Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9792 del 19/04/2017

Cassazione civile, sez. trib., 19/04/2017, (ud. 19/09/2016, dep.19/04/2017),  n. 9792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere –

Dott. SANDRINI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1244-2012 proposto da:

G.N., S.F., S.M., tutti quali

successori mortis causa di SA.FR., elettivamente

domiciliati in ROMA PIAZZA DELL’OROLOGIO 7, presso lo studio

dell’avvocato PAOLA MORESCHINI, rappresentati e difesi dall’avvocato

MIRCO BONINI giusta delega in calce;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI REGGIO EMILIA, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 48/2011 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 15/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/09/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI;

udito per i ricorrenti l’Avvocato MORESCHINI per delega dell’Avvocato

BONINI che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che ha chiesto

l’inammissibilità;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per l’infondatezza e il rigetto del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Commissione Tributaria Regionale di Bologna, con sentenza in data 16.05.2011, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia che aveva accolto il ricorso di Sa.Fr. nei confronti dell’avviso di accertamento relativo all’anno 2002, avente per oggetto la rettifica dei ricavi dichiarati, incrementandoli di Euro 36.931,00, agli effetti IRAP, IVA e IRPEF, perchè incongrui rispetto allo studio di settore; a seguito di contraddittorio preventivo col contribuente, l’Agenzia aveva applicato un nuovo studio più adeguato e rettificato il valore dei beni strumentali, al fine di tenere conto che due macchinari erano completamente ammortizzati e non erano stati utilizzati nell’anno d’imposta, pervenendo alla determinazione dei maggiori ricavi imponibili nell’importo suindicato (rispetto a quello di Euro 41.550,00 risultante dall’applicazione dei parametri iniziali).

La Commissione Regionale, dato atto delle rettifiche dei valori inizialmente accertati apportate dall’Ufficio a seguito del contraddittorio, tenendo conto anche della diminuzione del consumo di energia elettrica calcolato in relazione al mancato utilizzo di beni strumentali, riteneva l’accertamento congruamente motivato, spettando al contribuente di fornire la prova dell’inapplicabilità alla propria impresa degli standard risultanti dallo studio di settore.

2. Ricorrono per cassazione gli eredi di Sa.Fr. ( S.F., S.M. e G.N.), deducendo violazione di legge e vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, comma 3.

Lamentano l’omessa considerazione da parte dell’Ufficio degli elementi, indicati dal contribuente, che giustificavano lo scostamento dallo studio di settore, costituiti dall’età avanzata del titolare dell’impresa (avente natura individuale) e del coniuge occupato nell’attività, dalla produzione di sole campionature di abbigliamento (e non più di serie), dalla vetustà e dismissione di parecchi beni strumentali, di cui uno soltanto ancora utilizzato, dalla diminuzione nell’ordine del 20% dei consumi di energia elettrica rispetto all’anno precedente.

Deducono la natura di mere presunzioni semplici, di natura statistica, delle risultanze dello studio di settore, così che la motivazione dell’avviso di accertamento non poteva esaurirsi nel rilievo dello scostamento dai parametri, ma doveva argomentare anche sul piano probatorio le ragioni per cui erano state disattese le contestazioni del contribuente, dimostrando l’applicabilità in concreto dello standard.

3. Resiste l’Agenzia delle Entrate, col patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, mediante controricorso con cui chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile o rigettato; deduce la corretta applicazione da parte della sentenza impugnata dei principi affermati in materia dalla Suprema Corte, e rileva la carenza dei dedotti vizi di motivazione.

4. Con successiva memoria, i ricorrenti hanno ribadito le argomentazioni svolte a sostegno del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

2. Questa Corte ha affermato, con orientamento consolidato, che i parametri o studi di settore, rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rilevano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d, che deve essere necessariamente svolto in contraddittorio col contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, contenziosa, incombe l’onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento (da ultime, Sez. 5 n. 14288 del 13/07/2016, Rv. 640541-01; Sez. 5 n. 3415 del 20/02/2015, Rv. 634928-01).

L’esperimento del contraddittorio col contribuente e la puntuale valutazione delle relative risultanze costituiscono dunque elementi essenziali e imprescindibili della validazione, da parte del giudice, dell’accertamento fiscale basato sugli studi di settore, in quanto l’elaborazione statistica dei parametri, di per sè soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, deve essere adeguata alla realtà reddituale del singolo contribuente, solo così potendo emergere gli elementi idonei a commisurare la presunzione alla concreta realtà economica dell’impresa; con la conseguenza che la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata, anche sotto il profilo probatorio, con le ragioni per le quali sono state disattese – o solo parzialmente recepite – le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, soltanto così potendo emergere la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria a carico del contribuente (Sez. 5 n. 27822 del 12/12/2013, Rv. 629568).

3. Di tali principi la sentenza impugnata ha fatto corretta e coerente applicazione al caso di specie, valorizzando i contenuti e l’esito del contraddittorio preventivo intercorso tra l’Ufficio e il contribuente, che aveva condotto l’Agenzia ad applicare uno studio di settore più adeguato alla realtà dell’impresa esercitata dal Sacchetti e a rivisitare – riducendolo – lo scostamento reddituale rilevato in base ai nuovi parametri, tenendo conto di quanto dedotto dal contribuente sulle concrete condizioni di esercizio dell’attività d’impresa nell’anno interessato dall’accertamento fiscale (2002), in particolare rettificando il valore dei beni strumentali e computando il minor consumo di energia elettrica per effetto dell’integrale ammortamento e del non utilizzo di alcuni macchinari aziendali.

La motivazione con cui la Commissione Regionale ha ritenuto la quantificazione finale dello scostamento rilevato dall’Ufficio – rispetto ai ricavi dichiarati dal contribuente – capace di fondare un’idonea prova presuntiva, munita dei requisiti richiesti dall’art. 2729 c.c., del maggior reddito d’impresa accertato, in quanto frutto di una commisurazione concreta del dato statistico di partenza alla specifica realtà imprenditoriale esaminata, non è dunque incorsa in alcun vizio logico o errore di diritto, e risulta incensurabile nel giudizio di legittimità; le doglianze dei ricorrenti si esauriscono, di contro, nella deduzione di semplici censure di merito, dirette a evidenziare l’esistenza di ulteriori elementi di fatto in grado di spiegazione lo scostamento, che non possono trovare ingresso in questa sede.

4. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano nella misura di cui al dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2017

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