Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9809 del 23/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 9809 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CIANO Avv. Dorodea, rappresentata e difesa da se medesima e, in forza di procura a margine del ricorso,
dall’Avv. Giampiero Amorelli, elettivamente domiciliata
presso il proprio studio in Roma, via Rattazzi, n. 2/C;
– ricorrente –

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA e MINISTERO DELL’ECONOMIA E
DELLE FINANZE, in persona dei Ministri pro tempore;
– intimati e nei confronti di

j’oN /73

Data pubblicazione: 23/04/2013

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI
CASSAZIONE e UFFICIO DEL PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL
TRIBUNALE DI ROMA;
– intimati –

gno 2009.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza
pubblica del 21 marzo 2013 dal Consigliere relatore
Dott. Alberto Giusti;
udito l’Avv. Dorodea Ciano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Pierfelice Pratis, che
ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
l. –

L’Avv. Dorodea Ciano ha impugnato, ai sensi

dell’art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia), il decreto con il quale
il Tribunale di Roma le aveva liquidato i compensi spettanti per l’attività professionale prestata in favore di
Mario Zelli e Delfina D’Annunzio, ammessi al patrocinio
a spese dello Stato nell’ambito di un procedimento civile nel quale essi avevano assunto la veste di terzi
chiamati.

avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma in data 4 giu-

Il Tribunale ha parzialmente accolto l’opposizione
e ha liquidato l’importo di euro 4.120,52, oltre IVA e
CPA e spese generali.
In particolare, il Tribunale ha premesso che la di-

è stata pressoché identica, entrambi essendo stati citati in giudizio nella veste di terzi chiamati, sicché la
richiesta di liquidazione di una duplice parcella è inammissibile, dovendosi calcolare in via unitaria
l’attività professionale svolta.
Il Tribunale ha quindi liquidato i diritti in euro
1.879 in base alla tabella B della tariffa professionale
di cui al d.m. n. 127 del 2004, oltre ad euro 391 e 372
per i due procedimenti cautelari ex

art. 700 cod. proc.

civ. e ad euro 635,05 per il reclamo in corso di causa;
ha quantificato gli onorari nell’importo complessivo di
euro 4.920 (di cui euro 2.320 per il procedimento di merito, 1.600 per i due procedimenti cautelari ed euro
1.000 per il reclamo); ha ridotto della metà l’importo
dei diritti, degli onorari e delle spese, in applicazione dell’art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002; e nulla ha
liquidato per le spese del giudizio di opposizione.
2. – Per la cassazione di questa ordinanza l’Avv.
Ciano ha proposto ricorso, con atto notificato il 31 lu-

fesa svolta in favore dei patrocinati Zelli e D’Annunzio

glio 2009, sulla base di cinque motivi, illustrati con
memorie.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in
questa sede.

1. –

Preliminarmente, va dichiarato il difetto di

legittimazione passiva del Ministero dell’economia e
delle finanze, che non è parte del giudizio di opposizione nelle controversie relative alla liquidazione dei
compensi al difensore per l’opera professionale prestata
in favore di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, detta legittimazione spettando al Ministero
della giustizia (Cass., Sez. Un., 29 maggio 2012, n.
8516).
2. – Con il primo motivo (violazione e/o falsa applicazione sotto diversi e subordinati profili dell’art.
5, comma 4, della tariffa forense in materia giudiziale
civile di cui al d.m. n. 127 del 2004) si deduce che,
unitariamente considerando la posizione dello Zelli e
della D’Annunzio, malgrado la proposizione della domanda
riconvenzionale del primo abbia differenziato gli interessi fatti valere dai due, gli strumenti processuali di
realizzazione nonché quantità e qualità del lavoro svolto, il Tribunale abbia violato e falsamente applicato
l’art. 5, comma 4, della tariffa forense in materia ci-

Considerato in diritto

vile di cui al d.m. n. 127 del 2004; in via subordinata,
si prospetta che, non aumentando l’onorario unico del
20%, pur essendo due i rappresentati, il Tribunale ha
comunque violato il predetto art. 5, comma 4.

Risulta dalle stesse deduzioni della ricorrente:
che l’Avv. Ciano ha assistito Mario Zelli e
Delfina D’Annunzio nella loro qualità di
terzi chiamati dal Condominio di via degli
Effeti, n. 16, per rispondere di un preteso
rifiuto di consentire l’accesso al giardino
di loro proprietà per la rimozione di ponteggi installati ad uso del Condominio e per
risarcimento del danno;
che entrambi i terzi chiamati si sono difesi
in giudizio, resistendo alla pretesa avanzata nei loro confronti, e lo Zelli ha altresì
spiegato domanda riconvenzionale nei confronti del Condominio affinché questo venisse condannato alla rimozione dei ponteggi e
alla condanna al risarcimento del danno connesso alla protratta occupazione del giardino;
che nel procedere alla liquidazione il Tribunale ha preso in considerazione il valore

2.1. – Il motivo è infondato.

dichiarato nella comparsa di costituzione e
risposta con domanda riconvenzionale, depositata in cancelleria il 7 ottobre 2003, e
dunque il valore di euro 14.978,23, oltre

Tanto premesso, correttamente il Tribunale ha liquidato un’unica parcella in favore dell’Avv. Ciano,
considerando in via unitaria l’attività professionale
svolta in favore dei patrocinati. Il Tribunale, infatti,
nel determinare il valore della causa, ha tenuto conto
non solo della resistenza all’altrui domanda, ma anche
della riconvenzionale proposta da uno dei due terzi
chiamati; e, ai fini della valutazione della sussistenza
di una unitaria posizione processuale, ha, evidentemente, fatto sostanzialmente applicazione dei principi in
tema di continenza, considerando che la posizione processuale della D’Annunzio, di resistenza all’altrui domanda, si trovava ad essere compresa in quella, più ampia, dello Zelli, estrinsecatasi non solo nella richiesta di rigetto dell’altrui domanda, per le stesse ragioni contestualmente spiegate dalla consorte, ma anche
nella proposizione di una domanda riconvenzionale.
Questa valutazione del Tribunale resiste alla censura della ricorrente, posto che, in tema di determinazione del compenso spettante al difensore che abbia as-

accessori.

sistito una pluralità di parti, costituisce questione di
merito, la cui risoluzione è incensurabile in sede di
legittimità, ove, come nella specie, congruamente motivata, lo stabilire se l’opera defensionale sia stata u-

un medesimo disegno defensionale a vantaggio di più parti, o se la stessa abbia, invece, comportato la trattazione di questioni differenti, in relazione alla tutela
di non identiche posizioni giuridiche (Cass., Sez. III,
30 agosto 2004, n. 17363; Cass., Sez. III, l ° ottobre
2009, n. 21064).
Quanto, poi, alla mancata maggiorazione del venti
per cento dell’onorario per ogni parte oltre la prima,
va ribadito che la disposizione dell’art. 5, comma 4,
della tariffa professionale, approvata con d.m. 8 aprile
2004, n. 123, prevede una mera facoltà rientrante nel
potere discrezionale del giudice, il cui mancato esercizio non è denunziabile in sede di legittimità (Cass.,
Sez. I, 2 febbraio 2007, n. 2254; Cass., Sez. I, 21 luglio 2011, n. 16040). Nella specie, dal contesto della
motivazione si ricava che il giudice del merito ha escluso che l’Avv. Ciano abbia svolto un’attività professionale in qualche misura maggiore per il fatto di aver
dovuto difendere più parti.

nica, nel senso di trattazione di identiche questioni in

3.

– Con il secondo mezzo si censura violazione

dell’art. 5, comma 4, della tariffa sotto un ulteriore
profilo, per avere il Tribunale liquidato i diritti una
sola volta.

specificità, perché la ricorrente non spiega in che misura la liquidazione, da parte del giudice
dell’opposizione, dell’importo dei diritti nella cifra
complessiva di euro 3.277,05 abbia comportato una violazione del principio di inderogabilità della tariffa, né
precisa quali sono le singole voci di tabella dei diritti di procuratore alle quali si applicherebbe la richiesta duplicazione.
4. – Con il terzo motivo (omessa pronuncia e conseguente violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; violazione dell’art. 2, comma 2, del decreto-legge 4 luglio
2006, n. 223, convertito in legge, con modificazioni,
dalla legge 4 agosto 2006, n. 248; in subordine, illegittimità costituzionale dell’art. 130 del d.P.R. n. 115
del 2002, per violazione degli artt. 3, 24, secondo e
terzo comma, 36, primo comma, e 111, primo e secondo
comma, Cost.; illegittimità costituzionale degli artt.
82 e/o 130 del d.P.R. n. 115 del 2002 per violazione degli artt. 3, 24, secondo e terzo comma, e 36 Cost.; illegittimità costituzionale del combinato disposto degli

8

3.1. – La censura è inammissibile, per difetto di

artt. 82 e 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, per violazione degli artt. 3, 35, primo comma, 36, primo comma, 42,
terzo comma, 53, primo e secondo comma, Cost.) ci si
duole che il Tribunale abbia applicato la riduzione del-

senza considerare che questa disposizione sarebbe stata
implicitamente abrogata dall’art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006. In via subordinata, la ricorrente dubita della legittimità costituzionale della norma che prevede la dimidiazione dei compensi per le prestazioni professionali forensi rese a persona ammessa al
beneficio del patrocinio a spese dello Stato in materia
civile, in riferimento, tra l’altro, al diverso trattamento riservato alle prestazioni forensi in materia penale.
4.1. – La censura è infondata, sotto entrambi i
profili in cui è articolata.
4.1.1. – Va innanzitutto escluso che l’art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con
modificazioni, nella legge n. 248 del 2006, secondo il
quale «il giudice provvede alla liquidazione delle spese
di giudizio e dei compensi professionali, in caso di . .
• gratuito patrocinio, sulla base della tariffa professionale», abbia comportato un’abrogazione implicita
dell’art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, che stabilisce

9

la metà di cui all’art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002,

la riduzione alla metà degli importi spettanti al difensore in caso di patrocinio a spese dello Stato nel processo civile.
Infatti, l’indicazione della “tariffa professiona-

dei compensi spettanti al difensore di chi sia ammesso
al patrocinio a spese dello Stato non impedisce che tale
indicazione sia integrata da altre equiordinate disposizioni normative che, senza contraddirlo, modulino, in
funzione di specifiche esigenze, il predetto criterio
generale (Corte cost., ordinanza n. 270 del 2012).
4.1.2. – La questione di legittimità costituzionale, sollevata in via subordinata, è manifestamente infondata.
Ribadendo conclusioni alle quali era già pervenuta
con le ordinanze n. 350 del 2005 e n. 201 del 2006, la
Corte costituzionale, con la citata ordinanza n. 270 del
2012, ha dichiarato manifestamente infondata analoga
questione di costituzionalità dell’art. 130 del d.P.R.
n. 115 del 2002, sollevata in riferimento agli artt. 3,
24, secondo e terzo comma, 53, primo comma, 111, primo
coma, e 117, primo comma, Cost.
Le ragioni in base alle quali il giudice delle leggi ha respinto il dubbio di costituzionalità valgono an-

le” quale base di calcolo per la liquidazione giudiziale

che in relazione agli ulteriori parametri indicati dalla
ricorrente nel motivo di censura.
Né può essere accolta la richiesta, avanzata con la
seconda memoria illustrativa, di rimessione alla Corte

nale dell’art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002 per violazione della tutela della proprietà contenuta nell’art. l
del Protocollo l della CEDU, in riferimento all’art.
117, primo comma, Cost.
Invero, il denunciato criterio di determinazione
del compenso spettante al professionista che difende la
parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato in un
giudizio civile, con la previsione dell’abbattimento
nella misura della metà della somma risultante in base
alle tariffe professionali, non impone al professionista
un sacrificio tale da risolvere il ragionevole legame
tra l’onorario a lui spettante ed il relativo valore di
mercato, trattandosi, semplicemente, di una, parzialmente diversa, modalità di determinazione del compenso medesimo, tale da condurre ad un risultato sì economicamente inferiore a quello cui si sarebbe giunti applicando il criterio ordinario, e tuttavia ragionevolmente
proporzionato, e giustificato dalla considerazione
dell’interesse generale che il legislatore ha inteso
perseguire, nell’ambito di una disciplina, mirante ad

costituzionale del sospetto di illegittimità costituzio-

assicurare al non abbiente l’effettività del diritto di
difesa in ogni stato e grado del processo, nella quale
la liquidazione degli onorari professionali è suscettibile di restare a carico dell’erario.

di dovere applicare anche alle c.d. spese generali la
dimidiazione di cui all’art. 130 del d.P.R. n. 115 del
2002, il Tribunale abbia o meno violato e falsamente applicato l’art. 130 medesimo e l’art. 14 del d.m. n. 127
del 2004.
5.1. – Il motivo è infondato.
Ai sensi dell’art. 14 della tariffa professionale,
approvata con il d.m. 8 aprile 2004, n. 127,
all’avvocato è dovuto un rimborso forfettario delle spese generali in ragione del 12,50% sull’importo degli onorari e dei diritti ripetibile dal soccombente.
Poiché l’art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002 prevede che, in caso di ammissione al beneficio della difesa
a spese dello Stato del non abbiente in controversie in
materia civile, i compensi spettanti al difensore sono
ridotti della metà, il rimborso forfettario delle spese
generali, dovuto al professionista, va calcolato sulla
remunerazione a titolo di onorari e di diritti ridotti
della metà, e non sull’importo di questi prima della dimidiazione.

5. – Il quarto motivo pone il quesito se, ritenendo

6. – Con il quinto motivo la ricorrente censura la
mancata condanna delle controparti al rimborso delle
spese, delle competenze e degli onorari relativi al giudizio di opposizione al decreto di pagamento. Il quesito

pronunciare sulla domanda di rimborso delle spese, delle
competenze e degli onorari relativo al proposto giudizio
di opposizione a decreto di pagamento, il Tribunale abbia o meno violato gli artt. 91 e 92, primo e secondo
comma, cod. proc. civ.”.
6.1. – Il motivo è fondato.
Questa Corte (Sez. VI-2, 12 agosto 2011, n. 17247)
ha già statuito che il difensore di persona ammessa al
patrocinio a spese dello Stato che, ai sensi degli artt.
84 e 170 del d.P.R. n. 115 del 2002, proponga opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi, contestando l’entità delle somme liquidate, agisce in forza
di una propria autonoma legittimazione a tutela di un
diritto soggettivo patrimoniale; ne consegue che il diritto alla liquidazione degli onorari del procedimento
medesimo e l’eventuale obbligo del pagamento delle spese
sono regolati dalle disposizioni del codice di procedura
civile relative alla “responsabilità delle parti per le
spese” (artt. 91 e 92, primo e secondo comma, cod. proc.
civ.).

che accompagna la censura è “se, ritenendo di non dover

Ha pertanto errato l’ordinanza impugnata ad escludere che nel giudizio opposizione possa esservi spazio
per la liquidazione delle spese della procedura.
7. – L’ordinanza impugnata è cassata limitatamente

opposizione.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto, la causa può essere decisa nel merito.
Ferme le altre statuizioni contenute nell’ordinanza
del Tribunale di Roma, il Ministero della giustizia deve
essere condannato al pagamento della metà delle spese
del giudizio di opposizione (sussistendo giustificati
motivi, dato il solo parziale accoglimento, per la compensazione della restante parte), spese che si liquidano, nell’intero, in euro 600, di cui euro 300 per onorari, euro 250 per diritti ed euro 50 per esborsi, oltre a
spese generali e ad accessori di legge.
8. – Sussistono giustificati motivi per l’integrale
compensazione tra le parti delle spese del giudizio di
cassazione, essendo il ricorso, in gran parte infondato,
accolto solo in minima parte.
I giustificati motivi di compensazione sussistono
anche nei confronti del Ministero dell’economia e delle
finanze, privo di legittimazione passiva, essendo il ricorso per cassazione anteriore alla richiamata pronuncia

al capo relative alle spese processuali del giudizio di

delle Sezioni Unite che ha risolto il contrasto di giurisprudenza al riguardo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il difetto di legittimazione pas-

ta i primi quattro motivi di ricorso,
to;

cassa

accoglie il quin-

l’ordinanza impugnata limitatamente al capo

relativo alle spese processuali del giudizio di opposizione e,

decidendo nel merito,

zioni dell’ordinanza impugnata,

ferme

le altre statui-

condanna

il Ministero

della giustizia al rimborso di 1/2 di dette spese, compensata la restante parte, spese che

liquida,

nell’intero, in complessivi euro 600 (di cui euro 300
per onorari, euro 250 per diritti ed euro 50 per esborsi), oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione,
il 21 marzo 2013.

siva del Ministero dell’economia e delle finanze; riget-

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA