Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9782 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/04/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 14/04/2021), n.9782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27993-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

T.T.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 326/12/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELL’EMILIA ROMAGNA, depositata il 15/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA

COSMO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1 T.T. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Modena avverso l’avviso di accertamento in rettifica con il quale l’Agenzia delle Entrate, contestava l’esistenza dei costi riportati ai conti “Lavorazioni esterne” e ” Lavorazioni in subappalto” con conseguente ripresa a tassazione di costi ritenuti non detraibili cui seguiva il recupero dell’Iva indebitamente detratta e la rideterminazione del reddito di impresa per l’anno di imposta 2008.

2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso.

3.La sentenza veniva impugnata da Agenzia Entrate-Riscossioni e la Commissione Regionale Tributaria della Regione Emilia Romagna rigettava l’appello rilevando che il contribuente aveva fornito la prova mediante produzione delle fatture e degli assegni bancari del sostenimento delle spese che risultavano congrui ed inerenti.

4. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate Riscossioni ha proposto ricorso per Cassazione sulla scorta di due motivi. Il contribuente non si è costituito.

5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 si sostiene che la CTR avrebbe disatteso i principi giurisprudenziali secondo i quali i costi devono essere provati nella loro certezza determinazione ed inerenza dal contribuente e non con la semplice produzione delle fatture e dei mezzi di pagamento.

1.1 Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate deduce nullità della sentenza per omessa motivazione in violazione dell’art. 132 disp. att. c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

2. Il primo motivo è fondato, difformemente dalla proposta del relatore.

2.1 Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, nel testo vigente ratione temporis stabiliva al comma 1 che “i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme del presente capo non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni”. Il comma 5 a sua volta prevedeva che “le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito” Da questo complesso disposto normativo la giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente tratto l’insegnamento secondo cui i costi, per essere ammessi in deduzione quali componenti negativi del reddito di impresa, debbono soddisfare “i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità” (10167/12; 13806/14; 1565/14.)

2.2 II contribuente è tenuto altresì a dimostrare la coerenza economica dei costi sostenuti nell’attività d’impresa, ove come nel caso di specie – sia contestata dall’Amministrazione finanziaria anche la congruità dei dati relativi a costi esposti, in difetto di tale prova essendo legittima la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (cfr. Cass. nn. 4454/10, 26480/10, 7701/13, 6972/2015, Cass. n. 11235/2015).

2.3 L’orientamento da ultimo ricordato si arricchisce di ulteriori precisazioni svolte da questa Corte per le ipotesi, come quella di specie, di fatture per operazioni relative a presunti contratti di appalto e subappalto il contenuto delle quali viene messo in discussione dall’Ufficio.

2.4 In materia di Iva si è infatti ritenuto che ove l’Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, cioè sia mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere, ha l’onere di fornire – alla stregua del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2 – elementi validi per affermare che l’operazione fatturata non è stata effettuata (ad esempio, provando che la società emittente la fattura è una “cartiera” o una società “fantasma”) e in tal caso passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (Cass. 19 ottobre 2007, n. 21953; Cass. 11 giugno 2008, n. 15395; Cass. 30 ottobre 2013, n. 24426; Cass. 18 dicembre 2014, n. 26854).

2.5 Ovviamente tale prova non potrà consistere nella esibizione della fattura, nè nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali sono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. 3 dicembre 2001, n. 15228; Cass. 10 giugno 2011, n. 12802; Cass. 14 gennaio 2015, n. 428; Cass., sez. 6-5, ord. 15 maggio 2018, n. 11873; Cass. 5 luglio 2018, n. 17619; Cass. 19 ottobre 2018, n. 26453).

2.6 Nella fattispecie l’operato dei giudici di seconde cure non si è conformato ai principi sopra esposti in quanto a fronte del disconoscimento delle spese e dei costi conteggiati come componenti passivi del reddito di impresa, l’impugnata sentenza ha correttamente valutato gli elementi di prova della loro esistenza e del loro ammontare ma non ha svolto un esauriente accertamento circa la sussistenza del nesso causale tra la spesa e l’attività di impresa limitandosi ad affermare con riferimento all’inerenza delle operazioni che l’Agenzia non aveva tenuto conto “della particolare natura delle stesse che come è noto sono di tipo artigianale”.

3 D secondo motivo è infondato

3.1 Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. E’ noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si concretizza nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. In particolare, il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione introdotta dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis, presuppone che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. E così, ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.

3.2 Nella specie la CTR, contrariamente a quanto opinato dal ricorrente, ha, sia pur in modo sintetico, enunciato le ragioni in fatto e diritto, in parte non corrette come sopra precisato, in modo da rispettare il parametro del ” minimo costituzionale”.

3. Ilprimo motivo di ricorso va, quindi, accolto, rigettato il secondo, e l’impugnata sentenza va cassata, con riferimento al motivo accolto, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il primo motivo del ricorso rigettato il secondo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

 

 

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