Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9801 del 04/05/2011

Cassazione civile sez. II, 04/05/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 04/05/2011), n.9801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COND (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore e Amministratore R.M.

C.F. (OMISSIS) elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FARNESE 19,

presso lo studio dell’avvocato PUGLIESE ANDREA, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

e contro

B.F. (OMISSIS);

– intimati –

e sul ricorso n. 15027 del 2005 proposto da:

B.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA VALLISNERI 11, presso lo studio dell’avvocato PACIFICI

PAOLO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente incidentale –

e contro

COND (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2396/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/04/2011 dal Consigliere Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;

udito l’Avvocato CARNEVALI Riccardo, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato PUGLIESE Andrea, difensore del ricorrente che si

riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per rigetto dei ricorso principale ed

assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 12 aprile 1995 B.F. proponeva opposizione contro il decreto ingiuntivo in data 26 febbraio 1995 con il quale il Presidente del Tribunale di Roma gli aveva intimato il pagamento della somma di L. 7.628.462 in favore del condominio (OMISSIS) di via (OMISSIS), del quale faceva parte.

A fondamento della opposizione B.F. deduceva di non essere tenuto al pagamento della quota per il rifacimento della caldaia dell’impianto centralizzato di riscaldamento.

Con sentenza in data n. 8956 del 2001, accoglieva solo parzialmente l’opposizione, nel senso che riduceva l’importo di cui al decreto ingiuntivo.

B.F. proponeva appello, che veniva accolto dalla corte di appello di Roma, con sentenza in data 20 maggio 2004, in base alla seguente motivazione:

… deve considerarsi provato che la funzionalità di detto impianto da anni era oggetto di lamentele e proteste da parte dei condomini della palazzina (OMISSIS) (che insieme con altre due palazzine costituisce l’intestato Condominio) per insufficienti erogazioni di calore e di acqua calda cagionate da dispersione di calore per la notevole distanza tra l’impianto e le abitazioni oltrechè per lo stato di estremo degrado dell’impianto… Tale era la situazione di fatto all’epoca dell’assemblea condominale dell’08-05-92…

L’appellante nel corso di tale assemblea sollevò una serie di obiezioni, con dichiarazioni scritte a verbale, delle quali il passo più rilevante è rappresentato dalla presa d’alto che l’impianto centralizzato, completamente esaurito per vetustà era da disattivare immediatamente e che la comunione sullo stesso doveva considerarsi dissolta e non più operante anche per ragioni di forza maggiore dichiarando egli di rinunciare a partecipare all’eventuale realizzazione di un impianto centralizzato ex novo che comunque avrebbe potuto essere agevolmente dimensionato in proporzione al numero dei condomini aderenti a detta nuova realizzazione. Contro tale dichiarazione non venne sollevata da alcuno la minima obiezione.

A seguito della rinuncia l’appellante installò nella propria abitazione un impianto autonomo unifamiliare… L’assemblea approvò il preventivo “per la sostituzione della caldaia” dando corso ai lavori di installazione di tre caldaie in luogo dell’unica precedente…

Al contrario di quanto vantalo dal Condominio e ritenuto dal Tribunale nella specie non si è trattalo di mera sostituzione della caldaia ma di rifacimento ex novo della centrale termica non più funzionante o comunque del tutto insufficiente per vetustà.

…. (il condominio) presentò il progetto e la relazione di modifica della centrale termica, già eseguita, ai VVFF che lo respinsero in data 06-02-95. Si tratta della richiesta del Certificato Prevenzione incendi (in gergo tecnico NOP, nulla osta provvisorio), che va richiesto ai sensi della L. n. 615 del 1966, art. 9 per tutti gli impianti superiori alle 30.000 kcal/h. essendo la mancata richiesta in caso di installazione, trasformazione o ampliamento di impianto termico sanzionata penalmente al pari dell’omissione della denuncia delle opere entro 15 giorni dall’esecuzione ai fini del collaudo, (ria di per sè solo, quindi, la delibera condominiale dell’08-05-92 e le successive, al di là di ogni qualificazione giuridica, ebbe oggetto illecito perchè in contrasto con le dette norme imperative.

Da qui …la perfetta, legittimità della rinuncia dell’appellante alla cosa comune, al di là e indipendentemente dall’inesistenza di essa e ancora e al contrario l’illegittimità di ogni richiesta del Condominio di contribuzione pro quota sia alle spese necessarie all’installazione della nuova centrale termica sia a quelle necessarie per la manutenzione dì essa sia. ancor più, a quelle relative al pagamento di ogni onere riguardante il riscaldamento. A tale conclusione non vale minimamente obiettare che in seguito (ma soltanto nel 1998) il Condominio ottenne il parere favorevole in quanto tale fatto è irrilevante sia perchè è alla situazione cristallizzata all’epoca del compimento delle opere che occorre fare riferimento essendo già intervenuta la legittima rinunzia sia perchè, all’evidenza i VVFF approvarono nel 1998 un progetto evidentemente nuovo e diverso da quello precedentemente presentato (come chiaramente dimostrato dalla relativa certificazione).

L’illegittimità di ogni richiesta del Condominio è peraltro, aliunde provata dal fatto sopra accennato, che la ricostruzione della centrale termica è successiva alla realizzazione dell’impianto autonomo da parte dell’appellante non ponendosi così alcun problema di “distacco ” avendo dovuto il (Condominio tenere conto del fatto che l’appartamento dell’appellante non era da riscaldare, con la conseguenza… dell’applicazione del criterio di cui all’arr. 1123 c.c., comma 2 che obbliga al pagamento delle spese in proporzione dell’uso che ciascun condominio può fare delle cose comuni, uso che nella specie non sussiste. La delibera dell’08-05-1992 e le successive sono pertanto affette da nullità assoluta denunciabile in qualunque tempo perchè non sottoposta ad alcun limite temporale di impugnazione, e ovviamente non ha alcun rilievo il fatto che siano state adottate con una maggioranza semplice o qualificata…

Debbono considerarsi assorbite nell’accoglimento del precedente motivo le due contestazioni, di nullità residue, sia quella riguardante l’innovazione pregiudizievole e lesiva, sia quella riguardante il difetto di forma in quanto la dichiarazione di nullità per le suddette ragioni delle delibere assembleari realizza pienamente interesse sotteso alla relativa pronuncia.

La Corte di appello rigettava la domanda di condanna del condominio al risarcimento dei danni, osservando:

L’appellante sostiene di essere stato costretto a rinunciare al proprio diritto ad installare un impianto autonomo. Ciò costituirebbe un danno risarcibile. L’assunto non è fondato per le ragioni esposte nella sentenza impugnata e cioè che l’installazione di un impianto autonomo non può che essere frutto di una libera scelta dell’appellante e ciò indipendentemente dal legittimità del “distacco” in quanto egli sotto tale profilo era nelle identiche condizioni degli altri condomini, tenuto conto che l’impianto era comunque da sostituire.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, il condominio.

Resiste con controricorso B.F., che ha anche proposto ricorso incidentale, con quattro motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi.

Con il primo motivo il condominio ricorrente sostanzialmente deduce che la inservibilità della caldaia non aveva determinato l’estinzione della comunione dell’impianto di riscaldamento, il quale era costituito da altri elementi (tubazioni, ecc).

Ad ogni modo nella specie avrebbe dovuto trovare applicare applicazione l’art. 1128 c.c. per cui, in conseguenza del parziale perimento dell’impianto di riscaldamento, B.F. avrebbe potuto sottrarsi agli obblighi di “ricostruzione”, solo alienando ad altri la sua quota.

Il motivo è parzialmente fondato.

Fuori luogo viene invocato l’art. 1128 c.c., il quale fa riferimento al perimento parziale dell’edificio in quanto tale e non alla rovina parziale di un impianto comune.

Tuttavia il condominio fondatamente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che la sopravvenuta inservibilità della caldaia non poteva costituire causa di estinzione della comunione dell’impianto di riscaldamento, ma avrebbe comportato solo spese di straordinaria manutenzione, per restituire la funzionalità all’impianto nel suo complesso, spese in relazione alle quali l’assemblea aveva conservato il potere di deliberare.

In altri termini la Corte di appello ha confuso tra sopravvenuta mancanza di funzionalità di un impianto con la estinzione della comunione dell’impianto stesso.

L’accoglimento del primo motivo comporta il superamento del secondo motivo, con il quale si censura la sentenza impugnata per avere affermato che il condominio avrebbe assunto delibere nulle in quanto il loro oggetto era in contrasto con norme imperative e si deduce che l’oggetto delle delibere (sostituzione della caldaia) era pienamente lecito e le eventuali irregolarità erano state commesse in sede di installazione della caldaia.

Sul punto non si può tuttavia non rilevare che la Corte di appello, infatti, una volta ritenuto che la comunione dell’impianto di riscaldamento si era estinta, per cui B.F. non era tenuto a contribuire alle spese per la sostituzione della caldaia, del tutto contraddittoriamente ha ritenuto che legittimamente B.F. ha rinunciato a tale comunione (già venuta meno) in considerazione della presunta illegittimità delle delibere menzionate.

Il terzo motivo, con il quale si deduce che in base ad una norma specifica del regolamento di condominio nessun condomino poteva rinunciare all’impianto di riscaldamento, è inammissibile per la novità della questione che ne costituisce l’oggetto, essendosi nel giudizio di merito dibattuto soltanto (non si capisce a che fine) genericamente sulla esistenza o meno di tale regolamento.

Con il primo motivo del ricorso incidentale B.F. si duole del fatto che la Corte di appello abbia ritenuto che dovevano considerarsi assorbite le due contestazioni di nullità residue, sia quella riguardante rinnovazione pregiudizievole e lesiva sia quella riguardante il difetto di torma, in quanto la dichiarazione di nullità per le suddette ragioni delle delibere assembleari realizzava pienamente l’interesse sotteso alla relativa pronuncia.

Il motivo è inammissibile in quanto la parte pienamente vittoriosa non può proporre ricorso incidentale per il mancato esame di questioni assorbite.

Con il secondo motivo del ricorso incidentale B.F. censura la seguente motivazione con la quale la corte di appello ha affermato la immodificabilità ed irrevocabilità dell’ordinanza pronuncia dal G.I. in data 8 novembre 1995: Si tratta dell’ordinanza già sopra menzionata, con la quale il G.I. dispose la sospensione della provvisoria esecuzione del DI. L’appellante deduce che non avendo il Condominio proposto opposizione al Collegio ex art. 178 c.p.c. il provvedimento sarebbe divenuto definitivo ed incontestabile lamentando che il Tribunale avrebbe illegittimamente ignorato la portata dell’ordinanza stessa. La deduzione è infondata e in pari tempo inconferente. L’ordinanza de qua infatti è sottoposta non al regime di cui all’art. 178 c.p.c. (peraltro venuto meno essendo stata abolita la facoltà di reclamo al collegio ad eccezione delle ordinanze di estinzione del processo) ma a quello di cui all’art. 649 c.p.c. che dichiara espressamente l’ordinanza stessa non impugnabile.

Di nessuna portata è il rilievo che il Tribunale in sede decisionale sarebbe astretto all’osservanza di una definitività che non sussiste e men che mai ad una sorta di giudicato interno in quanto nessun vincolo può essere rappresentato da considerazioni pur fondate avanzate in sede di sospensione della provvisoria esecuzione. A prescindere da altre considerazioni, il motivo è inammissibile per le stesse ragioni esposte in sede di esame del primo motivo del ricorso incidentale.

Con il terzo motivo del ricorso incidentale B.F. si duole della mancata condanna del condominio al risarcimento del danno, in quanto, pur essendo consapevole delle illegittime modalità di installazione della caldaia secondo le modalità previste, ha deliberato ugualmente, costringendolo alla rinuncia alla comunione del rimpianto stesso ed alla installazione di un impianto autonomo.

Il motivo è infondato in base alla decisiva considerazione che non viene censurata l’esattezza della affermazione contenuta nella sentenza impugnata. dalla quale risulta che la realizzazione di un impianto autonomo fu frutto di una libera scelta del B.:

L’appellante nel corso di tale assemblea sollevò una serie di obiezioni, con dichiarazioni scritte a verbale, delle quali il passo più rilevante è rappresentato dalla presa d’atto che l’impianto centralizzato, completamente esaurito per vetustà era da disattivare immediatamente e che la comunione sullo stesso doveva considerarsi dissolta e non più operante anche per ragioni di forza maggiore dichiarando egli di rinunciare a partecipare all’eventuale realizzazione di un impianto centralizzato ex novo che comunque avrebbe potuto essere agevolmente dimensionato in proporzione al numero dei condomini aderenti a detta nuova realizzazione.

Con il quarto motivo il ricorrente incidentale censura la motivazione con la quale la Corte di appello ha affermato la esistenza di un regolamento condominiale.

La doglianza è inammissibile per difetto di interesse, in quanto non viene chiarito in qual modo il riconoscimento dell’errore in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata si risolverebbe in un vantaggio per B.F., già totalmente vittorioso nel merito.

Questi prospetta che, in mancanza di regolamento, le delibere relative agli impianti comuni avrebbero dovuto essere assunte dai condomini della sola palazzina (OMISSIS), facente parte del supercondominio (OMISSIS), con le maggioranze di legge. La sentenza impugnata ha dichiarato comunque illecite le deliberazioni in questione, per cui ogni questione relativa alla individuazione dei condomini che avrebbero potuto partecipare alle assemblee diventa irrilevante, a prescindere dalla considerazione che non viene dedotto che la relativa questione fosse stata sollevata nel giudizio di merito.

In definitiva, va accolto per quanto di ragione il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento del secondo e rigetto del terzo, e va rigettato il ricorso incidentale.

In relazione al motivo accolto la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie per quanto di ragione il primo motivo del ricorso principale: rigetta il secondo; dichiara assorbito il terzo; rigetta il ricorso incidentale; in relazione al motivo accolto cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2011

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