Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9801 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. I, 14/04/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 14/04/2021), n.9801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 7581/2019 r.g. proposto da:

S.A., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Paola

Turarolo, e dall’Avv. Luca Milani, elettivamente domiciliato in

Genova, Via Luccoli n. 30, presso lo studio dell’Avvocato Turarolo.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Torino, depositato in data

18.1.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Torino ha respinto la domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da S.A., cittadino del (OMISSIS), dopo il diniego di tutela da parte della locale commissione territoriale, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il tribunale ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha narrato:

i) di essere nato il (OMISSIS); di essere stato costretto a fuggire dal Senegal, per una lite familiare, perchè sarebbe stato cacciato di casa dal padre violento che aveva causato la morte anche della madre.

Il tribunale ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, perchè, anche volendo credere al racconto del richiedente, non ricorrevano i presupposti applicativi della richiesta tutela internazionale e perchè inoltre neanche ricorreva il presupposto dell’attualità del pericolo denunciato, considerato che il padre (il quale rappresentava la fonte del pericolo denunciato) era comunque morto; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al Senegal, stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato, e perchè il richiedente non aveva allegato alcuna situazione di rischio collegata alla sua situazione personale; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, perchè il ricorrente non aveva dimostrato una condizione di soggettiva vulnerabilità e perchè infine in Senegal non si assisteva ad una violazione dei diritti civili dei cittadini.

2. Il decreto, pubblicato il 18.1.2019, è stato impugnato da S.A. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, in relazione al diniego di sua audizione.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in riferimento al diniego della richiesta protezione umanitaria.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 4 e 32, ed omesso esame di un motivo di ricorso. Si evidenzia che il provvedimento impugnato non aveva risposto alla doglianza proposta in merito alla denunciata sottoscrizione del decreto emesso dalla commissione territoriale solo dal Presidente, senza alcuna indicazione in ordine alla composizione della commissione stessa.

4. Il ricorso è infondato.

4.1 Il primo motivo è, in parte, infondato e, in altra parte, inammissibile.

4.1.1 Sotto il primo profilo ed in relazione alla questione dell’audizione del richiedente, giova ricordare che, secondo un orientamento espresso recentemente da questa Corte (cui anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa, condividendone le ragioni), in riferimento alla mancata audizione del richiedente in sede giurisdizionale in caso di procedimento D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Sez. 1, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020; in senso conforme, anche Sez. 1, Sentenza n. 22049 del 13/10/2020, secondo cui verbatim “il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; in particolare il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza”).

4.1.2 Ciò posto, è evidente che la doglianza articolata dal ricorrente sul punto qui in discussione risulta, in primis, infondata perchè – secondo i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata (e qui confermata), non esiste un obbligo del giudice ad audire il richiedente – e, in secondo luogo, inammissibile perchè le censure articolate dal ricorrente si presentano comunque formulate in modo del tutto generico e dunque irricevibile, non avendo il richiedente spiegato e specificato, nel presente ricorso per cassazione, i fatti a suo tempo dedotti a fondamento dell’istanza di audizione avanzata innanzi ai giudici del merito e non avendo neanche dedotto la rilevanza ed utilità del predetto mezzo istruttorio, considerato che il tribunale aveva, peraltro, espresso un giudizio di credibilità del racconto.

4.2 Il secondo motivo è invece inammissibile.

La censura si compone solo di generiche valutazioni di merito sui presupposti applicativi dell’invocata protezione umanitaria, senza che la doglianza censuri le rationes decidendi poste alla base del diniego della relativa tutela protettiva, e cioè, da un lato, la mancata dimostrazione di una condizione di vulnerabilità e, dall’altro, l’insussistenza di una condizione di precarietà ed insicurezza del Senegal.

Si evidenzia inoltre da parte del ricorrente la contraddittorietà del provvedimento impugnato tra la necessità di compiere una valutazione in concreto circa l’inserimento nel territorio nazionale e la mancata audizione personale del ricorrente. Ed invero, la censura è anch’essa inammissibile, posto che, per un verso, la valutazione di non credibilità attinge il profilo delle condizioni interne del Senegal e, per altro verso, il ricorrente neanche si duole del mancato approfondimento istruttorio da parte dei giudici del merito delle predette condizioni, come violazione del disposto normativo di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

4.3 Il terzo motivo è infondato.

Occorre chiarire che,,secondo il costante insegnamento di questa Corte, in tema di immigrazione, la nullità del provvedimento amministrativo di diniego della protezione internazionale, reso dalla Commissione territoriale, non ha autonoma rilevanza nel giudizio introdotto mediante ricorso al tribunale avverso il predetto provvedimento poichè tale procedimento ha ad oggetto il diritto soggettivo del ricorrente alla protezione invocata, e deve pervenire alla decisione nel merito circa la spettanza, o meno, del diritto stesso non potendo limitarsi al mero annullamento del diniego amministrativo (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 17318 del 27/06/2019; Sez. 6-1, Ordinanza n. 20492 del 29/09/2020). Ne consegue che oggetto del giudizio introdotto non è tanto il provvedimento negativo della Commissione territoriale quanto, piuttosto, l’accertamento del diritto soggettivo del richiedente alla protezione invocata.

I vizi del procedimento amministrativo – così come riportati dal ricorrente nel motivo qui in esame – non rilevano.

Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

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