Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9803 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. I, 14/04/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 14/04/2021), n.9803

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12469/2019 proposto da:

Z.M.H., elettivamente domiciliato in Roma Via

Labicana 45, presso lo studio dell’avvocato D’uffizi Alessandro, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cortesini Sara;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, (OMISSIS);

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositato il 20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/01/2021 da Dott. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Bari, il quale ha respinto l’opposizione al diniego di riconoscimento della protezione internazionale della competente commissione territoriale;

– che non svolge difese il Ministero l’intimato.

Diritto

CONSIDERATO

– che “preliminarmente” il ricorrente sollecita di sollevare la questione di legittimità costituzionale per la soppressione del grado di appello;

– che i motivi deducono:

1) violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, non avendo la corte del merito considerato che è mancata la traduzione in lingua (OMISSIS), essendovi solo quelle in inglese e francese della seconda, della decisione della commissione territoriale e della notificazione della questura;

2) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e segg., ed omesso esame, per non avere il tribunale esercitato il potere di raccogliere prove d’ufficio, sebbene il richiedente avesse esposto compiutamente le ragioni che fondano il suo diritto al rifugio politico;

3) violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, perchè la situazione del Senegal lo rende titolare del diritto alla protezione sussidiaria;

4) violazione dell’art. 32 cit., oltre ad omesso esame, perchè egli ha diritto ad avere una vita dignitosa e quindi alla protezione umanitaria, essendovi instabilità politica nel paese di origine;

– che il giudice del merito ha ritenuto il richiedente non credibile ed ha comunque proceduto ad approfondire la situazione del paese di origine sulla base di documentazione aggiornata, escludendo ogni pericolo per il richiedente medesimo, nonchè ogni situazione di vulnerabilità anche astrattamente riconducibile nella fattispecie normativa: infatti, ha osservato che egli, contadino a bassa scolarizzazione proveniente dal Senegal, ha solo genericamente narrato di esserne fuggito a causa elle minacce dello zio, che voleva ucciderlo, in quanto lo sfruttava sul lavoro; e che, passato per vari paesi e per la Libia, è poi giunto in Italia; ha altresì rilevato il giudice del merito che il racconto è ampiamente inattendibile, che nessun particolare delle minacce è mai stato fornito, che la situazione del Senegal emerge dai rapporti internazionali e non integra i presupposti D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c); ha rilevato, infine, come il richiedente abbia solo prodotto un certificato di frequentazione di corso per operatore nella moda, inidoneo a palesare il diritto alla protezione umanitaria;

– che la questione di legittimità costituzionale è già stata da tempo delibata da questa Corte, nel senso che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui dispone che il procedimento volto al riconoscimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile, in riferimento agli art. 3,24 e 111 Cost. (Cass. 13 dicembre 2018, n. 32321);

– che, per il resto, tutti i motivi sono inammissibili;

– che il primo motivo è invero inammissibile, in quanto non censura validamente la decisione impugnata, la quale ha ritenuto insussistente l’interesse ad agire per far valere vizi formali, dovendosi comunque delibare nel merito la questione: e tale ratio resta idonea, quindi, a sorreggere la decisione, in quando, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso si potrebbe produrre l’annullamento della statuizione (e multis, Cass. 18 aprile 2017, n. 9752; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108);

– che, quanto ai rimanenti motivi, da un lato la sentenza impugnata ha compiutamente esaminato la situazione fattuale, dall’altro il ricorrente non fa che riproporre unicamente un giudizio sul fatto, onde il ricorso si palesa inammissibile, in quanto si chiede di ripetere attività preclusa in virtù della funzione di legittimità;

– che, ancor più radicalmente, il provvedimento impugnato non ha ritenuto il ricorrente credibile: al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass., ord. 30 ottobre 2018, n. 27503) e che “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; v. pure Cass., ord. 5 febbraio 2019, n. 3340);

– che non occorre provvedere sulle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

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