Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9788 del 04/05/2011

Cassazione civile sez. II, 04/05/2011, (ud. 09/03/2011, dep. 04/05/2011), n.9788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26765/2005 proposto da:

P.I. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DEL VIGNOLA 11, presso lo studio

dell’avvocato IOANNUCCI Mattia, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIAMBASTIANI SILVANA;

– ricorrente –

contro

PREFRA LUCCA UFF TERRITORIALE GOVERNO LUCCA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 578/2004 del GIUDICE DI PACE di LUCCA,

depositata il 27/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/03/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza indicata in epigrafe è stata respinta l’opposizione proposta da P.I. avverso sette ordinanze ingiunzioni con cui le erano state irrogate sanzioni pecuniarie, per aver emesso in nome della s.r.l. Mauro Pieraccini dieci assegni bancari dopo la revoca dell’autorizzazione del trattario.

Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione P. I., in base a due motivi. La Prefettura di Lucca non ha svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso P.I. si duole del mancato riconoscimento, da parte del Giudice di pace, dell’errore di fatto in cui ella era incorsa, reso evidente dalla sua qualità di mera esecutrice di ordini che le venivano impartiti dall’amministratore della s.r.l. Mauro Pieraccini, in nome della quale aveva emesso gli assegni in questione, in alcuni casi postdatandoli, come era usuale nell’ambiente imprenditoriale: il che a suo dire la giustificava, essendo imprevedibile l’improvviso tracollo della società e la conseguente immediata chiusura dei conti a questa intestati.

La censura va disattesa, poichè l’errore di fatto, per il disposto della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 3, non esime da responsabilità se è determinato da colpa: colpa che motivatamente, nella sentenza impugnata, si è ritenuto sussistente nella specie, in considerazione della qualità di procuratrice della s.r.l. Mauro Pieraccini, conferita a P.I. con ampi poteri comprendenti la emissione di assegni, il che le imponeva di vigilare diligentemente sulla regolarità dei titoli, anche sotto i profili della presenza della provvista e della persistenza dell’autorizzazione della banca trattaria. Nè rileva che in alcuni titoli la data fosse stata omessa o postergata, poichè in tal caso il traente assume su di sè il rischio della sopravvenienza della mancanza di fondi o della revoca dell’autorizzazione, al momento in cui gli assegni vengono presentati per la riscossione (v. Cass. 23 agosto 2006 n. 18345).

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta che erroneamente il giudice a quo ha negato l’applicabilità nella specie della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 8, che pertinentemente era stato invocato, stante la pressochè contestuale emissione degli assegni in questione, i quali erano stati posti all’incasso nel giro di soli quattro mesi.

Neppure questa doglianza è fondata, poichè la norma richiamata da P.I. disciplina il c.d. concorso formale, che presuppone l’unicità dell’azione o dell’omissione con cui contemporaneamente vengono violate distinte disposizioni o più volte la medesima disposizione (v. Cass. 21 maggio 2008 n. 12844, pronunciata proprio con riferimento a un caso di plurime emissioni di assegni privi di provvista o in mancanza di autorizzazione: ipotesi prevista dalla L. 15 dicembre 1990, n. 386, art. 5, al solo fine dell’irrogazione di ulteriori sanzioni amministrative accessorie).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Non vi è da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, nel quale l’intimata non ha svolto attività difensive.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2011

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