Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9785 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/04/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 14/04/2021), n.9785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11697-2017 proposto da:

C.M. SRL UNIPERSONALE, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA MONTE SANTO, 2, presso lo studio dell’avvocato CARLONI SIMONA,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

GEOFOR SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BISAGNO 14, presso

lo studio dell’avvocato TAGLIAFERRI RICCARDO, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIOVANNELLI ALBERTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1894/2016 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 28/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/12/2020 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La società C.M. s.r.l., unipersonale, impugnava gli avvisi di liquidazione della Tari relativamente all’annualità 2014, opponendo che la superficie adibita a magazzino da essa detenuto era utilizzata per il deposito delle merci acquistate e destinate alla rivendita, produttiva, in quanto tale, non di rifiuti urbani solidi come prospettato dalla società Geofor, bensì di rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani, smaltiti a cura e spese dello stesso contribuente secondo il regime speciale di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 226, comma 2, eccependo che l’intera superficie doveva essere scomputata dalla imposizione, ai sensi della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 649. In via subordinata chiedeva la riduzione forfettaria della superficie al 40% di quella calpestabile secondo le norme contenute nel regolamento comunale.

La CTP di Pisa accoglieva parzialmente il ricorso, determinando la tassa sulla superficie forfettariamente determinata nel 70% di quella calpestabile.

La contribuente impugnava la decisione di primo grado. La società Geofor proponeva appello incidentale.

La CTR della Toscana respingeva il gravame proposto in via principale, accogliendo quello incidentale, sul rilievo che la superficie produttiva di rifiuti urbani solidi era stata quantificata sulla base di un sopralluogo della società Geofor e che la documentazione fotografica prodotta non dimostrava che i pallet in legno provenissero proprio dal magazzino, rappresentando i rifiuti in una zona aperta priva di qualsiasi riferimento all’azienda della società. Statuiva ancora che i formulari depositati erano illeggibili, affermando peraltro che le diciture contenute nelle caselle erano state ribattute.

Avverso la sentenza n. 1894/2016, depositata il 28.10.2016, la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L’ente resiste con controricorso, cui replica la società contribuente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. L’ente ricorrente censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la suindicata sentenza per violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c.; per avere il decidente violato il principio di non contestazione, atteso che la società Geofor, nel giudizio di primo grado, si era limitata, quanto ai formulari, a dedurre che dalla loro lettura emergeva che il magazzino non produceva solo imballaggi terziari ma anche altri rifiuti non assimilabili ai primi, eccependo che i pallet in legno non costituissero rifiuti in quanto riutilizzabili (mentre quelli non riutilizzabili sono destinati al normale circuito di smaltimento previsto per i rifiuti urbani);- che risultavano prodotti imballaggi in carta e cartone ed in legno, contestando quindi che la società contribuente producesse in modo prevalente imballaggi terziari. Quanto alle fotografie, si era limitata a contestare la natura di imballaggi terziari dei rifiuti in essi rappresentati, qualificandoli come rifiuti speciali da smaltire nell’ordinario ciclo.

Adduce la ricorrente che, quindi, la controparte non aveva giammai smentito che le fotografie riproducessero le merci imballate e custodite nei magazzini della società nè le quantità esattamente indicate nei formulari e confermate dalla società Geofor.

3.Con la seconda censura, si lamenta l’omessa valutazione circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5; per avere i giudici regionali inferito la natura degli imballaggi dai formulari anzichè dalle fotografie, atteso che la definizione di imballaggio terziario ha esclusivamente natura funzionale.

4. Con l’ultimo mezzo, si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4, ex art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè il difetto di motivazione, mancando l’esposizione delle ragioni di diritto poste a base del convincimento della decisione dei giudici regionali, escludendo la natura terziaria degli imballaggi in assenza della relativa indicazione nei formulari prodotti dalla contribuente, benchè non via sia un onere imposto dal legislatore di indicare la qualità dell’imballaggio smaltito nei formulari prodotti dall’impresa.

5. La prima censura non supera il vaglio di ammissibilità.

Preliminarmente, si rileva che la ricorrente non ha trascritto l’atto di appello incidentale della società Geofor, ma solo alcune delle difese svolte in primo grado.

La società intimata, dal canto suo, ha replicato di aver sempre contestato che le fotografie potessero rappresentare la quantità degli imballaggi terziari ed il suo rapporto con i rifiuti solidi urbani, mancando quindi la prova della produzione prevalente di rifiuti speciali non assimilabili.

L’omessa trascrizione dell’atto di appello incidentale priva la censura della necessaria specificità, atteso che nel giudizio tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, previsto al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, mentre non si estende alle eccezioni improprie (recte, in senso lato) o alle mere difese che restano sempre deducibili (Sez. 6-5, Ordinanza n. 11223 del 31/05/2016; Sez. 5, Ordinanza n. 22105 del 22/09/2017; Sez. 6-5, Ordinanza n. 31224 del 29/12/2017; n. 16011/2019).

Ne consegue l’inammissibilità della censura così formulata senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, poichè non riporta, quantomeno nelle parti essenziali, il contenuto degli atti processuali rilevanti, i quali non risultano prodotti in questa sede e rispetto ai quali non vengono fornite indicazioni in ordine alla loro allocazione nei fascicoli d’ufficio dei diversi gradi del giudizio di merito o nei fascicoli di parte. Il ricorrente, infatti, non ha provveduto a rispettare i vincoli formali imposti dai predetti articoli del codice di procedura civile, secondo cui è onere dello stesso indicare specificamente gli atti e i documenti su cui si fonda la censura, nonchè la loro sede, affinchè la Corte sia dispensata dal gravoso compito di accedere a fonti esterne e sia, quindi, posta nelle condizioni di avere completa e agevole cognizione della controversia, alla stregua del c.d. principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione.

Inoltre, la disciplina dettata dall’art. 112 c.p.c. sancisce solo il divieto per il Giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o, comunque, di emettere una decisione che non trovi corrispondenza con la domanda; non potendo alterare il petitum o la causa petendi, con l’attribuzione al postulante di un bene diverso da quello richiesto o comunque non ricompreso nella domanda; ma non vieta al giudice di pronunciare sulla scorta di una ricostruzione dei fatti diversa da quella prospettata dalle parti.

Chiarito l’esatto significato del principio ex art. 112 c.p.c., deve precisarsi come non sussista alcuna violazione dell’esposto principio nella decisione del giudice di rigettare la domanda per difetto delle condizioni della sua fondatezza, le quali ben possono essere rilevate d’ufficio, anche in grado di appello, ovviamente nei limiti delle risultanze acquisite in fase istruttoria e nei limiti del devoluto. Ciò perchè la non contestazione, di cui all’art. 115 c.p.c., comma 2, opera sul piano probatorio ed esclude dal tema di indagine i fatti che non siano stati espressamente contestati, ma non limita l’attività di giudizio e, quindi, non spiega effetti quanto alla qualificazione giuridica dei fatti stessi, che il giudice può compiere a prescindere dalle posizioni assunte dalle parti (Cass. n. 20998/2019). La violazione dell’art. 115 c.p.c., tra l’altro denunciata dal ricorrente, può essere dedotta come vizio di legittimità non in riferimento all’apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma solo sotto due profili: qualora il medesimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale (Cass. 11 ottobre 2016, n. 20382)

In altri termini occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c..(Cass. n. 18092/2020; n. 4699 del 2018; n. 16812/2018; n. 13395 del 2018; n. 11176 del 2017; n. 23940/2017)

6. La seconda censura è parimenti inammissibile.

Nel denunciare l’omesso esame di un fatto decisivo – la produzione fotografica la ricorrente ha introdotto surrettiziamente una rivisitazione del merito della controversia; limitandosi a contrapporre alle argomentazioni dei giudici di merito proprie valutazioni su elementi di fatto (natura degli imballaggi, irrilevanza dei formulari) finendo per formulare una richiesta di riesame del merito della lite non consentita in questa sede di legittimità. Difatti, attribuendo rilevanza ai fini della qualificazione dei rifiuti alla produzione fotografica, la ricorrente tenta di rimettere in discussione la valutazione di insignificanza di quelle fotografie operata dalla CTR fiorentina.

Le critiche articolate dalla difesa della ricorrente non hanno il tono proprio di una censura di legittimità. Esse, sotto l’apparente deduzione del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata la vicenda (cfr. Cass., Sez. Un., 17 dicembre 2019, n. 33373). In breve, la complessiva censura traligna dal modello legale di denuncia di un vizio riconducibile all’art. 360 c.p.c., perchè pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti, senza neppure confrontarsi con la ratio decidendi (S.U.n. 8053 del 2014; S.U. n. 34476/2019).

7. Parimenti il terzo motivo non supera il vaglio di ammissibilità.

Con esso l’ente contribuente denuncia l’omessa motivazione in ordine alla qualificazione degli imballaggi come terziari, contraddicendosi nell’illustrazione del mezzo, nella parte in cui dà atto che il decidente ha invece escluso la natura terziaria degli imballaggi sulla base dei formulari, motivando la qualificazione data agli imballaggi rappresentati nelle fotografie e argomentando che le foto rappresentavano, in realtà, merce non riconducibile all’attività svolta nei magazzini dell’azienda sia per l’assoluta carenza di indicazioni relative alla sede in cui i pallet e l’altro materiale era stato allocato, sia per l’illeggibilità dei formulari.

8.In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovute.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso.

– Condanna la ricorrente alla refusione delle spese sostenute dalla società Geofor che liquida in Euro 2.500.00, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge.

– Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovute.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

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