Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9788 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/04/2010, (ud. 12/03/2010, dep. 23/04/2010), n.9788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – President – –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consiglie – –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consiglie – –

Dott. BOTTA Raffaele – Consiglie – –

Dott. BERTUZZI Mario – Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24645-2005 proposto da:

FLLI RUBINI DI RUBINI ROMANO & RINO SNC in persona del

legale

rappresentante pro tempore, R.R. in qualita’ di socio,

RU.RO. in proprio, U.I. in proprio, elettivamente

domiciliati in ROMA VIALE ANGELICO 103, presso lo studio

dell’avvocato LETIZIA MASSIMO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAOLUCCI FRANCESCO, giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BOLOGNA 2, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

e contro

GEST LINE SPA – CONCESSIONARIO PER LA RISCOSSIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 88/2005 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 3 0/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/03/2010 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PAOLUCCI VITTORIO per delega AVV.

PAOLUCCI FRANCESCO, che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato URBANI NERI ALESSIA, che ha

chiesto l’inammissibilita’ o il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 9 novembre 1996, a rogito Rossi rep. 21330/4960, la snc Fratelli Rubini, di R.R. e Ru.Ro., vendette ai suoi due soci, per il prezzo di L. 1.200.000.000, l’intero capitale della s.r.l. Fratelli Rubini, riportato in bilancio per il prezzo d’acquisto di L. 1.760.000.000. Con atto dello stesso giorno e dello stesso notaio Rossi, avente un successivo numero di repertorio (n. 21332/4962), la s.n.c. vendette altresi’ alla s.r.l. Rubini la propria azienda, fino ad allora condotta dalla s.r.l. in affitto, ponendosi in liquidazione. L’ufficio II.DD. di Bologna notifico’ tre avvisi di accertamento: col primo (Ilor) disconobbe la minusvalenza di 560.000.000 esposta nel bilancio 1996 della societa’ in nome collettivo F.lli Rubini, realizzata con la vendita del capitale della societa’ a responsabilita’ limitata (in forza della quale l’utile di gestione di L. 450.000.000 si era tradotto nella perdita di L. 110.000.000); con gli altri due (irpef) carico’ meta’ ciascuno sui soci della s.n.c. Rino e Romano Rubini il reddito in tal modo accertato in capo alla collettiva. Le impugnazioni distintamente proposte dalla societa’ e dai soci furono respinti dalla CTP ed, in sede di appello, previa riunione, dalla CTR di Bologna. Societa’ e soci, nonche’ U.I., ricorrono per la cassazione della sentenza d’appello con nove motivi. L’Amministrazione finanziaria resiste con controricorso. Sia nei gradi di merito che i questo di legittimita’ i ricorsi sono stati notificati anche alla Gest Line s.p.a. quale concessionaria del servizio di riscossione della provincia di Bologna, che non si e’ costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va dichiarata inammissibile il ricorso di U.I., che non risulta aver partecipato alla precedenti fasi del giudizio.

II primo motivo e’ rubricato come “art. 360 c.p.c., n. 5: vizio assoluto per in parte omessa ed in parte falsata e contraddittoria motivazione”.

Esso e’ inammissibile perche’ si dilunga in considerazioni che non hanno riscontro nella motivazione della sentenza impugnata senza individuare con chiarezza i fatto decisivo sul quale la motivazione sarebbe stata omessa, falsata (?) e contraddittoria.

Anche il secondo motivo (rubricato come “art. 360 c.p.c., n. 5: vizio di errata e contraddittoria motivazione”) e’ inammissibile perche’ non individua il fatto decisivo la cui considerazione errata e contraddittoria avrebbe condotto al preteso errore di giudizio. R’ criticato (in quanto condotto sul volume di affari e sommando “il valore di una azienda di proprieta’ di terzi”) un criterio di stima che non ha riscontro nella sentenza impugnata; ed e’ censurata come omessa la considerazione di una perizia giurata che la CTR non ha trascurato ma implicitamente disatteso, avendo privilegiato gli elementi di giudizio desumibili dalle risultanze dei prezzi di acquisto delle quote rivendute.

Il terzo mezzo (“art. 360 c.p.c., n. 5: Vizio di errata e contraddittoria motivazione”) critica la CTR perche’ avrebbe trascurato di considerare che l’azienda era stata venduta alla s.r.l.

dopo e non prima della cessione delle quote, sicche’ il prezzo di queste non poteva ricomprenderne il valore. Ma la sentenza non e’ incorsa nell’errore denunciato: non ha sommato il valore dell’azienda a quello delle quote, ma ha ritenuto che queste ultime – indipendentemente dal valore dell’azienda – dovessero stimarsi non meno del prezzo al quale erano state acquistate negli anni precedenti, che risultava di L. 1.670.000.000=.

Il quarto motivo e’ rubricato: “Art. 360 c.p.c., n. 3: Violazione di legge per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 66 – art. 360 c.p.c., n. 5: Motivazione carente e contraddittoria”. Con esso si sostiene viziata “la sentenza che vorrebbe pretendere legittimo o corretto il richiamo e l’applicazione dell’art. 66 sulla base di motivazioni che invero risultano invece attinenti piu’ all’art. 75, T.U.I.R.”.

Sta in contrario che la CTR ha escluso la deducibilita’ della minusvalenza risultante dalla rivendita delle quote della s.r.l.

Rubini proprio ai sensi del richiamato art. 66, sul rilievo che “Le minusvalenze, come recita il detto art. 66, al comma 1, sono deducibili se sono realizzate ai sensi dell’art. 54, comma 1 e comma 5, lett. a) e b)… Nel caso in questione si ritiene, invece, che la minusvalenza indicata non sia deducibile in quanto manca il presupposto di base, e cioe’ a causa dell’incertezza e dell’oggettiva indeterminabilita’ della minusvalenza stessa”. E cio’ in quanto “data l’identita’ sostanziale di cedenti e cessionari” non fosse attendibile il riferimento al prezzo pattuito fra le parti, ma occorresse “far riferimento a dati oggettivi, quali si rilevano dalla vita dell’azienda”, congruamente individuati nei documentati costi di acquisto delle partecipazioni rivendute.

Il quinto motivo (Art. 360 c.p.c., n. 3: Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 – art. 360 c.p.c., n. 5: Carenza assoluta di motivazione”) lamenta che la CTR avrebbe errato “nel ritenere sussistenti nella fattispecie le presunzioni gravi, precise e concordanti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, lett. d)”, “in ragione dell’assoluta carenza di motivazione” sul punto.

Anche tale motivo e’ in parte inammissibile ed in parte infondato, perche’ il fondamento della presunzione e stato ritenuto in base ad un giudizio di fatto ragionevolmente motivato, avendo la CTR osservato che la “cessione dell’intero pacchetto posseduto a fronte di un corrispettivo di L. 1.200.000.000, inferiore al valore delle quote determinato come sopra, fa sorgere, come affermato dai primi giudici, un forte sospetto di volere aggirare gli obblighi d’imposta, con la determinazione di una minusvalenza deducibile di L. 560.000.000”.

Sesto, settimo ed ottavo motivo (rubricati: “art. 360 c.p.c., n. 5:

vizio assoluto di motivazione”) sono inammissibili per difetto di sufficienza, perche’ non delineano in maniera comprensibile le circostanze di fatto decisive che sarebbero state trascurate, e non precisano in che termini ed in quali atti dei giudizi di merito sarebbero state rappresentate.

Il nono motivo (art. 360 c.p.c., n. 3: violazione di legge per “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 47 – art. 360 c.p.c., n. 3: Violazione di legge per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49 e dell’art. 283 c.p.c. – art. 360 c.p.c., n. 5: Carenza assoluta di motivazione”) critica il mancato accoglimento della istanza di sospensione della esecutivita’ dei provvedimenti impugnati, motivato dalla sentenza col rilievo che, in base al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, “il giudice tributario d’appello puo’ sospendere le esecuzioni di sentenze di primo grado solo per quanto concerne le sanzioni, non le imposte e gli interessi”.

Poiche’ tutti gli altri motivi di ricorso sono infondati, ed il rigetto dei ricorsi introduttivi risulta definitivamente confermato, il motivo resta assorbito.

Va dunque respinto il ricorso, e condannati i ricorrenti al rimborso delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti a rimborsare le spese del giudizio, liquidate in Euro 6.200.00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

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