Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9798 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 9798 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA

sul ricorso 23253-2010 proposto da:
ATAC S.P.A., C.F. 06341981006, quale incorporante di
TRAMBUS S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
POMPEO MAGNO 23/A, presso lo studio dell’avvocato
GIAMPIERO PROIA, che la rappresenta e difende, giusta
2015

delega in atti;
– ricorrente –

520

contro

DEL

SORDO

elettivamente

ANGELO,
domiciliato

C.F.
in

DLSNGL49L05F988B,
ROMA,

VIA

LUIGI

Data pubblicazione: 13/05/2015

SETTEMBRINI 30, presso lo studio dell’avvocato NICOLA
RAGO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato VINCENZO IOFFREDI, giusta delega in
atti;
PAOLUCCI

TOMMASO,

PLCTMS48D10G141G,

C. F.

SETTEMBRINI 30, presso lo studio dell’avvocato NICOLA
RAGO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato VINCENZO IOFFREDI, giusta delega in
atti;
– controricorrenti nonchè contro

FRANCIA SANDRO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 8724/2008 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/10/2009, R.G. N.
3446/2005*Z ‘)
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/02/2015 dal Consigliere Dott. ENRICA
D’ANTONIO;
udito l’Avvocato PETRASSI Mauro per delega PROIA
Giampiero;
udito l’Avvocato IOFFREDI Vincenzo;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
.

Generale Dott. RICCARDO FUZIO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI

R.G 23253/2010
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma di
rigetto dell’opposizione proposta da Trambus , ora incorporata da Atac, avverso il
decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto da Del Sordo Angelo, Paolucci Tommaso,
Francia Sandro, dipendenti della società come autisti , per il pagamento
dell’indennità sostitutiva per i giorni di congedo non usufruiti fino al 2000.
La Corte d’appello ha affermato che i lavoratori avevano provato la mancata

tabulato Inail fornito dallo stesso datore di lavoro . Ha rilevato che non poteva
ritenersi provata l’esistenza dell’uso aziendale ,e della sua accettazione da parte dei
lavoratori, di riportare i congedi non fruiti entro l’anno di maturazione al
successivo e così via, fino a giungere alla liquidazione della indennità per i residui
congedi non goduti alla cessazione del rapporto ; che anzi era stata prodotta una
richiesta avanzata da numerosi lavoratori alla datrice di lavoro diretta ad ottenere
il godimento delle ferie ; che, inoltre, l’ordine di servizio del 30/5/91 prevedeva
la fruizione delle ferie entro il 31/12 di ciascun anno ; che dall’accordo aziendale
del 6/4/01 si ricava l’esistenza di un notevole contenzioso sul punto della
fruizione delle ferie e che, comunque, detto uso non avrebbe comportato
l’attribuzione generalizzata di un trattamento più favorevole rispetto a quello
previsto dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
La Corte d’appello ha affermato ,inoltre, che era infondata la tesi dell’azienda
secondo cui i lavoratori avrebbero incluso 4 giornate annue di permesso retribuito
in base all’accordo aziendale del 7/3/69 divenuto illecito a seguito della legge n
54 del 1977 in quanto la nullità avrebbe potuto riguardare unicamente i permessi
giornalieri ; che la contestazione dei conteggi era del tutto generica ed era
infondata quella di prescrizione stante il riconoscimento di debito contenuto nella
certificazione Inail .
Ricorre Atac con sei motivi. Resistono i lavoratori Del Sordo e Paolucci. Francia
è rimasto intimato. Le parti costituite hanno depositato memoria ex art 378 cpc . Il
Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
Motivi della decisione
1)Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 112

fruizione dei giorni di congedo indicati nel ricorso per ingiunzione sulla base del

c.p.c. (art. 360, n.4 c.p.c.). Si assume che l’impugnata sentenza, a fronte di un
“petitum” con il quale era stato chiesto il pagamento esclusivamente dell’indennità
“per ferie non godute”, aveva riconosciuto al lavoratore il pagamento di
un’indennità riferita non già ai giorni di ferie non godute, bensì ai “congedi” non
fruiti, finendo con il confondere l’istituto dei congedi con quello delle ferie.
2) Con il secondo motivo viene denunciata omessa , insufficiente o
contraddittoria motivazione ( art. 360 a 5 c.p.c) avendo la Corte territoriale
affermato il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva per i

congedi diversi dalle ferie, nonostante avessero diversa natura, funzione q
disciplina, dovevano essere applicati gli stessi principi e le stesse disposizioni
previste in caso di mancato godimento delle ferie
3)Con il terzo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione degli
artt. 2109 c.c., dell’art 22 all A) al RD n 148/1931 e 36 Cost . Rileva che
effettivamente in caso di ferie non fruite spetta l’indennità sostitutiva ma tale
principio non era applicabile alle altre tipologie di riposi per i quali non era
previsto un diritto inderogabile alla loro fruizione entro l’anno,né una loro
monetizzazione entro l’anno successivo.
I tre motivi, congiuntamente esaminati in quanto connessi , sono infondati.
La questione è stata già ampiamente esaminata da questa Corte in numerose e
recenti sentenze cui questo Collegio intende dare continuità ( cfr Cass . n
17689/2014 , 17688/2014, 17687/2014 ed altre ; contra Cass. 2461/2011 ma con
riguardo alla mancata puntuale indicazione e prova del numero dei giorni di ferie
spettanti da parte del lavoratore).
Come si evince dalla sentenza impugnata i lavoratori avevano chiesto il
pagamento dell’indennità sostitutiva per le ferie non usufruite nonché per gli altri
permessi a vario titolo dovuti e non goduti , cumulativamente considerati e
risultanti dal tabulato presenze dell’Inail, allegato al ricorso per decreto
ingiuntivo, sul presupposto dell’insussistenza di una disciplina differenziata tra le
ferie e gli altri congedi in quanto per entrambi sussisteva il diritto alla
monetizzazione in caso di mancato godimento .
L’ Atac , dopo aver riconosciuto che i congedi concessi ai lavoratori erano
costituiti oltre che dalle ferie da riposi e permessi aggiuntivi costituenti un
complesso unitario più favorevole per i lavoratori , formula censure alla sentenza

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congedi non goduti senza motivare ed illustrare le ragioni per le quali anche ai

impugnata sul rilievo della mancata valutazione della diversa normativa delle
ferie da quella dei “riposi” a titolo diverso dalle ferie, senza però indicare
l’esistenza a livello aziendale ( salvo quanto si dirà nel prosieguo circa l’esistenza
di un uso aziendale) di una disciplina differenziata tra ferie e congedi di diversa
natura complessivamente ricompresi di fatto nella disciplina unitaria dei congedi.
La ricorrente, dunque, sottolinea la diversa fonte istitutiva e regolatrice di tali
congedi aggiuntivi ma poi non evidenzia se tale diversa normativa fosse di
ostacolo al riconoscimento del diritto dei lavoratori ad una monetizzazione dei

Ne consegue che correttamente la Corte di merito, interpretata la domanda del
lavoratore di pagamento dell’indennità sostitutiva riferita ai congedi non goduti,
termine da intendersi in senso ampio comprensivo tanto delle ferie che degli altri
permessi come risultante dal tabulato mai! , ha considerato unitariamente le ferie
e gli altri giorni di permesso senza svolgere alcun indagine specifica sulla
diversa natura dei crediti azionati al fine di scorporare le giornate di permesso e
congedo non godute dalle ferie riconoscendo anche per i primi ,pur previsti da
specifiche e diverse norme contrattuali, il diritto a percepire l’indennità
sostitutiva, in caso di mancata fruizione, al pari delle ferie ordinarie.
4) Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione
degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. ( art. 360 n. 3 c.p.c.).
Si assume che nel caso “de quo”, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di
merito, i lavoratori non avevano fornito la prova della mancata fruizione delle
ferie Ed infatti i cedolini INAIL, ritenuti nella impugnata sentenza idonei a
dimostrare la mancata fruizione dei congedi, tale efficacia probatoria non
avrebbero perché: a) la loro funzione tipizzata dalla legge, riguarda soltanto
l’adempimento degli obblighi antinfortunistici; b) il legislatore non ha previsto
affatto che in essi vi debba essere anche l’indicazione delle ferie, dei riposi e dei
congedi da fruire; c) essi recano solo la generica ed indistinta indicazione dei
giorni di “congedo” ancora spettanti al lavoratore e, dunque, non possono valere a
dimostrare il diritto all’indennità per ferie non godute” richiesta, comprendendo tra
i “congedi” residui esclusivamente quelli spettanti ad un titolo diverso dalle ferie;
d) l’azienda aveva provato documentalmente di aver fatto godere al dipendente,
negli anni dal 1994 al 2000 , mediamente , un numero di giorni di riposo superiore
a 25 .

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vari congedi riconosciuti dalle fonti contrattuali in caso di mancata fruizione

Il motivo è inammissibile in quanto seppur prospettato come violazione di norme
di diritto, nella sostanza, finisce con il censurare unicamente la valutazione
compiuta dai giudici di merito delle risultanze di causa e sollecita una richiesta di
controllo sulla motivazione che si risolverebbe in una inammissibile duplicazione
del giudizio di merito (cfr. Cass. n. 6288 del 18/03/2011; Cass. 10657/2010, Cass.
9908/2010, Cass. 27162/2009, Cass. 13157/2009, Cass. 6694/2009, Cass.
18885/2008, Cass. 6064/2008). In effetti la Corte di appello ha ritenuto provato
l’assunto dei lavoratori sulla scorta dei cedolini INAIL evidenziando che non vi

considerazione della non differenziazione tra congedi, permessi e ferie esistente in
azienda.
È appena il caso di notare che nel motivo si contesta la efficacia probatoria dei
detti cedolini solo in modo generico e, poi, si afferma che il legislatore avrebbe
indicato specificamente il loro contenuto nel D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 20 e ss.
ed al D.P.R. n. 359 del 1994, art. 2, laddove, invece, in tali norme non è detto
alcunché circa il contenuto dei menzionati cedolini.
5)Con il quinto motivo viene lamentata omessa motivazione circa un fatto
decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.) laddove l’impugnata sentenza aveva
erroneamente escluso l’esistenza dell’uso aziendale di riportare i riposi
eventualmente non goduti nella disponibilità dell’anno successivo e di
monetizzarli, ove non fruiti nemmeno in seguito, alla cessazione del rapporto. Si
censura, altresì, l’ulteriore argomentazione, utilizzata dalle Corte di merito sul
punto, secondo cui la prassi invocata dalla società non poteva considerarsi
migliorativa rispetto alla disciplina prevista in materia dalla legge e dalla
contrattazione collettiva.
Osserva il Collegio che il motivo è inammissibile perché sollecita una diversa
valutazione del merito della controversia prospettando una diversa valutazione del
materiale probatorio in atti. La Corte di appello – premesso che la sussistenza di
un uso aziendale era stata tempestivamente contestata dalla difesa del lavoratore
sin dalla memoria di costituzione in primo grado – ha, infatti, analiticamente
illustrato le ragioni per le quali non poteva ritenersi dimostrata l’esistenza di detto
uso aziendale. In particolare, ha evidenziato che la produzione in giudizio di una
richiesta avanzata all’azienda da numerosi lavoratori diretta ad ottenere il
godimento delle ferie escludeva una accettazione di una prassi quale quella

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era ragione di ritenere non veritieri i dati numerici in essi indicati proprio in

indicata dalla ricorrente; che l’uso aziendale era escluso anche dall’esistenza di un
notevole contenzioso tra le parti (di cui si dà atto nell’accordo aziendale del 6
aprile 2001), proprio riferito alla fruizione delle ferie.
6) Con il sesto motivo ( erroneamente numerato come settimo) viene
dedotta la violazione e falsa applicazione della legge n. 54 del 1977 e dell’art. 1
del D.P.R n. 792 del 1985 nonché degli artt. 1418 e 1362 e ss c.c. in relazione
agli accordi sindacali del 16 marzo 1963 e del 7 marzo 1969 ed agli accordi
interconfederali del 27 luglio 1969 e del 14 novembre 1978 per non avere la

a) le quattro giornate annue di permessi previste dagli accordi del 16 marzo 1963
e del 7 marzo 1969 , sottoscritti durante la vigenza della legge n. 260 del 1949,
perché in contrasto con la disciplina inderogabile introdotta dalla legge n. 54 del
1977 per la quale “le solennità civili previste dalla legge 27 maggio 1949, n. 260
e dalla legge 4 marzo 1958 , n. 132, non determinano riduzione dell’orario di
lavoro negli uffici pubblici” ;
b) almeno due delle cinque giornate di permessi previsti dagli accordi
interconfederali sulla scorta del nuovo regime delle festività (civili e religiose) di
cui alla 1. n. 54/1977 non avevano alcuna giustificazione a seguito del DPR 792
del 1985 che aveva ripristinato le festività dell’Epifania e del giorno dei SS.
Pietro e Paolo per il comune di Roma.
Il motivo è infondato . Anche su tale punto va richiamato quanto già espresso da
questa Corte nelle sentenze citate . Deve rilevarsi a riguardo che l’ accordo del
1963 prevedeva una riduzione di due ore dell’orario di lavoro per le giornate
considerate solennità civili e per le altre giornate semifestive . L’accordo del 1969
stabilì che tali riduzioni di orario nelle giornate semifestive fossero sostituite con
la previsione di 4 giornate annue di permesso retribuito.
L’ Atac ritiene nulli detti accordi perché in contrasto con la sopravvenuta legge n
54 del 1977 prevedendo la conversione della riduzione di orario, vietata dalla
nuova norma, in permessi retribuiti . Ritiene altresì che anche l’accordo
interconfederale del 27 luglio 1978 , come l’accordo del 1969, era nullo per
contrasto con la L. n 54 del 1977 prevedendo due giornate aggiuntive a
compensazione ( oltre che delle festività nazionali e religiose ) delle solennità
civili soppresse violando cioè il divieto di consentire riduzioni dell’orario.

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Corte di appello considerato che al lavoratore non spettavano:

Ritiene il Collegio che la “ratio” della L. n. 54 del 1977 era quella di garantire la
continuità del servizio impedendo ai lavoratori degli uffici pubblici di entrare
dopo o uscire prima dell’orario normale .Ne consegue che la nullità non potrebbe
riguardare i permessi giornalieri di cui agli accordi che non sono riduzione di
orario e che, usufruiti nelle giornate consentite dal datore di lavoro, non
pregiudicano la continuità del sevizio per l’intero orarioDel pari è infondata l’eccezione secondo cui due delle cinque giornate annue di
permesso a compensazione delle festività soppresse erano divenute indebite

DPR n 792 del 1985 e dunque essendo venuto meno il presupposto obiettivo ed
essenziale in base al quale erano previste delle giornate di ferie aggiuntive.
Questa Corte nelle sentenze citate ha affermato che l’entrata in vigore della L. n.
54 del 1977 – la cui “ratio” era quella di garantire la continuità del servizio
impedendo ai lavoratori degli uffici pubblici di entrare dopo o uscire prima
dell’orario normale – non aveva comportato automaticamente la illegittimità dei
riposi sostitutivi delle festività soppresse; che la compensazione di festività
soppresse non costituiva, inoltre, causa o, comunque, presupposto essenziale
della concessione dei riposi aggiuntivi come dimostrato dal fatto che l’azienda
aveva continuato negli anni a computare i congedi in questione ed a riconoscerli ai
lavoratori e che questa Corte ha avuto modo di precisare che la L. 5 marzo 1977,
n. 54, art. 1 (il quale ha disposto, al comma 1, che cessano di essere considerati
festivi agli effetti civili i giorni delle cinque festività religiose ivi indicate, e, al
comma 2, che cessano di essere considerati festivi i giorni 2 giugno e 4 novembre)
ha un’efficacia abrogativa generale, nel senso della pura ,e semplice soppressione
di dette festività, comprese quelle civili succitate, essendo in contrario irrilevante
che di queste la stessa norma abbia conservato (ma, rispettivamente alla prima
domenica di giugno e di novembre) la celebrazione; pertanto, la disciplina
economico- retributiva dei due giorni predetti è (anch’essa) riservata alla
contrattazione collettiva, da interpretare nel rispetto dei canoni ermeneutici dettati
dagli artt. 1362 e segg. cod. civ.. (Cass. n. 17724 del 29/08/2011; Cass. n. 7212
del 11/06/1992).
Risulta, pertanto, del tutto infondato l’assunto posto a base del motivo secondo
cui l’entrata in vigore della L. n. 54 del 1977 avrebbe comportato automaticamente
la nullità dell’accordo aziendale del 7 marzo 1969 così come la reintroduzione di

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stante il ripristino dell’Epifania e della festività di SS Pietro e Paolo in base al

due delle festività soppresse da parte del D.P.R. n. 792 del 1985 avrebbe fatto
venir meno il presupposto del riconoscimento di due (dei cinque) giorni di
permesso previsti dagli accordi interconfederali del 27 luglio 1969 e del 14
novembre 1978.
Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna
della ricorrente a pagare le spese del presente giudizio a favore dei lavoratori
costituiti.

c;asco
PQM

giudizio a favorerd-ei resistenti costituiti liquidate in €100,00 per esborsi ed €
3.000,00 per compensi professionali , oltre accessori di legge e 15% per spese
generali .
Roma 3/2/2015

rigetta il ricorso con condanna della ricorrente a pagare le spese del presente

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