Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9792 del 04/05/2011

Cassazione civile sez. II, 04/05/2011, (ud. 09/03/2011, dep. 04/05/2011), n.9792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.C.A. NELLA QUALITA’ DI LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA

SRL AUTOMERCATO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA AMERICO

CAPPONI 16, presso lo studio dell’avvocato MILONE FRANCESCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DI NOI GABRIELE;

– ricorrente –

contro

CCIAA BRINDISI IN PERSONA DEL SUO SEGRETARIO GENERALE PRO-TEMPORE

DOTT. C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL

CANCELLO 20, presso lo studio dell’avvocato PEDONE LUIGI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GENNARINI ALESSANDRO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 226/2005 del GIUDICE DI PACE di FRANCAVILLA

FONTANA, depositata il 18/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 5.7.2004 D.C.A., in proprio e nella qualita’ di legale rappresentante della Automercato srl, impugnava l’ordinanza n. 2004/424 del 10.6.2004 della Camera di commercio, ufficio di Brindisi, che gli aveva ingiunto di pagare Euro 5164,57 oltre accessori a seguito di verbali dei carabinieri da cui risultava che, all’interno dell’autosalone, esisteva un locale allestito ad officina meccanica ed altro ad autocarrozzeria, senza l’iscrizione nel R.I.A. previsto alla L. 5 febbraio 1992, n. 122.

Istituitosi il contraddittorio, con sentenza n. 226/05 del Giudice di Pace di Francavilla Fontana, veniva rigettato il ricorso sulla considerazione che i verbali facevano prova fino a querela di falso e che i carabinieri avevano appurato direttamente dagli operai l’attivita’ svolta.

Ricorre D.C., nella duplice qualita’, con due motivi, resiste la Camera di Commercio. Le parti hanno presentato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le censure sono cosi’ articolate:

Col primo motivo si lamentano violazioni di norme di diritto con riferimento all’art. 112 c.p.c. ed alla L. n. 689 del 1981, art. 13, comma 2 che richiama l’art. 81 disp. att. c.p.p. per essere stata eccepita la nullita’ dei verbali con particolare riferimento al provvedimento di confisca che andava annullato, donde la violazione dell’art. 112 c.p.c..

Col secondo motivo si deduce violazione della L. n. 122 del 1992, artt. 1, 2, 10 che riguardano l’attivita’ esterna mentre quella interna e’ consentita anche ad imprese esercenti in prevalenza attivita’ di commercio di veicoli.

Col controricorso si eccepisce l’inammissibilita’ del primo motivo e l’infondatezza del secondo perche’ all’atto della contestazione era ancora vigente l’obbligo di iscrizione nello speciale registro anche per imprese in prevalenza esercenti attivita’ di commercio di veicolo.

Le censure non meritano accoglimento.

Rispetto alla prima, comunque rinunziata con la memoria, poiche’ la sentenza riferisce di una opposizione in cui si eccepiva la nullita’ dell’o.i. nonch’e’ l’eccessivita’ e la illegittimita’ della sanzione, conclusioni sostanzialmente riportate nella premessa in fatto dell’odierno ricorso in cui si parla anche di nullita’ dei verbali di sequestro cumulativamente considerati, la doglianza genericamente formulata di omessa pronunzia sull’annullamento della confisca non puo’ essere presa in considerazione.

Come ripetutamente evidenziato da questa Corte, l’omessa pronunzia, quale vizio della sentenza, dev’essere, anzi tutto, fatta valere dal ricorrente per cassazione esclusivamente attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e non gia’ con la denunzia della violazione di differenti norme di diritto processuale o di norme di diritto sostanziale ovvero del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 22.11.06 n. 24856, 14.2.06 n. 3190, 19.5.06 n. 11844, 27.01.06 n. 1755. ma gia’ 24.6.02 n. 9159. 11.1.02 n. 317, 27.9.00 n. 12790, 28.8.00 n. 11260, 10.4.00 n. 4496, 6.11.99 n. 12366).

Perche’, poi, possa utilmente dedursi il detto vizio, e’ necessario, da un lato, che al giudice del merito fossero state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si rendesse necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali domanda od eccezione siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente e/o per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresi’, dell’atto difensivo del giudizio di secondo grado nel quale l’una o l’altra erano state proposte o riproposte, onde consentire al giudice di legittimita’ di verificarne, in primis, la ritualita’ e la tempestivita’ della proposizione nel giudizio a qua ed, in secondo luogo, la decisivita’ delle questioni prospettatevi;

ove, infatti, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, dell’art. 112 c.p.c., cio’ che configura un’ipotesi di error in procedendo per il quale questa Corte e’ giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevatale d’ufficio, comporta pur sempre che il potere – dovere del giudice di legittimita’ d’esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato all’adempimento da parte del ricorrente, per il principio d’autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell’onere d’indicarli compiutamente, non essendo consentita al giudice stesso una loro autonoma ricerca ma solo una loro verifica (Cass. 19.3.07 n. 6361. 28.7.05 n. 15781 SS.UU.. 23.9.02 n. 33833, 11.1.02 n. 317, 10.5.01 n. 6502).

Nella specie, il ricorrente non ha rispettato alcuna delle evidenziate condizioni, onde la censura di omessa pronunzia, quand’anche la si potesse ritenere proposta, sarebbe inammissibile.

Pertanto, poiche’ la questione prospettata con il motivo in esame introduce temi di dibattito completamente nuovi, implicando accertamenti in fatto non acquisiti agli atti e, comunque, decisione su elementi di giudizio pure in fatto che non hanno formato oggetto di contraddittorio nella fase di merito, stanti la natura ed i limiti del giudizio di legittimita’, che ha per oggetto solo la revisione della sentenza impugnata in rapporto alla regolarita’ formale del processo ed alle questioni di diritto nello stesso gia’ proposte, non puo’ essere presa in considerazione.

In proposito questa Corte ha, infatti, avuto ripetutamente occasione d’evidenziare come i motivi del ricorso per cassazione debbano investire, a pena d’inammissibilita’, statuizioni e questioni che abbiano gia’ formato oggetto di gravame e che siano, dunque, gia’ comprese nel thema decidendum del giudizio di secondo grado quale fissato dalle impugnazioni e dalle richieste delle parti, mentre non e’ consentita, a parte le questioni rilevabili anche d’ufficio, la prospettazione di questioni che modifichino la precedente impostazione difensiva ponendo a fondamento delle domande od eccezioni titoli diversi da quelli fatti valere nella fase di merito o questioni di diritto fondate su elementi di fatto nuovi o diversi da quelli dedotti in detta fase (e pluribus, da ultimo, Cass. 29.12.03 n. 1273. 22.10.02 n. 14905. 16.9.02 n. 13470, 21.6.02 n. 9097, ma gia’ Cass. 9.12.99 n. 13819. 4.10.99 n. 11021, 19.5.99 n. 4852, 15.4.99 n. 3737, 15.5.98 n. 4910).

Quanto alla seconda censura, rispetto alla sufficiente e logica motivazione sopra riportata, il ricorrente non ripropone i motivi di opposizione, eludendo il principio di autosufficienza del ricorso ma chiede un sostanziale riesame del merito sulla base di argomentazioni in parte diverse rispetto a quelle sottoposte al giudice di prime cure, senza replicare adeguatamente alle osservazioni del controricorrente e senza considerare che doveva, in ogni caso, essere iscritto nell’elenco speciale. Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 1000,00 di cui 800,00 per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2011

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