Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9784 del 23/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/04/2010, (ud. 12/03/2010, dep. 23/04/2010), n.9784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – President – –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consiglie – –

Dott. BERNARDI Sergio – Consiglie – –

Dott. BOTTA Raffaele – Consiglie – –

Dott. BERTUZZI Mario – Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 20766/05 R.G. proposto da:

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro

p.t., e Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t.,

domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che li rappresenta e difende secondo la legge;

– ricorrenti –

contro

Acetati S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t.,

elettivamente domiciliata in Roma, via Antonio Bertoloni, n. 29,

presso lo studio Camozzi-Bonissoni, rappresentata e difesa dagli

Avvocati Giuseppe Camosci e Salvo Pettinato per procura speciale

rilasciata con firma autenticata per Notaio Luigi Lanteri, rep. n.

27966 in data 26.9.2005;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 19/2/05 della Commissione tributaria regionale

del Piemonte, depositata il 12.4.2005, notificata il 30.5.2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 12 marzo 2010 dal relatore Cons. Dott. Giuseppe Vito Antonio

Magno;

Uditi, per i ricorrenti, l’Avvocato dello Stato Alessia Urbani Neri

e, per la controricorrente, l’Avvocato Paolo Berruti, per delega;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- Il ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate ricorrono, con due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe che, rigettando l’appello dell’ufficio, confermava la sentenza n. 152/1/2002 con cui la commissione tributaria provinciale di Verbania aveva accolto, previa riunione, i ricorsi proposti dalla ditta Acetati S.p.A. avverso l’avviso di accertamento IRPEG e ILOR 1997 (con rispettiva richiesta di Euro 368.801,87 e di Euro 161.475,41, oltre Euro 663.843,37 per sanzioni) e avverso l’avviso di rettifica della dichiarazione IVA per lo stesso anno (richiesta di pagamento della somma di Euro 237.857,32); atti impositivi emessi il 19.3.2002, a seguito d’indagini il cui esito aveva indotto l’ufficio a ritenere che tre fatture, per l’importo complessivo di Lire 1.930 milioni, contabilizzate con indebita deduzione del relativo costo, si riferivano ad operazioni soggettivamente inesistenti, e precisamente a lavori che un terzo (Sinco Engineering S.p.A.) aveva eseguito non a favore della contribuente, ma di altra ditta (Italpet Preforme S.p.A.): societa’ partecipi, come anche la contribuente, di un unico gruppo (Mossi e Ghisolfi M&G).

1.2.-. La nominata ditta contribuente resiste mediante controricorso.

2.- Questioni pregiudiziali.

2.1.- Il ricorso proposto dal ministero dell’economia e delle finanze ed il controricorso, in quanto rivolto contro lo stesso ministero, sono inammissibili, poiche’ tale amministrazione – cui e’ succeduta l’agenzia delle entrate a far data dal 1. 1.2001 non fu parte nel giudizio d’appello, introdotto con atto depositato in data 31.3.2004, avendo partecipato a tale giudizio solo l’ufficio di Verbania di detta agenzia, unica legittimata pertanto in questo giudizio di cassazione (Cass. n. 9004/2007).

2.2.- Le relative spese debbono essere interamente compensate fra le parti, essendo i suddetti atti reciprocamente inammissibili.

3.- Motivi del ricorso.

3.1.- Col primo motivo di censura l’agenzia ricorrente deduce nullita’ della sentenza d’appello, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36; art. 132 c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c., asserendo che la commissione regionale non avrebbe “realmente esaminato l’appello dell’Ufficio e non si sarebbe minimamente espressa sulle questioni di merito oggetto della controversia”, limitandosi ad esporre “una mera parvenza di motivazione, affidata a clausole di stile, priva di alcun riscontro concreto con il materiale processuale e mancante del sia pur minimo esame delle numerose deduzioni di merito poste dall’Ufficio”.

3.2.- Col secondo motivo, censura detta sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38; D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, nonche’ per insufficienza ed incongruita’ della motivazione, per non avere considerato che, in tema di rettifica delle dichiarazioni del contribuente, l’amministrazione si avvale legittimamente di presunzioni semplici, fondate su indizi gravi, precisi e concordanti; e quindi per aver disatteso, senza esame e motivazione adeguati, gli elementi – intestazione a terzi dei documenti di trasporto dei materiali (evidentemente non destinati alla contribuente), assoluta brevita’ (tre giorni) del tempo concesso per l’esecuzione di costosi lavori appaltati con semplice lettera d’incarico, inesistenza della prescritta documentazione attestante l’apertura di un cantiere della contribuente medesima – addotti dall’ufficio a sostegno della pretesa fiscale, dando invece adito e credibilita’ alle affermazioni indimostrate di controparte.

4.- Decisione.

4.1.- Il secondo motivo di ricorso e’ fondato e deve essere accolto;

il primo motivo deve essere rigettato per infondatezza. Previa cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, la causa deve essere rinviata ad altra sezione della commissione tributaria regionale del Piemonte, che rinnovera’ il giudizio uniformandosi ai principi esposti ai par. 5.2.2, 5.2.3, e provvedere anche sulle spese di questo giudizio di cassazione.

5.- Motivi della decisione.

5.1.- La sentenza impugnata, motivata sostanzialmente in relazione a quella di primo grado – di cui riporta pero’ l’essenziale contenuto, richiamando poi anche le ragioni di critica espresse dall’ufficio appellante -, non puo’ dirsi del tutto carente di motivazione o sorretta da motivazione apparente; sicche’ il primo motivo di ricorso (par. 3.1) e’ infondato.

5.2.- Essa tuttavia e’ affetta dai vizi di violazione di legge e di incongruita’ della motivazione, denunziati col secondo motivo (par.

3.2), da accogliere per le ragioni espresse di seguito.

5.2.1.- La commissione regionale, “esaminata la documentazione agli atti”, dichiara innanzitutto di condividere la sentenza di primo grado “idonea e corretta rispetto ai fatti e alla normativa”.

Risulta invece, dalla parte narrativa della pronunzia qui impugnata, che fa commissione provinciale aveva basato la propria decisione sul rilievo che le presunzioni fornite dall’amministrazione, “senza alcune prove certe non possono essere accolte”. Questa affermazione e’ errata, per violazione di legge. Infatti, con riguardo sia all’imposizione diretta sia all’IVA, la legge – rispettivamente, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), (richiamato dal successivo art. 40, per quanto riguarda la rettifica delle dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche); e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, – dispone che l’inesistenza di passivita’ dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni nel caso dell’IVA, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purche’ gravi, precise e concordanti: cio’ significa che la pretesa fiscale e’ legittimamente sostenuta da semplici presunzioni, senza necessita’ che l’ufficio fornisca “prove certe”.

5.2.2.- Il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimita’ e fondatezza dell’atto impositivo, e’ tenuto pertanto a valutare, singolarmente e complessivamente (Cass. nn. 19894/2005, 13819/2003), gli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma solo per inadeguatezza o incongruita’ logica dei motivi che lo sorreggono); solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravita’, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne e’ onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss., e art. 2697 c.c., comma 2, (Cass. nn. 3590/2009, 15395/2008, 2847/2008, 1023/2008, 1727/2007, 19920/ 2006,5991/2006).

Dunque, la commissione regionale ha violato le norme indicate al par.

5.2.1, sia per avere omesso di valutare singolarmente e complessivamente gl’indizi proposti dall’amministrazione, essendosi limitata a tacciarli di mere “illazioni”; sia per avere attribuito alle “spiegazioni offerte dalla parte appellata”, ugualmente non specificate ne’ discusse, la capacita’ di neutralizzare le presunzioni avverse che, “di conseguenza”, giudica prive dei caratteri di gravita’, precisione e concordanza; sia, infine, per avere ignorato che l’annullamento dell’atto impositivo fondato su legittime presunzioni consegue non a “spiegazioni”, piu’ o meno verosimili o attendibili, espresse dal contribuente, bensi’ a valide prove da lui addotte, dimostranti l’infondatezza degli elementi presuntivi.

5.2.3.- Sussiste, altresi’, il vizio di motivazione denunziato, sia sotto l’aspetto dell’insufficienza, per mancata esposizione delle ragioni che inducono il giudicante a qua a ritenere stravaganti le presunzioni dell’ufficio (“illazioni” insostenibili a fronte di attendibili spiegazioni di controparte); sia sotto l’aspetto dell’incongruenza logica, per avere affermato che “mentre risulta una pluralita’ di contratti non risulta una pluralita’ di cantieri”:

frase che sembra confortare – evidentemente al di la’ delle intenzioni – la tesi erariale, secondo la quale non esisteva un cantiere Acetati, ma solo un cantiere Italpet, e che alcune forniture eseguite a favore di quest’ultima ditta erano state fittiziamente fatturate alla prima, che le aveva indebitamente dedotte come costi propri.

5.2.4.- Occorre a questo punto precisare, per rispondere ad una precisa eccezione della resistente (controricorso, pagg. 13 e 14), che l’erronea indicazione, nel secondo motivo di ricorso, di una delle norme violate (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, riferentesi alla rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche, anziche’ artt. 39 e 40, stesso D.P.R., trattandosi d’imprenditore non persona fisica) non determina l’inammissibilita’ della censura, essendo necessaria e sufficiente la chiara esposizione – mediante una circostanziata critica delle soluzioni adottate da giudice del merito – del vizio riconducibile alla violazione o falsa applicazione di una norma di legge, identificabile dal giudice di legittimita’, che e’ posto in condizione di svolgere il suo compito istituzionale allorche’ il quid disputandum e’ chiaramente ricavabile – come nel caso di specie – dal solo esame del ricorso (Cass. nn. 20292/2004, 11202/2003, 3997/2003, 7886/1994, 10501/1993).

6.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso proposto dal ministero dell’economia e delle finanze e compensa interamente fra le parti le relative spese. Accoglie il secondo motivo di ricorso proposto dall’agenzia delle entrate, rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra sezione della commissione tributaria regionale del Piemonte.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 12 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2010

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