Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9813 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 9813 Anno 2015
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA
sul ricorso 2903-2012 proposto da:
RAPACIOLI DONATELL,A(RPCDTL59H45D611B) elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ORTI DELLA FARNESINA 126, presso
lo studio dell’avvocato GIORGIO STELLA RICHTER, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO
CASTAGNETI giusta mandato speciale in calce al ricorso;
– ricorrente noncl2è contro
RAPACIOLI ETTORE, RAPACIOLI ROBERTO i deceduto e per
esso gli eredi CORI)
. ANI TERESINA & RAPACIOLI ROM1NA,
RAPACIOLI GABRIELLA, BAdCHETTA SANTINA;

9G1

Data pubblicazione: 13/05/2015

- intimati avverso la sentenza n. 17/2011 della CORTE D’APPET .T O di
BOLOGNA del 7/05/2010, depositata il 04/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

udito l’Avvocato Stella Richter Giorgio difensore della ricorrente che si
riporta al ricorso ed insiste per raccoglimento, deposita cartoline e
chiede per il collega Castagnetti distrazione delle spese.

Ric. 2012 n. 02903 sez. M2 – ud. 12-02-2015
-2-

12/02/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;

.. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Donatella Rapacioli, erede testamentaria del padre, Anselmo, domandava
innanzi al Tribunale di Piacenza che fosse accertata nei confronti di Ettore,
Vincenzo e Gabriella Rapacioli e Santina Bacchetta l’esatta individuazione

virtù di una scrittura privata del 1947. Proponeva, inoltre, due domande
accessorie, una di rendiconto, l’altra di messa a regime dello scolo delle acque
tra la sua proprietà e quella di Gabriella Rapacioli e di Santina Bacchetta.
I convenuti comproprietari si opponevano alla domanda eccependo la
carenza di legittimazione attiva di Donatella Rapacioli.
Respinta in primo grado, per non aver l’attrice documentato la sua qualità
di erede, la domanda era accolta dalla Corte d’appello di Bologna con
sentenza non definitiva del 15.4.2005, che dichiarata la legittimazione attiva
di Donatella Rapacioli, disponeva con separata ordinanza la nomina di un
c.t.u. per la predisposizione di un progetto divisionale sulla base della predetta
scrittura privata. Quindi, con sentenza definitiva n. 17 pubblicata il 4.1.2011
attribuiva a Donatella Rapacioli il lotto 3, respingeva le domande accessorie e,
compensate per metà le spese di lite, poneva la restante frazione e le spese di
c.t.u. per intero a carico dell’appellante. Tale regolamento delle spese era
giustificato dalla Corte bolognese in. considerazione del fatto che l’unico
motivo di gravame accolto concerneva un effetto che avrebbe potuto essere
conseguito per altra, più semplice e più breve via.
Per la cassazione di tale sentenza Donatella Rapacioli propone ricorso,
affidato ad un unico motivo.

3

catastale di alcuni beni immobili siti in Morfasso, già oggetto di divisione in

Ettore e Gabriella Rapacioli e Santina Bacchetta, nonché Roberto e
Armando Rapacioli, questi ultimi due eredi di Vincenzo Rapacioli, deceduto
nelle more del primo grado di giudizio, sono rimasti intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE

L’unico motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione

degli arti. 91, 92 e 97 c.p.c., “in riferimento all’art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c.”.
Sostiene parte ricorrente che la sentenza impugnata ha violato il principio, più
volte espresso dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nei giudizi di
divisione vanno poste a carico della massa le spese necessarie allo
svolgimento del giudizio nel comune interesse, mentre valgono i principi
generali sulla soccombenza per le spese che siano conseguenza di infondate o
inutili resistenze. Le quali ultime erano state poste in essere dalle parti
convenute, che avevano eccepito il difetto di legitimatio ad causam
dell’attrice.
Ugualmente illegittimo l’accollo del costo della consulenza tecnica
d’ufficio alla sola appellante, spese che, invece, avrebbero dovuto gravare pro
quota su tutti i condividenti.
2. – Il motivo, che consta di due censure connesse tra loro, è fondato
soltanto sotto quest’ultimo aspetto.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte, che nei
procedimenti di divisione giudiziale le spese occorrenti allo scioglimento
della comunione vanno poste a carico della massa, in quanto effettuate nel
comune interesse dei condividenti, trovando, invece, applicazione il principio
della soccombenza e la facoltà di disporre la compensazione soltanto con
riferimento alle spese che siano conseguite ad eccessive pretese o inutili
4

1.

resistenze alla divisione (v. fra le tante, Cass. nn. 22903/13, 3083/06, 7059/02
e 4080/86).
In particolare, il giudice di merito, nell’ambito di una pronuncia di
compensazione delle spese, adottata in un giudizio di divisione, può

condividenti pro quota, posto che, in ragione della finalità propria della
consulenza di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi che
comportino specifiche conoscenze, la prestazione dell’ausiliare deve ritenersi
resa nell’interesse generale della giustizia e, correlativamente, nell’interesse
comune delle parti (Cass. n. 22122/09).
Pertanto, ove ricorrano le anzi dette condizioni, il regolamento delle spese
ex artt. 91 e 92 c.p.c. coesiste con l’attribuzione alla massa delle spese
necessarie alle operazioni divisionali — paradigmatiche tra queste quelle
relative al compenso liquidato al c.t.u. — senza che l’una statuizione escluda
l’altra.
2.1. – Non dissimile il caso di specie, in cui la causa ha avuto un
andamento diverso da quello disciplinato dagli artt. 784 e ss. c.p.c.
Proposta sulla base di una divisione convenzionale già conchiusa dai danti
causa delle parti, essa è stata introdotta soltanto per l’esatta individuazione
catastale di cespiti attribuiti in via negoziale, il che ha richiesto la nomina di
un c.t.u. Anche nella fattispecie le spese per il compenso all’ausiliario del
giudice, sebbene funzionali alla formulazione di un giudizio dichiarativo reso
con sentenza che dirime una res dubia, scaturiscono da un accordo divisionale
e da esso ripetono la propria causa remota. Tale accordo non è
ontologicamente diverso da quello cui i condividenti pervengono, nell’ambito
5

legittimamente porre le spese di consulenza tecnica di ufficio a carico di tutti i

dell’ordinario processo di scioglimento della comunione cadenzato dalle fasi
di cui agli artt. 784 e ss. c.p.c., allorché, accordandosi sul progetto divisionale,
definiscono su base volontaria e non contenziosa lo scioglimento giudiziale
della comunione. Il fatto che tale accordo si sia formato a monte, prima del

quanto necessitate da una divisione essenzialmente volontaria.
A sostegno di tale conclusione milita la struttura c.d. aperta del
procedimento di cui agli artt. 784 c.p.e., nel quale convivono, come
pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema (cfr.
S.U. n. 2317/95 e successive conformi, nonché nn. 7708/90 e 3728/85),
aspetti contenziosi e/o volontari a seconda che in esso trovi ingresso o meno
una o più delle tre fasi cognitive incidentali previste dagli artt. 785 (sul diritto
alla divisione o sulle quote di comproprietà), 787, cpv. e 788, 2° comma (sulla
necessità di alienare cespiti mobiliari o immobiliari comuni) e 789, 3° comma
c.p.c. (sul progetto di divisione).
2.1.1. – Tanto chiarito, va ulteriormente osservato che nel caso in esame,
mentre la compensazione delle spese è stata correttamente motivata dalla
sentenza della Corte bolognese in base all’accoglimento della sola domanda
di accertamento. della divisione, essendo state respinte, invece, quelle
accessorie proposte da Donatella Rapacioli, erroneamente le spese della
consulenza tecnica disposta per individuare catastalmente i beni attribuiti sono
state poste per intero a carico di quest’ultima, invece che a carico alla massa
in quanto estranee all’ambito applicativo degli artt. 91 e 92 c.p.c.
3. – La sentenza impugnata va dunque cassata e, non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384, 2°
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giudizio, piuttosto che a valle, non muta la natura delle spese in oggetto, in

comma c.p.c. le spese di c.t.u. devono gravare sulla massa in proporzione
delle rispettive quote divisionali delle parti.
4. – Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in
dispositivo, seguono la soccombenza delle parti intimate in solido tra loro.

La Corte accoglie parzialmente il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
decidendo nel merito pone le spese di c.t.u. a carico della massa in
proporzione delle rispettive quote divisionali delle parti; condanna gli intimati
in solido tra loro alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in
£ 2.700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di
legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile —
2 della Corte Suprema di Cassazione, il 12.2.2015.

P. Q. M.

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