Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9812 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. I, 14/04/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 14/04/2021), n.9812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 13630/2019 proposto da:

M.W., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Adriano de Luna, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Ancona depositato il 19/3/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/1/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il tribunale di Ancona, con decreto del 19 marzo 2019, rigettava il ricorso proposto da M.W., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento della protezione internazionale.

Il collegio di merito, in particolare, preso atto dell’esito sfavorevole della domanda di protezione in precedenza presentata, riteneva che i nuovi elementi addotti dal migrante, consistenti nel diverso livello di integrazione raggiunto in Italia, non avessero rilievo decisivo.

Questa condizione, infatti, non consentiva il riconoscimento della protezione umanitaria, poichè il richiedente asilo avrebbe potuto godere di una vita dignitosa in caso di rimpatrio, senza alcuna compromissione dei propri diritti umani.

2. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso M.W. prospettando quattro motivi di doglianza.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

3. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 29 e 35-bis, nonchè dei principi e delle regole ermeneutiche previsti dall’art. 2 Cost., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32.

4. Il secondo mezzo assume la nullità della decisione impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, a causa dell’irriducibile contraddittorietà, dell’illogicità manifesta e comunque della carenza di motivazione delle ragioni addotte per giustificare il mancato riconoscimento di nuovi elementi all’interno della domanda di protezione.

5. Il terzo motivo di ricorso assume la nullità della sentenza impugnata a causa della violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto il tribunale ha compiuto una disamina della situazione esistente nel paese di origine offrendo una motivazione apparente, irriducibilmente contraddittoria, manifestamente illogica, perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

6. Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e alla direttiva procedure 2013/32/UE, per travisamento delle prove allegate dal ricorrente e dedotte ex officio a sostegno della richiesta di permesso umanitario nonchè dei principi e delle regole ermeneutiche previsti dagli artt. 2 e 10 Cost., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 257 del 2008, art. 32, comma 3.

7. Con ordinanza n. 28316/2020 le Sezioni Unite di questa Corte sono state investite della questione di massima di particolare importanza avente ad oggetto la configurabilità del diritto alla protezione umanitaria, nella vigenza del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ed in continuità con la collocazione nell’alveo dei diritti umani inviolabili ad essa attribuita dalla recente pronuncia n. 24159 del 2019, quando sia stato allegato ed accertato il “radicamento” effettivo del cittadino straniero, fondato su decisivi indici di stabilità lavorativa e relazionale, la cui radicale modificazione, mediante il rimpatrio, possa ritenersi idonea a determinare una situazione di vulnerabilità dovuta alla compromissione del diritto alla vita privata e/o familiare ex art. 8 CEDU, sulla base di un giudizio prognostico degli effetti dello “sradicamento” che incentri la valutazione comparativa sulla condizione raggiunta dal richiedente nel paese di accoglienza, con attenuazione del rilievo delle condizioni del paese di origine non eziologicamente ad essa ricollegabili.

Nel caso in esame il migrante ha rappresentato una situazione lavorativa risalente all’anno 2015, accompagnata anche dal reperimento di una dimora stabile e dall’ottenimento della residenza. Appare opportuno – a giudizio del collegio – rinviare a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite, al fine di verificare se la stessa possa avere un qualche riflesso sulla soluzione delle questioni poste dal richiedente asilo con il ricorso in esame.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

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