Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9794 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/04/2010, (ud. 12/03/2010, dep. 23/04/2010), n.9794

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – President – –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consiglie – –

Dott. BERNARDI Sergio – Consiglie – –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consiglie – –

Dott. BERTUZZI Mario – Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro

tempore, e Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende per legge;

– ricorrenti –

contro

B.L.A., elettivamente domiciliata in Roma, via

Ofanto 8, presso l’avv. Liuzzi Guido che, unitamente all’avv. Pardi

Arturo, la rappresenta e difende, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle

Marche (Ancona), Sez. 6, n. 100/6/05 dell’1 luglio 2005, depositata

il 19 luglio 2005, notificata il 5 ottobre 2005;

Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 12 marzo 2010

dal Cons. Dott. Raffaele Botta;

Sentito l’avv. Liuzzi Guido, per la controricorrente;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Fuzio Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione del diniego di rimborso di un credito IVA relativa alla cessata attivita’ del contribuente opponendo l’amministrazione la decadenza D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, per essere stato il rimborso chiesto oltre il termine biennale ivi previsto e sostenendo la contribuente l’applicabilita’ del termine decennale di prescrizione. La Commissione adita accoglieva il ricorso e la decisione era confermata in appello, con la sentenza in epigrafe, avverso la quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate propongono ricorso per cassazione con unico motivo. Resiste la contribuente con controricorso illustrato anche con memoria.

Diritto

MOTIVAZIONE

Preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze: nel caso di specie al giudizio di appello ha partecipato l’Ufficio periferico di Urbino dell’Agenzia delle Entrate (successore a titolo particolare del Ministero) e il contraddittorio e’ stato accettato dal contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione del dante causa, che cosi’ risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis. v. Cass. n. 3557/2005).

e-stromesso implicitamente dal giudizio, con la conseguenza che la legittimazione a proporre il controricorso (cosi’ come il ricorso per cassazione) spettava alla sola Agenzia. Sul punto va disposta la compensazione delle spese stante il consolidamento del principio affermato in epoca successiva alla proposizione del ricorso;

Con l’unico motivo di ricorso l’amministrazione denuncia sotto il profilo della violazione di legge l’applicazione nella specie dell’ordinario termine di prescrizione, ribadendo che nell’ipotesi di mancanza di disposizioni specifiche il rimborso deve essere chiesto nel termine biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21.

Il ricorso non e’ fondato. Nella specie non e’ contestato che la richiesta di rimborso fosse relativa all’eccedenza d’imposta risultata alla cessazione dell’attivita’. Questa non e’ una ipotesi che puo’ ritenersi non regolata da alcuna disposizione, con la conseguente applicabilita’ del termine biennale di decadenza cui fa riferimento l’amministrazione. La fattispecie e’, infatti, regolata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, a norma del quale il contribuente ha diritto a chiedere il rimborso, oltre che nei casi specificamente indicati nel comma 3, “comunque in caso di cessazione dell’attivita’”, in quanto, proprio perche’ l’attivita’ non prosegue, non sarebbe possibile portare l’eccedenza in detrazione per l’anno successivo. Secondo l’orientamento gia’ espresso da questa Corte: “La presenza di tale specifico regime rende inapplicabile … il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, avente natura sussidiaria e residuale, in “mancanza di disposizioni specifiche”, quale il D.P.R. n. 633 citato, art. 30. E, nel caso in cui la dichiarazione fiscale … contenga anche errori materiali o di calcolo, desumibili dagli stessi dati ivi contenuti, non e’ necessaria ne’ una rettifica ne’ uno specifico atto, da proporre entro un termine di decadenza (del tipo di quelli stabiliti dal D.P.R. n. 636 del 1972, art. 16 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21) per il rimborso dell’imposta, dovendo l’Ufficio, in questi casi, procedere alla correzione dell’errore e al rimborso della somma indebitamente versata, salva il solo limite temporale della prescrizione ordinaria del suo diritto”.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. La non costante uniformita’ di orientamento da parte di questa Corte in materia di applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, giustifica la compensazione delle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

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