Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9789 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 9789 Anno 2015
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA
sul ricorso 9182-2012 proposto da:
MALOGIOGLIO

VALERIO

C.F.

MLGVLR71R30C351A,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 16,
presso lo studio dell’avvocato GILBERTO CERUTTI, che
lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2014
3555

SANTA

CHIARA

S.R.L.

in

liquidazione

C.F.

06439541001, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN
TOMMASO D’AQUINO 104, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 13/05/2015

DANIELA DE BERARDINIS, che la rappresenta e difende,
giusta delega in atti;
DEA

PARTENOPE

S.R.L.

[IN

-unuinAzToN3 P.I.

09296981005, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN

DANIELA DE BERARDINIS, che la rappresenta e difende,
giusta delega in atti;
– controri correnti –

avverso la sentenza n. 8241/2011 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 10/01/2012 R.G.N. 9810/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/11/2014 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato CERUTTI GILBERTO;
udito l’Avvocato DE BERARDINIS DANIELA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

TOMMASO D’AQUINO 104, presso lo studio dell’avvocato

Svolgimento del processo
Con sentenza dell’8/11/11 — 10/1/2012 la Corte d’appello di Roma ha rigettato
l’impugnazione proposta da Malogioglio Valerio avverso la sentenza del giudice
del lavoro del Tribunale capitolino che gli aveva respinto la domanda volta alla

Chiara s.r.I., che aveva ceduto l’attività commerciale alla società Dea Partenope
s.r.I., ed alla richiesta di condanna al pagamento delle differenze retributive per lo
svolgimento dell’attività di cameriere presso il ristorante denominato “Napul’è” dal
20.4.2007 al 28.5.2007.
La Corte di merito ha, anzitutto, escluso che il messaggio telefonico inviato dal
cellulare intestato al compagno della titolare del predetto ristorante, col quale
sarebbe stato espresso, secondo il ricorrente, l’intento della gestione del predetto
esercizio di interrompere ogni rapporto di lavoro, potesse avere efficacia
confessoria ai fini della dimostrazione del lamentato licenziamento. Inoltre, la
stessa Corte ha ritenuto che dalle prove testimoniali di prime cure, dalle quali era
emerso che il ricorrente aveva lavorato nel mese di maggio del 2008 e solo in
occasione dei giorni di fine settimana, era risultata sfornita di prova la dedotta
circostanza dello svolgimento di una prestazione lavorativa resa per non meno di
46 ore settimanali e per sei giorni a settimana, per cui in mancanza della prova del
presupposto della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato
doveva essere confermata la statuizione di primo grado, con la quale era stata
rigettata la domanda di inefficacia o illegittimità del licenziamento.
Per la cassazione della sentenza ricorre il Malogioglio con due motivi.
Resistono con controricorso la società Santa Chiara s.r.I in liquidazione e la
società Dea Partenope s.r.l.
Motivi della decisione
Col primo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli
artt. 88, 116, 232 e 420 c.p.c., nonché degli artt. 1324, 1362 e 2730 c.c., in quanto

1

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dichiarazione di nullità del licenziamento orale intimatogli dalla società Santa

sostiene che male ha fatto la Corte d’appello a non voler attribuire rilievo al dato
istruttorio rappresentato dal messaggio telefonico registrato sul suo telefono
portatile e proveniente da un’utenza telefonica riconducibile alla gestione del
ristorante ove egli aveva lavorato, messaggio il cui contenuto, come spiegato nelle

stragiudiziale dell’impugnato licenziamento.
Col secondo motivo il ricorrente si duole della insufficienza e contraddittorietà della
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto assume
che anche nella denegata ipotesi di accertamento di una prestazione di lavoro
subordinato soltanto nei fine settimana, cioè in regime di

“part-time”,

la

comunicazione di recesso effettuata dalla parte datoriale doveva, comunque,
qualificarsi come licenziamento equiparabile al recesso in forma verbale, con
dichiarazione della vigenza contrattuale con effetto ex tunc e con condanna alle
conseguenze economiche, stante l’inefficacia della suddetta forma di risoluzione,
nemmeno preceduta da una rituale contestazione.
Osserva la Corte che per ragioni di connessione i due motivi appena riassunti
possono essere trattati congiuntamente.
Il ricorso è infondato.
Invero, nel censurare la parte della motivazione della sentenza concernente
l’accertata mancanza di rilievo al dato del messaggio telefonico registrato
sull’apparecchio portatile del ricorrente, in quanto proveniente da un’utenza
telefonica non intestata alla società datrice di lavoro presso la quale aveva
saltuariamente lavorato il Malogioglio, il quale non aveva nemmeno fornito la
prova del fatto costitutivo della domanda, il ricorrente si limita semplicemente a
contrapporre la sua tesi difensiva, già espressa nelle precedenti fasi di merito del
giudizio, sulla valenza di confessione stragiudiziale che tale messaggio avrebbe
avuto nel concretizzare l’ipotesi di un licenziamento verbale inefficace, senza
spiegare, tuttavia, in che modo la Corte di merito avrebbe violato, nel suo

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precedenti fasi di merito, aveva, a suo giudizio, un valore confessorio

ragionamento immune da rilievi di tipo logico-giuridico, le summenzionate norme
del codice civile e di rito e, soprattutto, senza considerare che tale questione, sulla
quale il medesimo si dilunga, non rappresenta affatto un punto decisivo della
controversia.

risulta essere scalfita dalle odierne censure, è sostanzialmente basata sulla
riscontrata mancanza di prova della sussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato tra le parti in causa, avendo la Corte d’appello
accertato tramite testi, con motivazione congrua ed esente da rilievi di legittimità,
la sussistenza di sole prestazioni lavorative occasionali di breve durata in un arco
temporale limitato, vale a dire nei fine settimana del solo mese di maggio, ragione,
quest’ultima, per la quale la Corte territoriale ha ritenuto infondate le doglianze
dell’appellante che si basavano sul presupposto, rimasto sfornito di prova, dello
svolgimento di una prestazione lavorativa per non meno di quarantasei ore
settimanali e per sei giorni a settimana.
Per tali motivi il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio nella misura di € 3000,00 per compensi professionali e di €
100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma 11 19 novembre 2014
Il Consigliere estensore

Infatti, una parte della “ratio decidendi” dell’impugnata sentenza, che allo stato non

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