Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9805 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 9805 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA

sul ricorso 14477-2009 proposto da:
TRAMBUS S.P.A. C.F.

06342621007, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 23/A, presso lo
studio degli avvocati MATTIA PERSIANI, GIAMPIERO
PROIA che la rappresentano e difendono, giusta delega
2015

in atti;
– ricorrente –

737

contro

ROMAGNOLI

RICCARDO

C.F

RMGRCC61A04H501Q,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L. SETTEMBRINI

t

Data pubblicazione: 13/05/2015

30,

presso lo studio dell’avvocato NICOLA RAGO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
VINCENZO IOFFREDI, giusta delega in atti;
– controricorrente
7579/2007

D’APPELLO di ROMA, depositata

della CORTE

il 13/06/2008

R.G.N.

9487/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

17/02/2015

dal Consigliere Dott. ENRICA

D’ANTONIO;
udito l’Avvocato PETRASSI MAURO per delega PROIA
GIAMPIERO;
udito l’Avvocato RAGO RAFFAELLA per delega IOFFREDI
VINCENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’accoglimento del quarto motivo del ricorso.

avverso la sentenza n.

R.G 14477/2009

Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma di
rigetto dell’opposizione proposta da Trambus avverso il decreto ingiuntivo
richiesto ed ottenuto da Riccardo Romagnoli , dipendente dell’azienda come
autista, per il pagamento dell’indennità sostitutiva per i giorni di ferie non
usufruiti fino al 2000.
La Corte d’appello ha affermato che il lavoratore aveva provato la mancata

tabulato Inail ( tabulato presenze ) . Ha rilevato che non poteva ritenersi provata
l’esistenza dell’uso aziendale, e della sua accettazione da parte dei lavoratori,di
riportare i congedi non fruiti entro l’anno di maturazione al successivo e così via,
fino a giungere alla liquidazione della indennità per i residui congedi non goduti
alla cessazione del rapporto ; che anzi era stata prodotta una richiesta avanzata da
numerosi lavoratori alla datrice di lavoro diretta ad ottenere il godimento delle
ferie ; che, inoltre, l’ordine di servizio del 30/5/91 prevedeva la fruizione delle
ferie entro il 31/12 di ciascun anno ; che dall’accordo aziendale del 6/4/01 si
ricava l’esistenza di un notevole contenzioso sul punto della fruizione delle ferie e
che, comunque, detto uso non avrebbe comportato l’attribuzione generalizzata di
un trattamento più favorevole rispetto a quello previsto dalla legge o dalla
contrattazione collettiva perché tale non poteva considerarsi una prassi in base alla
quale i lavoratori non avrebbero potuto fruire delle ferie a loro spettanti senza
neppure ricevere la relativa retribuzione.
La Corte territoriale ha poi ritenuto infondata la tesi dell’azienda secondo cui il
lavoratore avrebbe incluso nella richiesta un periodo di 4 giornate annue di
permesso retribuito previste dall’accordo aziendale del 7/3/69 divenuto illecito a
seguito dell’entrata in vigore della legge n 54 del 1977, in quanto, secondo la
Corte, la nullità avrebbe potuto riguardare unicamente i permessi giornalieri.
Infine la Corte ha rilevato che la contestazione dei conteggi era del tutto generica
ed era infondata l’eccezione di prescrizione stante l’interruzione per effetto della
ricognizione di debito contenuta nel tabulato Inail .
Ricorre Trambus con sei motivi ulteriormente illustrati con memoria ex art 378
cpc in cui dà atto dell’avvenuta incorporazione in Atac. Resiste il lavoratore con

fruizione dei giorni di congedo indicati nel ricorso per ingiunzione sulla base del

controricorso e poi memoria ex art 378 cpc . Il Collegio ha autorizzato la
motivazione semplificata.
Motivi della decisione
1)Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 112
c.p.c. (art. 360, n.4 c.p.c.). Si assume che l’impugnata sentenza, a fronte di un
“petitum” con il quale era stato chiesto il pagamento esclusivamente dell’indennità
“per ferie non godute”, aveva riconosciuto al lavoratore il pagamento di
un’indennità riferita non già ai giorni di ferie non godute, bensì ai “congedi” non

2) Con il secondo motivo viene denunciata omessa , insufficiente o
contraddittoria motivazione ( art. 360 a 5 c.p.c) avendo la Corte territoriale
affermato il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva per i
congedi non goduti senza motivare ed illustrare le ragioni per le quali anche ai
congedi diversi dalle ferie, nonostante avessero diversa natura, funzione e
disciplina, dovevano essere applicati gli stessi principi e le stesse disposizioni
previste in caso di mancato godimento delle ferie.
3)Con il terzo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione degli
artt. 2109 c.c., dell’art 22 all A) al RD n 148/1931 e 36 Cost . Rileva che
effettivamente in caso di ferie non fruite spettava l’indennità sostitutiva ma tale
principio non era applicabile alle altre tipologie di riposi per i quali non era
previsto un diritto inderogabile alla loro fruizione entro l’anno, né una loro
monetizzazione entro l’anno successivo.
I tre motivi, congiuntamente esaminati in quanto connessi , sono infondati.
La questione è stata già ampiamente esaminata da questa Corte in numerose e
recenti sentenze cui questo Collegio intende dare continuità ( cfr Cass . n
17689/2014 , 17688/2014, 17687/2014 ed altre ; contra Cass. 2461/2011 ma con
riguardo alla mancata puntuale indicazione e prova del numero dei giorni di ferie
spettanti da parte del lavoratore).
Come si evince dalla sentenza impugnata il lavoratore aveva chiesto il pagamento
dell’indennità sostitutiva per le ferie non usufruite nonché per gli altri permessi a
vario titolo dovuti e non goduti , cumulativamente considerati e risultanti dal
tabulato presenze dell’Inail, allegato al ricorso per decreto ingiuntivo , sul
presupposto dell’insussistenza di una disciplina differenziata tra le ferie e gli altri

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fruiti, finendo con il confondere l’istituto dei congedi con quello delle ferie.

congedi in quanto per entrambi sussisteva il diritto alla monetizzazione in caso di
mancato godimento .
L’ Atac , dopo aver riconosciuto che i congedi concessi al lavoratore erano
costituiti oltre che dalle ferie da riposi e permessi aggiuntivi costituenti un
complesso unitario più favorevole per i lavoratori , formula censure alla sentenza
impugnata sul rilievo della mancata valutazione della diversa normativa delle
ferie da quella dei “riposi” a titolo diverso dalle ferie, senza però indicare
l’esistenza a livello aziendale ( salvo quanto si dirà nel prosieguo circa l’esistenza

natura complessivamente ricompresi di fatto nella disciplina unitaria dei congedi.
La ricorrente, dunque, sottolinea la diversa fonte istitutiva e regolatrice di tali
congedi aggiuntivi ma poi non evidenzia se tale diversa normativa fosse di
ostacolo al riconoscimento del diritto dei lavoratori ad una monetizzazione dei
vari congedi riconosciuti dalle fonti contrattuali in caso di mancata fruizione
Ne consegue che correttamente la Corte di merito, interpretata la domanda del
lavoratore di pagamento dell’indennità sostitutiva riferita ai congedi non goduti,
termine da intendersi in senso ampio comprensivo tanto delle ferie che degli altri
permessi come risultante dal tabulato Inail , ha considerato unitariamente le ferie
e gli altri giorni di permesso senza svolgere alcun indagine specifica sulla
diversa natura dei crediti azionati al fine di scorporare le giornate di permesso e
congedo non godute dalle ferie riconoscendo anche per i primi ,pur previsti da
specifiche e diverse norme contrattuali, il diritto a percepire l’indennità
sostitutiva, in caso di mancata fruizione, al pari delle ferie ordinarie.
4) Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione
degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. ( art. 360 n. 3 c.p.c.).
Si assume che nel caso “de quo”, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di
merito, il lavoratore non aveva fornito la prova della mancata fruizione delle ferie
Ed infatti i cedolini INAIL, ritenuti nella impugnata sentenza idonei a dimostrare
la mancata fruizione dei congedi, tale efficacia probatoria non avrebbero perché:
a) la loro funzione tipizzata dalla legge, riguarda soltanto l’adempimento degli
obblighi antinfortunistici; b) il legislatore non ha previsto affatto che in essi vi
debba essere anche l’indicazione delle ferie, dei riposi e dei congedi da fruire; c)
essi recano solo la generica ed indistinta indicazione dei giorni di “congedo”
ancora spettanti al lavoratore e, dunque, non possono valere a dimostrare il diritto

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di un uso aziendale) di una disciplina differenziata tra ferie e congedi di diversa

all’indennità per ferie non godute” richiesta, comprendendo tra i “congedi” residui
esclusivamente quelli spettanti ad un titolo diverso dalle ferie; d) l’azienda aveva
provato documentalmente di aver fatto godere al dipendente, negli anni dal 1994
al 2000 ,mediamente, un numero di giorni di riposo superiore a 25.
Il motivo è inammissibile in quanto seppur prospettato come violazione di norme
di diritto, nella sostanza, finisce con il censurare unicamente la valutazione
compiuta dai giudici di merito delle risultanze di causa e sollecita una richiesta di
controllo sulla motivazione che si risolverebbe in una inammissibile duplicazione

9908/2010, Cass. 27162/2009, Cass. 13157/2009, Cass. 6694/2009, Cass.
18885/2008, Cass. 6064/2008). In effetti la Corte di appello ha ritenuto provato
l’assunto del lavoratore sulla scorta dei cedolini INAIL evidenziando che non vi
era ragione di ritenere non veritieri i dati numerici in essi indicati proprio in
considerazione della non differenziazione tra congedi, permessi e ferie esistente in
azienda.
È appena il caso di notare che nel motivo si contesta la efficacia probatoria dei
detti cedolini solo in modo generico e, poi, si afferma che il legislatore avrebbe
indicato specificamente il loro contenuto nel D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 20 e ss.
ed al D.P.R. n. 359 del 1994, art. 2, laddove, invece, in tali norme non è detto
alcunché circa il contenuto dei menzionati cedolini.
5) Con il quinto motivo viene lamentata omessa motivazione circa un
fatto decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.) laddove l’impugnata sentenza
aveva erroneamente escluso l’esistenza dell’uso aziendale di riportare i riposi
eventualmente non goduti nella disponibilità dell’anno successivo e di
monetizzarli, ove non fruiti nemmeno in seguito, alla cessazione del rapporto. Si
censura, altresì, l’ulteriore argomentazione, utilizzata dalle Corte di merito sul
punto, secondo cui la prassi invocata dalla società non poteva considerarsi
migliorativa rispetto alla disciplina prevista in materia dalla legge e dalla
contrattazione collettiva.
Osserva il Collegio che il motivo è inammissibile perché sollecita una diversa
valutazione del merito della controversia prospettando una diversa valutazione del
materiale probatorio in atti. La Corte di appello – premesso che la sussistenza di
un uso aziendale era stata tempestivamente contestata dalla difesa del lavoratore
sin dalla memoria di costituzione in primo grado – ha, infatti, analiticamente

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del giudizio di merito (cfr. Cass. n. 6288 del 18/03/2011; Cass. 10657/2010, Cass.

illustrato le ragioni per le quali non poteva ritenersi dimostrata l’esistenza di detto
uso aziendale. In particolare, ha evidenziato che con ordine di servizio del
30/5/91 era prevista la fruizione delle ferie entro il 31/12 di ciascun anno ;

che la produzione in giudizio di una richiesta avanzata all’azienda da numerosi
lavoratori diretta ad ottenere il godimento delle ferie escludeva una accettazione
di una prassi quale quella indicata dalla ricorrente; che l’uso aziendale era escluso
anche dall’esistenza di un notevole contenzioso tra le parti (di cui si dà atto
nell’accordo aziendale del 6 aprile 2001), proprio riferito alla fruizione delle ferie.

dedotta la violazione e falsa applicazione della legge n. 54 del 1977 e dell’art. 1
del D.P.R n. 792 del 1985 nonché degli artt. 1418 e 1362 e ss c.c. in relazione agli
accordi sindacali del 16 marzo 1963 e del 7 marzo 1969 ed agli accordi
interconfederali del 27 luglio 1969 e del 14 novembre 1978 per non avere la
Corte di appello considerato che al lavoratore non spettavano: a) le quattro
giornate annue di permessi previste dagli accordi del 16 marzo 1963 e del 7 marzo
1969 , sottoscritti durante la vigenza della legge n. 260 del 1949, perché in
contrasto con la disciplina inderogabile introdotta dalla legge n. 54 del 1977 per
la quale “le solennità civili previste dalla legge 27 maggio 1949, n. 260 e dalla
legge 4 marzo 1958 , n. 132, non determinano riduzione dell’orario di lavoro
negli uffici pubblici” ; b) almeno due delle cinque giornate di permessi previsti
dagli accordi interconfederali sulla scorta del nuovo regime delle festività (civili
e religiose) di cui alla 1. n. 54/1977 non avevano alcuna giustificazione a seguito
del DPR 792 del 1985 che aveva ripristinato le festività dell’Epifania e del giorno
dei SS. Pietro e Paolo per il comune di Roma.
Il motivo è infondato . Anche su tale punto va richiamato quanto già espresso da
questa Corte nelle sentenze citate . Deve rilevarsi a riguardo che l’ accordo
de11963 prevedeva una riduzione di due ore dell’orario di lavoro per le giornate
considerate solennità civili e per le altre giornate semifestive . L’accordo del 1969
stabilì che tali riduzioni di orario nelle giornate semifestive fossero sostituite con
la previsione di 4 giornate annue di permesso retribuito.
L’Atac ritiene nulli detti accordi perchè in contrasto con la sopravvenuta legge n
54 del 1977 , prevedendo la conversione della riduzione di orario, vietata dalla
nuova norma, in permessi retribuiti . Ritiene altresì che anche l’accordo
interconfederale del 27 luglio 1978 , come l’accordo del 1969, era nullo per

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6) Con il sesto motivo ( erroneamente numerato come settimo) viene

contrasto con la L. n 54 del 1977 prevedendo due giornate aggiuntive a
compensazione ( oltre che delle festività nazionali e religiose ) delle solennità
civili soppresse violando ,cioè il divieto di consentire riduzioni dell’orario.
Ritiene il Collegio che la “ratio” della L. n. 54 del 1977 era quella di garantire la
continuità del servizio impedendo ai lavoratori degli uffici pubblici di entrare
dopo o uscire prima dell’orario normale .Ne consegue che la nullità non potrebbe
riguardare i permessi giornalieri e che, usufruiti nelle giornate consentite dal
datore di lavoro, non pregiudicano la continuità del sevizio per l’intero orario

Del pari è infondata l’eccezione secondo cui due delle cinque giornate annue di
permesso a compensazione delle festività soppresse erano divenute indebite
stante il ripristino dell’Epifania e della festività di SS Pietro e Paolo in base al dpr
n 792 del 1985 e dunque essendo venuto meno il presupposto obiettivo ed
essenziale in base al quale erano previste delle giornate di ferie aggiuntive.
Questa Corte nelle sentenze citate ha affermato che l’entrata in vigore della L. n.
54 del 1977 – la cui “ratio” era quella di garantire la continuità del servizio
impedendo ai lavoratori degli uffici pubblici di entrare dopo o uscire prima
dell’orario normale – non aveva comportato automaticamente la illegittimità dei
riposi sostitutivi delle festività soppresse; che la compensazione di festività
soppresse non costituiva, inoltre, causa o, comunque, presupposto essenziale
della concessione dei riposi aggiuntivi come dimostrato dal fatto che l’azienda
aveva continuato negli anni a computare i congedi in questione ed a riconoscerli ai
lavoratori e che questa Corte aveva avuto modo di precisare che”la L. 5 marzo
1977, n. 54, art. 1 (il quale ha disposto, al comma 1, che cessano di essere
considerati festivi agli effetti civili i giorni delle cinque festività religiose ivi
indicate, e, al comma 2, che cessano di essere considerati festivi i giorni 2 giugno
e 4 novembre) ha un’efficacia abrogativa generale, nel senso della pura ,e
semplice soppressione di dette festività, comprese quelle civili succitate, essendo
in contrario irrilevante che di queste la stessa norma abbia conservato (ma,
rispettivamente alla prima domenica di giugno e di novembre) la celebrazione;
pertanto, la disciplina economico- retributiva dei due giorni predetti è (anch’essa)
riservata alla contrattazione collettiva, da interpretare nel rispetto dei canoni
ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e segg. cod. civ.. (Cass. n. 17724 del
29/08/2011; Cass. n. 7212 dein/06/1992).

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giornaliero

Risulta, pertanto, del tutto infondato l’assunto posto a base del motivo secondo
cui l’entrata in vigore della L. n. 54 del 1977 avrebbe comportato automaticamente
la nullità dell’accordo aziendale del 7 marzo 1969 così come la reintroduzione di
due delle festività soppresse da parte del D.P.R. n. 792 del 1985 avrebbe fatto
venir meno il presupposto del riconoscimento di due (dei cinque) giorni di
permesso previsti dagli accordi interconfederali del 27 luglio 1969 e del 14
novembre 1978.
Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato .

PQM
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in
€ 100,00 per esborsi ed €3.000,00 per compensi professionali oltre 15% per spese
generali ed accessori di legge .
Roma 17/2/2015

Le spese processuali seguono la soccombenza.

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