Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9792 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/04/2010, (ud. 12/03/2010, dep. 23/04/2010), n.9792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – President – –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consiglie – –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consiglie – –

Dott. BOTTA Raffaele – Consiglie – –

Dott. BERTUZZI Mario – Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1010-2007 proposto da:

CORPO VIGILANZA “LA CELERE SRL”, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA MONTE SANTO 25

presso lo studio dell’avvocato PATERNO’ RADDUSA PIETRO, rappresentato

e difeso dall’avvocato FINOCCHIARO PIERGIORGIO, giusta delega a

margine;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 243/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANIA, depositata il 15/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/03/2010 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del 2^ motivo, il

rigetto dei restanti anzi il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La societa’ a r.l. “Corpo di Vigilanza La Celere” impugno’ l’avviso di accertamento IVA col quale, per l’anno 1992, le erano stati contestati acquisti e ricavi non fatturati e costi dedotti a fronte di operazioni inesistenti, con irrogazione di sanzioni. Il ricorso fu accolto in primo grado ma respinto su appello dell’Ufficio. La contribuente ricorre con sei motivi avverso la sentenza della CTR della Sicilia. L’amministrazione finanziaria non si e’ difesa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Motivando la decisione, la CTR ha osservato: “in merito ai ricavi, si ritiene che non si puo’ supporre che siffatti contraenti (societa’ di capitali di non trascurabili dimensioni) non abbiano applicato quanto stabilito nel contratto a prestazioni corrispettive. Non siamo in presenza di piccole ditte individuali nelle quali puo’ anche avvenire che, col semplice accordo delle parti, contratti si modifichino solo verbalmente, ma di societa’ che devono dar conto del loro operato ad una pluralita’ di organi per cui non possono arbitrariamente modificare pattuizioni da cui derivano introiti di una certa rilevanza. Del resto, la normativa e’ abbastanza precisa in questa problematica e impone determinate regole da seguire (fatturazione, registrazione etc.) a prescindere che le prestazioni si equivalgano.

Per il resto, dall’esame della documentazione e, particolarmente, del p.v.c., risulta, come sopra accennato, la fondatezza dei rilievi; in particolare, riguardo l’utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti si nota che gli elementi (ad esempio le bolle di accompagnamento con la merce trasportata a cura del destinatario pur non risultando un luogo di attivita’ del cedente e quanto riportato al comma 1 e al comma 2 foglio 15 e 16 del p.v.c.) che emergono a sostegno della tesi dell’Ufficio (e dei verbalizzanti) sono piu’ convincenti rispetto a quanto esposto dalla parte contribuente”.

Col primo motivo si denuncia “‘violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per carenza insufficienza e contraddittorieta’ della motivazione della sentenza impugnata”, sostenendo che la CTR si sarebbe limitata da una adesione acritica alle deduzioni dell’Ufficio trascurando la rilevanza probatoria dei documenti prodotti in giudizio da essa contribuente.

La censura e’ inammissibile per genericita’, mancando di specificare i fatti (in tesi decisivi) sui quali la motivazione impugnata sarebbe insufficiente o contraddittoria, ed i documenti prodotti in giudizio che avrebbero imposto una decisione diversa.

Col secondo motivo si deduce “Contraddittorieta’ ed insufficienza della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e Violazione degli artt. 1322 e 1362 c.c. e L. n. 392 del 1978, art. 32″. Si lamenta che la CTR abbia confermato la correttezza del rilievo concernente la sotto fatturazione di prestazioni che erano state contabilizzate al netto degli aggiornamenti Istat che avrebbero dovuto applicarsi in base ai documenti contrattuali. Si assume che fosse stato dimostrato in giudizio che trattavasi di prestazioni scambiate con controprestazioni equivalenti, la cui fatturazione ai prezzi aggiornati non avrebbe comportato alcun maggiore introito. E si lamenta che la CTR non avrebbe considerato che l’amministrazione unico della societa’ era stato assolto in sede penale dal reato di omessa fatturazione contestato in ordine alla medesima vicenda.

La censura non coglie e non critica la ratio della decisione impugnata, che ha osservato che la asserita corrispondenza dei maggiori incassi a maggiori ricavi, anch’essi non fatturati, non sarebbe valsa ad escludere la irregolarita’ della operazione e la correttezza del rilievo di sottofatturazione contenuto nell’avviso impugnato, “in quanto la normativa e’ abbastanza precisa in questa problematica ed impone determinate regole da seguire (fatturazione, registrazione etc.) a prescindere che le prestazioni si equivalgano”.

Ne’ la sentenza di assoluzione richiamata (inopponibile all’Amministrazione finanziaria che non aveva partecipato al processo penale, come la ricorrente non ha neanche allegato) aveva contraddetto l’assunto in fatto alla base della decisione impugnata, perche’ (come riferito nel corpo del motivo di ricorso che si esamina) aveva accertalo “che le prestazioni sono state fatturate secondo l’importo base concordato”.

Col terzo motivo si deduce “Carenza ed insufficienza della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e violazione dell’art. 2967 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Si sostiene che “nella parte relativa all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti … il giudice ha ritenuto tout court piu’ convincenti le argomentazioni dell’Ufficio privando di ogni rilevanza il giudicato penale favorevole al contribuente … e soprattutto non specificando i motivi a giustificazione del rigetto di quanto dedotto dal contribuente…”. Si aggiunge che “La sentenza e’, inoltre, illegittima per violazione di legge il quanto il giudice ha riconosciuto la fondatezza della pretesa erariale pur in mancanza dell’assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Ufficio…”.

Anche tale doglianza e’ infondata. E’ compito del giudice di merito ponderare gli elementi acquisiti al processo a favore e contro le tesi delle parti, dando conto delle ragioni che lo conducono, nel contrasto delle risultanze, a privilegiarne alcune rispetto alle altre. Facendo riferimento alle anomalie delle bolle di accompagnamento ed a quanto riportato al comma 1 e al comma 2 foglio 15 e 16 del p.v.c. la CTR ha indicato le ragioni che la inducevano a ritenere piu’ convincente la tesi dell’Ufficio circa la inesistenza delle operazioni fatturate. Non era necessario che criticasse particolarmente ogni contraria deduzione non fondata su fatti provati ed incompatibili. Gli argomenti richiamati nel motivo in esame non hanno tali requisiti. Quanto al “giudicato penale favorevole alla contribuente” si e’ sopra osservato che non risulta fosse opponibile all’Amministrazione finanziaria. La motivazione in fatto censurata e’ dunque sufficiente e congrua, e resiste alla critica.

Col quarto motivo e’ dedotta “Carenza della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”. Si assume che “La sentenza che si impugna e’ illegittima in quanto il giudice di secondo grado ha omesso di pronunciarsi sulla questione relativa all’acquisto di beni senza remissione di fattura per l’imponibile di L. 164.000.000 con iva L. 31.180.000=.

Il motivo e’ inammissibile per difetto di autosufficienza. La “questione relativa all’acquisto di beni senza emissione di fattura per l’imponibile di L. 164.000.000 con iva per L. 31.180.000″ non risulta effettivamente affrontata dalla CTR, ma l’accertamento del vizio di omessa pronuncia presuppone la prova che quella questione fosse stata proposta e decisa in primo grado e riproposta coi motivi di appello. Trattandosi di errar in procedendo questa corte e’ in grado di verificare sugli atti la ricorrenza del vizio denunciato, ma cio’ non esonerava il ricorrente dall’onere di una completa allegazione, e riproduzione nel ricorso dei passi degli atti processuali sui quali condurre la verifica.

Il quinto motivo, col quale si deduce “Illegittimita’ dell’atto per difetto di motivazione e violazione dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 e della L. n. 212 del 2000, art. 7″, e’ inammissibile perche’ censura l’atto amministrativo e non la sentenza impugnata.

Col sesto motivo si lamenta “Violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3 e 12 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″. Si deduce la illegittimita’ delle sanzioni contestate “considerato che trattavasi di violazioni formali dalle quali non deriva alcun debito di imposta”. Si aggiunge che ‘Ma sentenza impugnata e’ illegittima per mancata applicazione del principio di legalita’ previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3 in quanto, a seguito della riforma del regime sanzionatorio, molte delle sanzioni irrogate sono state abrogate o sostituite con sanzioni di entita’ minore. Inoltre, in forza del medesimo principi si sarebbero dovute applicare le disposizioni sul concorso di violazioni e sulla continuazione previste dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12 considerato che molte violazioni sono state contestate anche in altri periodi di imposta”.

Il motivo e’ inammissibile per genericita’. Non chiarisce quali sarebbero state le violazioni “esclusivamente formali” in riferimento; ne’ quali sanzioni sarebbero state irrogate illegittimamente perche’ abrogate o sostituite da altre di entita’ minore; ne’ quali violazioni fossero state contestate anche in altri periodi di imposta. E non precisa come e quando le relative deduzioni fossero state svolte e provate nel giudizio di merito.

Va dunque respinto il ricorso, senza decisione in punto spese perche’ l’Amministrazione non si e’ difesa.

PQM

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

 

 

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