulteriori e di tipo

il curatore è chiamato a svolgere ben altra funzione nell’interesse esclusivo
dell’incapace. Se pur in buona fede ne eccede, non per questo egli ha diritto
ad una remunerazione che può competere solo per contratto e non già ex lege.
3. – Il ricorso va pertanto respinto.
4. – Nulla per le spese, non avendo la parte intimata svolto attività
difensiva in questa sede.
P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile —
2 della Corte Suprema di Cassazione, il 12.2.2015.

propriamente professionale, potrebbe ayere rilievo alcuno in proposito, poiché

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