Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9788 del 19/04/2017

Cassazione civile, sez. trib., 19/04/2017, (ud. 09/09/2016, dep.19/04/2017),  n. 9788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Stella – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3551-2011 proposto da:

COMUNE DI PERUGIA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio

dell’avvocato GOFFREDO GOBBI, rappresentato e difeso dall’avvocato

LUCA ZETTI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

UNIVERSITA’ STUDI DI PERUGIA, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 82/2010 della COMM.TRIB.REG. di PERUGIA,

depositata l’11/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/09/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZETTI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato FIGLIOLIA che si riporta e

chiede l’inammissibilità;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso preliminarmente la riunione dei

ricorsi 2, 3, 6, accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel 2008 la CTP Perugia ha accolto (erroneamente in narrativa la sentenza impugnata riferisce il contrario) il ricorso con cui l’Università degli Studi di Perugia si è opposta all’avviso di accertamento relativo a ICI per l’anno 2001, pretesa dal Comune di Perugia per alcuni terreni siti in località (OMISSIS), adibiti alla realizzazione del polo ospedaliero ed universitario.

La CTR ha confermato la sentenza di primo grado, con pronuncia 11 ottobre 2010 n. 82.

Secondo la Commissione, il Comune aveva richiesto il pagamento dell’imposta perchè nell’anno in oggetto l’area non era ancora stata destinata concretamente ad attività sanitaria o didattica, sicchè mancava la destinazione ad attività assistenziali, sanitarie, didattiche, etc., indispensabile per vantare l’esenzione.

Il giudice di appello per contro ha ritenuto che la destinazione cui si riferisce il D.Lgs. n. 50/924, art. 7 nel prevedere l’esenzione prescinde dal concreto ed effettivo svolgimento di attività, se permane la destinazione e la strumentalità del bene. Ha citato Cass. 9448/08.

Il Comune di Perugia ha proposto ricorso per cassazione, notificato l’8 febbraio 2011, svolgendo quattro motivi, illustrati da memoria.

L’Università ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) La Commissione regionale ha rilevato che le aree erano da considerare strumentali alle attività di cui all’art. 7 perchè cedute proprio dal comune all’Ateneo per realizzare il complesso ospedaliero.

Inoltre ha osservato che era infondato l’argomento dedotto in via subordinata dal Comune, relativo alla non esclusività della destinazione agevolata, essendo prevista una parziale destinazione commerciale.

La sentenza impugnata ha osservato che l’ente locale non aveva fornito elementi per stabilire la reale esistenza ed individuazione delle attività commerciali cui aveva fatto cenno.

Ha infine rilevato che comunque le attività commerciali, secondo quanto non contestato in causa, non erano ancora operanti nell’anno di imposta e comunque avrebbero interessato una minima parte dell’area.

3) Con il primo motivo il Comune deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) e art. 87 TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986).

Ripropone la tesi già sostenuta in appello, secondo la quale il requisito oggettivo per l’esenzione deve essere desunto dalla verifica in concreto dell’attività svolta.

Afferma pertanto che la concessione edilizia era stata rilasciata nel 2002 e che la destinazione urbanistica del bene era preordinata ad attività miste e quindi i terreni non sarebbero stati oggetto all’epoca di utilizzo concreto ed attuale per fini istituzionali esenti.

La censura è infondata.

Opportunamente in controricorso l’avvocatura dello Stato rileva che la normativa va interpretata nel senso che l’esenzione spetta per gli immobili destinati alle attività agevolate anche nell’arco temporale precedente all’ultimazione della struttura edificanda. In caso contrario le aree fabbricabili sarebbero escluse dell’esenzione, sebbene si tratti di immobili posseduti e utilizzati dai soggetti contemplati nelle disposizioni agevolative.

Evidenzia inoltre che sin dal 2000, con le iniziative documentate in atti pubblici, era stato dato concreto utilizzo ai terreni per la costruzione del Polo Ospedaliero Universitario.

3.1) Trattasi di considerazioni che sono già al fondo della sentenza impugnata e che la Corte reputa meritevoli di conferma.

Nel singolare caso di specie è incontroverso che le aree siano state attribuite all’Ateneo dal Comune e siano state destinate a fini didattici, secondo la concreta possibilità costituita dalla necessità di costruire gli edifici in cui svolgere l’attività stessa.

Ora, poichè è pacifico che la concessione edilizia sia stata rilasciata a questi fini nell’arco di tempo ragionevole per l’utilizzo materiale, non può negarsi che la destinazione effettiva sia stata quella agevolata dal legislatore. Per destinazione dell’immobile deve intendersi infatti l’uso concretamente possibile in relazione alla natura del bene: l’area edificabile che sia impegnata e effettivamente assoggettata ai passaggi burocratici e materiali indispensabili per l’edificazione dei locali universitari, assistenziali, etc è area che rientra nel novero degli immobili agevolati.

Diverso potrebbe essere il trattamento qualora l’area non venga impegnata con atti amministrativi inequivoci e tempestivi al fine protetto dal legislatore fiscale o addirittura qualora fosse ambiguamente trattenuta per una rivendita speculativa o altro fine. In tal caso l’ente pubblico proprietario non potrebbe vantare il diritto all’agevolazione.

Per contro l’utilizzo in senso amministrativo e virtuale documentato dalla concessione edilizia attesta tutto quanto la parte può e deve dimostrare, atteso che anche l’espletamento indispensabile delle pratiche burocratiche necessarie per la edificazione dei locali universitari costituisce utilizzo dell’immobile, senza che assumano rilievo i precedenti indicati i ricorso, relativi a casi non sovrapponibili a quello esaminato.

4) Il secondo motivo espone violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) e art. 87 TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), nonchè dell’art. 2697 c.c., con riferimento al capo di sentenza afferente il requisito dell’esclusività.

Vi si deduce che non era onere del Comune dare la prova della destinazione del terreno a finalità esclusivamente didattico-sanitarie e nemmeno della proporzione tra parte commerciale e non commerciale. Si tratterebbe di onere gravante sul contribuente e l’esenzione varrebbe solo per un uso esclusivo e diretto per fini istituzionali.

Il ricorso sostiene che ha carattere innovativo e non interpretativo la norma di cui al D.L. n. 203 del 2005, art. 2, comma 7 e che comunque l’ente non commerciale perderebbe l’esenzione se esercitasse negli immobili attività non agevolate.

Anche questi rilievi sono privi di fondamento.

In primo luogo, quanto alla destinazione minimale dei locali adibiti a bar ristorante nell’ambito del progettato Polo Ospedaliero Universitario, va osservato che è l’ente Comune ad aver rilasciato la concessione ad edificare, cosicchè la eventuale prevalenza della destinazione commerciale su quella didattico ospedaliera avrebbe dovuto e potuto essere rilevata e documentata, per elementare criterio di vicinanza della prova e di allegazione dei fatti costitutivi della pretesa, sin dall’atto di accertamento.

In secondo luogo è da osservare che la tesi della decadenza dal beneficio per una non completa destinazione a finalità ricettive si fonda proprio sul presupposto della parzialità della destinazione commerciale.

In proposito il testo riportato in ricorso: “l’esenzione disposta dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. I si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale” sembra da interpretare in modo del tutto opposto a quello affermato dal Comune. La norma tende infatti ad escludere dal beneficio il contribuente che destini esclusivamente ad attività aventi natura commerciale gli immobili de quibus e non a imporre la decadenza per un uso solo parzialmente commerciale.

Anche in questo caso opportunamente l’avvocatura erariale ha rilevato che l’interpretazione più congrua è nel senso che, ferma la agevolazione in relazione ad aree interessate dall’edificazione del Polo, solo dopo l’edificazione e l’eventuale destinazione di parte di esse a finalità commerciali, i relativi fabbricati resteranno soggetti ad ICI, subendo un trattamento fiscale non agevolato.

4.1) Va aggiunto che non rileva quanto affermato da Cass. 6712/15, la quale ha negato il beneficio a una Fondazione in relazione ad un immobile in fase di realizzazione destinato, nell’intento della proprietà, ad attività sanitaria psichiatrica.

La Corte ha in quel caso considerato mancante il requisito oggettivo dell’attività effettivamente svolta, perchè ha negato rilevanza alla “mera intenzione di destinare il bene alla data attività prevista dalla legge”.

Diverso è il caso odierno, in cui la effettività della destinazione è stata ritenuta provata dal giudice di merito muovendo dalla circostanza che è stato lo stesso comune a concedere l’area all’Università e ad approvare sollecitamente il relativo progetto in fase di esecuzione. Un siffatto accertamento corrisponde a una nozione di destinazione effettiva e concreta che, anche in considerazione della natura degli enti coinvolti, appare al Collegio conforme a legge.

5) In queste riflessioni trova già risposta il terzo motivo di ricorso, che denuncia violazione delle norme già citate e vizi di motivazione.

Secondo parte ricorrente vi sarebbe insanabile contrasto tra le motivazioni aggiuntive della sentenza impugnata, in cui si dice che non erano ancora iniziate le attività commerciali, che insisteranno, secondo progetto, su minima parte dell’area e l’avere ritenuto non necessario un utilizzo istituzionale concreto del bene a fini esentativi.

La censura non merita accoglimento, giacchè si è già osservato che, in presenza dei presupposti soggettivi, allorquando gli immobili siano costituiti da aree edificabili sussistono i requisiti per l’agevolazione alla condizione, rispettata, che siano impegnate, e quindi destinate, per le finalità agevolate.

Il successivo utilizzo commerciale di parte minore e complementare di esse non inficia la destinazione dell’area e può assumere rilievo solo quando sia in concreto apprezzabile la destinazione dell’edificio costruito, per quella parte in ipotesi sottratta alla agevolazione.

Non è quindi contraddittorio il ragionamento svolto dalla Commissione regionale.

6) Resta rigettato implicitamente anche l’ultimo motivo, relativo a sanzioni e interessi pretesi sul tributo, questione che segue la sorte della decisione relativa all’esistenza del diritto all’agevolazione.

7) Sussistono, in ragione della novità della materia e della singolarità del caso, le ragioni per compensare le spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione quinta civile, il 9 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2017

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