Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9783 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. lav., 26/05/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 26/05/2020), n.9783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14805-2014 proposto da:

VIESSEVI DI V.G. & C. S.N.C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato RENATO MACRO,

rappresentato e difeso dagli avvocati ERMANNO BALDASSARRE,

ALESSANDRO BALDASSARRE;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati GIANDOMENICO

CATALANO, LORELLA FRASCONA’, che lo rappresentano e difendono;

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA SCIPLINO, ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 41/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 04/02/201 r.g.n. 302/2013.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Bergamo rigettava i ricorsi proposti da Viessevi di V.G. & c s.n.c. in opposizione alle cartelle esattoriali emesse dall’INPS e dall’INAIL per contributi e premi dovuti in relazione alle prestazioni rese nel periodo 2004-2007 da n. 4 lavoratori, formalmente artigiani. La sentenza rigettava anche il ricorso avente ad oggetto l’accertamento negativo rispetto al provvedimento di variazione del rapporto assicurativo presupposto del credito iscritto a ruolo dall’INAIL.

2. Le pretese impositive recepivano l’esito dell’accertamento congiunto DPL, INAIL e INPS del 11/11/2009 – che traeva origine dal verbale di constatazione del nucleo di Polizia Tributaria di Bergamo del 28/5/2008 – secondo il quale i contratti di appalto stipulati dalla società con i quattro artigiani pavimentisti dovevano in realtà essere ritenuti contratti di lavoro a progetto ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61 e, in difetto del progetto, convertiti in rapporti di lavoro subordinato, con la conseguente fondatezza delle pretese per contributi e premi e relativi accessori.

3 La Corte d’appello di Brescia confermava la sentenza del Tribunale, argomentando che nella fattispecie in esame non era configurabile un appalto, stante l’assenza di organizzazione di impresa degli artigiani piastrellisti. Alla luce delle risultanze di causa, argomentava la Corte, i rapporti oggetto di causa si dovevano ritenere concretati secondo lo schema negoziale della cosiddetta parasubordinazione o meglio della collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale; tuttavia, in assenza di specifico progetto, la prestazione doveva essere ritenuta D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 69, comma 1 di lavoro subordinato alle dipendenze della committente.

4. Per la cassazione della sentenza Viessevi s.n.c. ha proposto ricorso, affidato a 7 motivi, cui hanno resistito con controricorso I’Inps e l’INAIL.

5. Viessevi di V.G. & c s.n.c. ha depositato memoria ex art. ex art. 380-bis. 1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo di ricorso la società deduce la falsa applicazione dell’art. 1655 c.c. e lamenta che la Corte bresciana abbia ritenuto preclusa all’artigiano piccolo imprenditore la possibilità di stipulare contratti di appalto.

7. Come secondo motivo deduce la violazione dell’art. 1362 c.c. e lamenta che la Corte territoriale non abbia considerato la volontà delle parti di porre in essere un contratto di appalto.

8. Come terzo motivo lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e la nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c. in relazione alla comune intenzione delle parti quale risultante anche dalle dichiarazioni dei quattro artigiani.

9. Come quarto motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2222 c.c. e lamenta che la prestazione non sia stata fatta rientrare nel contratto d’opera.

10. Come quinto motivo lamenta l’omesso esame e la contraddittorietà della motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui la sentenza non avrebbe spiegato la ragione per la quale il lavoratore autonomo debba essere titolare di piccola impresa, avendo ritenuto che l’attrezzatura della quale i piastrellisti disponevano (flessibile, taglierina, martello, mazzette, miscelatore) non fosse sufficiente a consentire lo svolgimento dell’attività produttiva atta a garantire il risultato pattuito con la committente.

11. Come sesto motivo deduce l’omesso esame circa più fatti decisivi per il giudizio e lamenta che la Corte non abbia motivato sul perchè la prestazione dei piastrellisti, che erano gli unici artigiani a svolgere tale attività specialistica, non avendo la Viessevi dipendenti addetti a tale mansione, non sia stata ritenuta di lavoro autonomo, non essendo stato svolto un esame circostanziato sull’obbligo di rispettare un determinato orario e sulle assenze per ferie e malattie.

12. Come settimo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, comma 1 e art. 69, commi 1 e 2 e sostiene che la sussistenza del contratto d’opera, nel caso configurabile, escluderebbe l’applicazione della norma richiamata.

13. Tutti i motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, attenendo alla qualificazione dei rapporti di lavoro operata dal giudice di merito ed alle conseguenze di tale qualificazione.

14. Essi devono essere disattesi, risultando infondati sotto i lamentati profili che attengono alla violazione di legge e inammissibili nella parte in cui censurano la ricostruzione delle risultanze fattuali operata dal giudice di merito.

15. Occorre premettere che la Corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che i contratti realizzati da Viessevi con gli artigiani pavimentisti dovessero essere sussunti nella fattispecie contrattuale del lavoro a progetto, introdotta dal D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61 ss. (e successivamente eliminata dal D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 52 che ha abrogato del D.Lgs. n. 276 del 2003, gli artt. da 61 a 69 bis) che ha circoscritto la categoria dei rapporti previsti dall’art. 409 c.p.c., n. 3, ed ha assunto il ruolo di schema negoziale tendenzialmente esclusivo con il quale acquisire prestazioni lavorative connotate dalla coordinazione, dalla continuità e dalla prevalente personalità.

16. La qualificazione come parasubordinata dell’attività svolta è risultata la prima e fondamentale ratio decidendi, adottata dal giudice di merito, che ha dunque applicato il principio secondo il quale con il D.Lgs. n. 276 del 2003, c.d. riforma Biagi, dal 24 ottobre 2003, operante ratione temporis, non era possibile, fatte salve alcune eccezioni che qui non rilevano, instaurare rapporti di parasubordinazione, ovvero di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, se non riconducibili ad un progetto, programma di lavoro o fase di esso.

17. Nel qualificare le prestazioni rese dai piastrellisti nell’ambito della c.d. parasubordinazione – figura introdotta a fini processuali dall’art. 409 c.p.c., comma 1, n. 3 (di recente modificato dalla L. n. 81 del 2017, art. 15, comma 1, lett. a)) e richiamata a fini sostanziali dal surrichiamato D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61 – la Corte territoriale si è attenuta ai principi elaborati da questa Corte, secondo i quali “Perchè sia configurabile un rapporto di cosiddetta parasubordinazione ai sensi dell’art. 409 c.p.c., n. 3, devoluto alla competenza del giudice del lavoro, è necessario che la prestazione d’opera del collaboratore autonomo con l’ente preponente sia continuativa e personale, o prevalentemente personale, e che l’attività si svolga in connessione o collegamento con il preponente stesso, per contribuire al conseguimento delle finalità cui esso mira” (Cass. n. 24361 del 01/10/2008, Cass. n. 23744 del 17/09/2008).

18. Requisiti della c.d. parasubordinazione sono stati così ritenuti la continuatività, che ricorre quando la prestazione non sia occasionale ma perduri nel tempo ed importi un impegno costante del prestatore a favore del committente (Cass. 23 dicembre 2004, n. 23879), la coordinazione, intesa come connessione e collegamento funzionale con l’attività del preponente stesso, per contribuire alle finalità cui esso mira (Cass. 6 maggio 2004, n. 8598) e la natura prevalentemente personale della prestazione svolta.

19. Tali indici la Corte territoriale ha ravvisato nella fattispecie in esame: ha infatti rilevato che i quattro pavimentisti avevano reso una prestazione personale, non essendosi avvalsi di alcun collaboratore e possedendo unicamente attrezzature minime, quali taglierina, martello, mazzette, miscelatore, che custodivano nel garage di casa, in cantina o in automobile. Essi avevano lavorato con continuità esclusivamente in favore della società appellante, unica loro committente per l’intero periodo di causa e soltanto a carico della quale essi avevano emesso fatture. Inoltre, le prestazioni erano eseguite per l’intera durata dell’anno, lavorando gli artigiani tutti i giorni nei cantieri della società a fronte di un corrispettivo pagato mensilmente e calcolato sulla base della metratura eseguita. La loro prestazione, infine, era rigorosamente coordinata e funzionalmente connessa con l’organizzazione aziendale della Viessevi che, oltre a consegnare i materiali per la posa (piastrelle e colla), dava ai quattro le direttive necessarie. Gli artigiani in pratica erano i piastrellisti fissi della Viessevi e lavoravano all’interno del cantiere, coordinati dal capo cantiere.

20. Tali elementi risultavano quindi idonei a ricondurre la prestazione alla fattispecie delineata dal D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61 e ss. secondo gli indici elaborati da questa Corte e sopra richiamati.

21. Allo scopo di rendere applicabile la disciplina del co.co.pro., del resto, non ostava la natura formalmente artigiana dell’attività svolta dai lavoratori, che non ne contraddiceva il carattere prevalentemente personale, considerato che ai sensi della L. 8 agosto 1985, n. 443, è imprenditore artigiano “colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo”.

22. Neppure ostava la tipologia contrattuale (contratto di appalto) formalmente adottata, che presuppone, secondo quanto ha chiarito la giurisprudenza di questa Corte, un’organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto (v. Cass. 16 novembre 2017 n. 27258 ed anche Cass. 29 maggio 2001, n. 7307; Cass. 21 maggio 2010, n. 12519), del tutto assente nel caso in assenza di fattori produttivi esterni, quali capitale investito e/o dipendenti.

23. Occorre comunque ribadire anche a tale proposito che ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro, il “nomen iuris” adottato dalle parti, pur essendo elemento necessario di valutazione, non costituisce fattore assorbente, in quanto può rilevare solo in concorso con altri validi elementi differenziali o in caso di non concludenza degli altri elementi di valutazione, occorrendo dare prevalenza alle concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro (v. Cass. n. 4884 del 01/03/2018, Cass. n. 1717 del 23/01/2009).

24. L’accertamento fattuale compiuto dal giudice di merito infine non è stato censurato ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, nè poteva esserlo in ragione dell’operare dell’applicabilità, nel giudizio di cassazione, dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5 (introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. a) conv. con modif, nella L. n. 134 dello stesso anno) applicabile, a norma dell’art. 54, comma 2 medesimo decreto, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione a far data dal 11 settembre 2012 (come chiarito da Cass. n. 26860 del 18/12/2014 e Cass. ord., 24909 del 09/12/2015), il quale prevede che la disposizione contenuta nel precedente comma 4 – ossia l’esclusione del vizio di motivazione dal catalogo di quelli deducibili ex art. 360 c.p.c. – si applica, fuori dei casi di cui all’art. 348 bis, comma 2, lett. a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado (cosiddetta “doppia conforme”, v. Cass. n. 23021 del 29/10/2014).

25. Nel caso, poichè la ricostruzione delle emergenze probatorie effettuata dal Tribunale è stata confermata dalla Corte d’appello, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 avrebbe dovuto indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528 del 10/03/2014, n. 26774 del 22/12/2016), ciò che nel caso non è stato fatto.

26. In relazione alle conseguenze della qualificazione così operata del rapporto, basta qui ribadire che il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, comma 1, (anche nel testo “ratione temporis” applicabile, anteriore alle modifiche apportate dalla L. n. 92 del 2012) ha previsto per il contratto di lavoro che rientri nella previsione degli artt. 61 ss., ma manchi di specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, l’automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione (Cass. 04/04/2019 n. 9471, Cass.06/05/2019, n. 11778), con applicazione quindi delle garanzie del lavoro dipendente, anche sotto il profilo contributivo e assicurativo, senza necessità di accertamenti giudiziali sulla natura del rapporto. Sicchè neppure rilevava nel caso l’accertamento, della cui mancanza si duole la ricorrente, di uno stringente controllo sull’orario di lavoro o sulle assenze per ferie e malattie, e dunque di elementi dai quali desumere la natura subordinata della prestazione quali l’eterodirezione datoriale.

27. La qualificazione che deriva ex lege dall’assenza di progetto supera e assorbe il rilievo dell’Inail, che ricorda come per effetto del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 5 operante ratione temporis, la sussunzione del rapporto nell’alveo della subordinazione avrebbe comunque determinato la sussistenza dell’obbligo assicurativo, con tutti i relativi adempimenti a carico del committente.

28. Segue coerente il rigetto del ricorso.

29. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

30. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore di ciascuno dei controricorrenti in complessivi Euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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