Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9798 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. I, 23/04/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 23/04/2010), n.9798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.O., con domicilio eletto in Roma, Via Filippo Corridoni

n. 23, presso l’Avv. Giovanni Sabatelli, rappresentato e difeso

dall’Avv. RENNA Alessandro come da procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Potenza

depositato il 4 luglio 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 20 gennaio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.O. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha respinto il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo penale a suo carico.

L’intimata Amministrazione non ha proposto difese. La causa è stata assegnata alla Camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Alberto Giusti con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La relazione redatta ex art. 380 bis c.p.c., è del seguente letterale tenore:

“I primi due motivi – con i quali il ricorrente denuncia che la Corte d’appello non abbia riconosciuto la sussistenza della violazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione europea nel giudizio presupposto – sono inammissibili per inidoneità del quesito di diritto con cui si concludono.

Per costante giurisprudenza di questa Corte (v., ad esempio, Sez. 1^, 22 giugno 2007, n. 14682), in tema di ricorso per cassazione, la formulazione del quesito prevista dall’art. 366 bis cod. proc. civ., postula l’enunciazione, ad opera del ricorrente, di un principio di diritto diverso da quello posto a base del provvedimento impugnato e perciò tale da implicare un ribaltamento della decisione adottata dal giudice a quo.

Non sono pertanto ammissibili motivi di ricorso che, come nella specie, si concludano con la generica richiesta di accertamento dell’essere stati disattesi i principi della CEDU in ordine alla sussistenza della violazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione con riferimento alla ragionevole durata del processo e con l’altrettanto generica domanda di verifica se con il decreto emesso dalla Corte d’appello di Potenza vi sia stata la violazione o falsa applicazione dei parametri riportati nella L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, elaborati dalla ricca esperienza giurisprudenziale della Corte di Strasburgo.

Il terzo motivo resta assorbito, essendo relativo ad un aspetto succedaneo (mancata liquidazione del danno non patrimoniale)”.

Ritiene il Collegio di poter condividere le argomentazioni esposte nella relazione e le soluzioni prospettate.

Non si deve provvedere in ordine alle spese stante l’assenza di attività difensiva da parte dell’intimata Amministrazione.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

 

 

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