Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9800 del 19/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 19/04/2017, (ud. 20/02/2017, dep.19/04/2017),  n. 9800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Gi.Pi.Di. s.n.c. di I.G. & C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Cerbara n. 64, presso l’avv. Riccardo Balboni, che la rappresenta e

difende unitamente agli avv.ti Achille Galli e Giorgio Schiatti,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 95/45/09, depositata il 15 giugno 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20 febbraio 2017 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia indicata in epigrafe, con la quale è stato riconosciuto il diritto della Gi.Pi.Di. s.n.c. di I.G. & C., esercente attività di agente di commercio, al rimborso dell’ILOR versata per gli anni 1985 e 1986, per assenza di un’organizzazione di tipo imprenditoriale (ritenuta invece esistente per gli anni 1984, 1989 e 1990, per i quali il diritto al rimborso è stato negato);

il giudice d’appello ha affermato, preliminarmente e per quanto qui interessa, che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, la società contribuente non potesse ritenersi decaduta dal diritto al rimborso per tardività delle relative istanze, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38: premesso che l’unica domanda esistente in atti era del 7 novembre 2005, ha al riguardo osservato che in una comunicazione del Centro di servizio delle imposte dirette inviata alla società in data 20 novembre 2000 si faceva riferimento ad istanze precedenti quella citata, con la conseguenza che “l’ufficio avrebbe dovuto allegare e provare la tardiva presentazione delle suddette istanze e non del sollecito del 7.11.2005”;

la contribuente ha resistito con controricorso;

il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, l’Agenzia ricorrente, denunciando la violazione dell’art. 2697 cod. civ. e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 censura la sentenza impugnata (limitatamente agli anni d’imposta – 1985/86 – in ordine ai quali è rimasta soccombente) per avere il giudice a quo ritenuto che spetta all’Ufficio, che abbia eccepito la tardività di un’istanza di rimborso, dimostrare che il contribuente non abbia mai presentato istanze tempestive, anzichè porre a carico di quest’ultimo l’onere di provare di aver prodotto l’istanza nei termini previsti a pena di decadenza dal citato art. 38;

il motivo è fondato;

premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la decadenza del contribuente per il mancato rispetto dei termini fissati per richiedere il rimborso di un tributo indebitamente versato, in quanto materia sottratta alla disponibilità delle parti, è rilevabile di ufficio, ex art. 2969 cod. civ., in ogni stato e grado del giudizio (salvo il limite del giudicato interno espresso) (tra le altre, Cass. nn. 11521 del 2004, 1605 del 2008, 791 del 2011, 1964 del 2012, 317 del 2015), deve ribadirsi che, in tema di contenzioso tributario, il contribuente che impugni il rigetto, tacito o espresso, dell’istanza di rimborso di un tributo riveste la qualità di attore non solo in senso formale ma anche sostanziale, con la conseguenza che grava su di lui sia l’onere di allegare e provare i fatti ai quali la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato (ex plurimis, Cass. nn. 29603 del 2011, 15026 e 21197 del 2014, 17811 del 2016), sia, e prima ancora, di fornire la prova che il diritto alla restituzione sia stato validamente azionato, mediante l’impugnazione del rifiuto dell’amministrazione rispetto ad una domanda tempestivamente presentata;

resta assorbito il secondo motivo;

va, pertanto, accolto il primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza impugnata deve essere in parte qua cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, dichiarando non spettante il rimborso neanche per gli anni 1985 e 1986;

mentre si ravvisano giusti motivi, anche in considerazione dell’epoca in cui si è consolidata la giurisprudenza sopra citata, per disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito, quelle del presente giudizio di cassazione seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata nella parte oggetto di ricorso e, decidendo nel merito, dichiara non spettante alla contribuente il rimborso neanche per gli anni 1985 e 1986.

Compensa le spese dei gradi di merito e condanna la controricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2017

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