Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9794 del 19/04/2018

Cassazione civile, sez. VI, 19/04/2018, (ud. 30/01/2018, dep.19/04/2018),  n. 9794

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con decreto del 23/12/2015 il Giudice di Pace di Taranto ha accolto l’opposizione proposta da M.E., cittadino albanese, avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto della medesima città il 26/08/2015 ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b).

A sostegno della decisione il Giudice di Pace ha rilevato che il ricorrente, presente in Italia dal 2003, ha dato ampia prova di essersi integrato nel contesto locale attraverso la frequenza a corsi di studio e lo svolgimento di varie attività lavorative; vive con la propria compagna, anch’essa cittadina albanese, e le due figlie minori in un immobile con regolare contratto di locazione. Una delle figlie, nel cui interesse è stata presentata da M.E. istanza D.Lgs. 286 cit., ex art. 31, comma 3, è affetta da gravi problemi di salute che la costringono a continui ricoveri e cure specialistiche.

Alla luce di tali elementi di fatto, il Giudice di Pace ha ritenuto che le necessità pubblicistiche di tutela del flusso migratorio dovessero cedere di fronte al diritto del singolo di non essere allontanato dallo Stato ospitante.

Avverso suddetta pronuncia propone ricorso per cassazione il Ministero dell’Interno sulla base di tre motivi. Non svolge difese l’intimato.

Con il primo motivo viene contestata la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), perchè lo straniero è stato rintracciato sul territorio nazionale con permesso di soggiorno scaduto da oltre 90 giorni senza averne richiesto il rinnovo, e non è stata valorizzata dal giudicante la circostanza che egli è stato condannato per il delitto di cui all’art. 648 c.p.

Con il secondo motivo viene contestata la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 4, perchè il rinnovo del permesso di soggiorno non è stato richiesto entro il termine ivi previsto ed è stata disattesa la giurisprudenza di legittimità secondo cui le valutazioni relative all’ordine pubblico, all’integrazione sociale e alle possibilità di lavoro dello straniero attengono esclusivamente al procedimento di concessione o rinnovo del titolo, e non al procedimento all’espulsione.

Con il terzo motivo viene lamentata la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, perchè la pendenza del ricorso dinanzi al Tribunale per i minorenni è del tutto ininfluente ai fini della fattispecie in esame, in quanto al momento dell’adozione del decreto espulsivo nessun provvedimento ex art. 31, comma 3 cit., risultava essere stato adottato nè risulta tuttora emesso.

Il ricorso, i cui motivi possono trattarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, è manifestamente infondato.

Deve in primo luogo rilevarsi che ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2-bis, “nell’adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2, lett. a) e b), nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’art. 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonchè dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine”. Tale norma è applicabile – in base a un’interpretazione conforme all’art. 8 della CEDU e alla nozione di diritto all’unità familiare delineato dalla giurisprudenza della Corte EDU – anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorchè non nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare (Cass. n. 15362 del 22/07/2015, Rv. 637091 – 01).

La norma tende pertanto a salvaguardare il diritto alla vita familiare tutte le volte che esso non contrasti con prioritari interessi pubblici, e in funzione di tale diritto l’espulsione dev’essere evitata ancorchè sarebbe consentita sul mero presupposto della posizione irregolare dello straniero (Cass. n. 18608 del 03/09/2014).

Nella specie risulta che l’espulsione è stata disposta ai sensi del D.Lgs. 286 cit., art. 13, comma 2, lett. b), che è l’ipotesi meno grave tra quelle previste. Il Giudice ha valutato la lunga durata del soggiorno di M.E. nel territorio nazionale, il suo livello di integrazione sociale e i suoi legami familiari, concludendo, all’esito di un giudizio di bilanciamento con le contrapposte esigenze derivanti dalla disciplina legislativa sui titoli di soggiorno, che tali elementi dovessero essere tutelati in misura prevalente, fornendo motivazione ampia e immune da vizi giuridici.

Non conferente, oltre che del tutto generica, è la deduzione dell’Amministrazione ricorrente circa la condanna penale subita dallo straniero per il reato di cui all’art. 648 c.p., giacchè, a quanto consta dal ricorso e dal decreto impugnato, l’unica ragione posta a fondamento del provvedimento di espulsione è la mancata richiesta di rinnovo del titolo di soggiorno.

Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto. Non occorre provvedere in ordine alle spese processuali in considerazione della mancata attività difensiva della parte intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2018

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