Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9782 del 04/05/2011

Cassazione civile sez. II, 04/05/2011, (ud. 01/03/2011, dep. 04/05/2011), n.9782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17457/2005 proposto da:

B.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SAN GODENZO N. 44, presso lo studio dell’avvocato SIBILIO

Giacomo, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.A.;

contro

B.S.M. (OMISSIS), B.V.E.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 111, presso lo studio dell’avvocato D’AMATO DOMENICO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RIVOLTA ANDREA;

– controricorrenti –

e contro

BR.LA. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 851/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 31/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

01/03/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;

udito l’Avvocato Nardo Pasquale con delega depositata in udienza

dell’Avv. Sibilio Giacomo difensore del ricorrente che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con distinti atti di citazione del 1997, B.F. aveva convenuto di fronte al tribunale di Monza Br.La. e S. e B.V., chiedendo lo scioglimento della comunione ereditaria apertasi a seguito del decesso di B.L., rispettivamente padre e marito dei predetti, e la assegnazione dei beni in ragione della quota di sua spettanza.

Si costituivano le convenute, aderendo alla domanda di divisione e chiedendo che si procedesse a collazione dei beni donati in vita dal de cuius.

Disposta ed espletata apposita CTU, all’esito, l’adito Tribunale, con sentenza del 2002, provvedeva allo scioglimento della comunione ed alla attribuzione delle quote spettanti ad ognuno dei condividenti, previa collazione e determinando i conguagli in moneta dovuti.

Le spese venivano compensate.

Avverso tale sentenza ha proposto appello B.F.L., impugnazione cui hanno resistito le controparti; con sentenza in data 16.2/31.3.2005, la Corte di appello di Milano ha respinto il gravame del B. ed ha regolato le spese.

Ha ritenuto la Corte meneghina infondate le doglianze afferenti alle valutazioni espresse dal CTU, segnatamente circa il valore complessivo degli immobili e in ordine all’ammontare delle quote di competenza di ciascun erede, come pure relativamente alla mancata ricomprensione per collazione dei boxes esistenti sul terreno donato a V. nel compendio ereditario.

Quanto all’attribuzione del capannone di Via (OMISSIS) poi, l’avvenuta donazione in vita di parte dello stesso a favore delle controparti, che avevano proposto istanza di assegnazione, creava una situazione che non poteva trovare soluzione diversa da quella prospettata dal CTU e poi fatta propria dalla sentenza impugnata.

Per la cassazione di tale sentenza il B. ha proposto ricorso sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria, cui resistono V. e B.S., mentre l’altra intimata, della quale si assume (e si documenta) in controricorso l’avvenuto decesso anteriormente alla notifica del presente ricorso, non ha svolto attività difensiva.

Con ordinanza collegiale veniva quindi disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi della predetta;

provvedutosi a tanto, si perviene all’odierna udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, si lamenta omessa motivazione e falsa applicazione di norme di diritto in ordine alla valutazione di ultroneità e inammissibilità della domanda di lesione della quota di legittima del B..

In realtà, nel corso del motivo, ci si riferisce ad omessa pronuncia sulla domanda di corretta applicazione dell’art. 542, e segg.;

l’appellante infatti non aveva contestato la quota di sua spettanza, ma piuttosto eccepito che al fine dell’individuazione dei beni componenti la quota di legittima, non era stato rispettato l’art. 556 c.c., in ragione dell’erroneo calcolo del beni relitti con riferimento al futuro valore di essi; che non erano stati detratti eventuali debiti del de cuius; che non si era tenuto conto ai fini della collazione, delle donazioni indirette.

Il primo rilievo è assolutamente generico, atteso che non si specifica alcunchè al riguardo limitando la censura alla citazione di una massima di questa Corte, di cui peraltro non si spiega l’attinenza alla fattispecie concreta; il secondo pecca anch’esso di genericità, atteso che non si specifica di quali debiti si tratterebbe, come generico è il terzo profilo, atteso che neppure a tale riguardo si indicano le donazioni cui ci si riferisce; è appena il caso di rilevare che, ove si volesse parlare del denaro occorrente per la costruzione dei boxes, la sentenza fornisce ampia motivazione al riguardo e di tanto si dirà in prosieguo.

Tanto premesso il motivo non coglie la ratio decidendi, atteso che la sentenza impugnata ha affermato che in primo grado non era stata proposta una domanda di riduzione, che non era comunque proponibile, vertendosi in tema di successione ab intestato e che le quote di legittima riconosciute superavano quelle spettanti ai legittimari.

TI motivo non può quindi trovare accoglimento in quanto infondato e, in parte qua, inammissibile.

Con il secondo mezzo si lamenta contraddittoria motivazione e violazione e falsa applicazione di norme di legge in ordine alla donazione indiretta effettuata dal de cuius a favore della figlia V..

Si lamenta in particolare che la sentenza impugnata avrebbe da un lato riportato l’affermazione del Tribunale secondo cui i boxes erano stati realizzati dopo il 19 marzo 1979 (data della donazione) e che nessun rilievo aveva quindi il soggetto che li aveva realizzati e, dall’altro che non sussisteva alcuna prova esaustiva che V. fosse stata donataria indiretta dei manufatti (o del denaro occorso per la realizzazione degli stessi).

In realtà non è dato cogliere contraddizione alcuna tra la condivisa affermazione del Tribunale e l’ulteriore, diversa, ma coincidente ratio decidendi circa l’insussistenza di prove convincenti al riguardo; in ogni modo, con la doglianza de qua non si supera il raggiunto accertamento della sussistenza o meno del difetto delle condizioni per la collazione dei boxes.

In ogni caso, è infondato il motivo di censura relativo al profilo secondo cui, pur in presenza dell’accertata costruzione dei manufatti in epoca successiva alla donazione del terreno, sarebbe stato onere della donataria di provare, al fine di escludere la collazione, l’insussistenza di una donazione indiretta; nella specie infatti, quanto latita, sotto il profilo probatorio, è proprio la circostanza che i boxes fossero stati costruiti dal de cuius o con denaro donato dal de cuius, cosa questa che fa venir meno la qualità di donataria (indiretta) in capo a V..

Con il terzo motivo si lamenta insufficiente motivazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento alla non facile divisibilità del capannone di Via (OMISSIS).

Si assume non corretta l’affermazione secondo cui la questione della divisibilità era stata superata dalla circostanza che con le donazioni l’attore aveva pressochè esaurita la propria quota di legittima e si sostiene che non essendo provata l’indivisibilità dell’immobile, lo stesso andava diviso o comunque interamente assegnato alla coerede Br..

Se, relativamente a questa ultima tesi, il motivo è chiaramente carente di interesse, devesi rilevare che lo stesso, nel resto, dimostra di non aver colto il senso della ratio della pronuncia adottata, che ha ritenuto che il B. avesse optato per la collazione per imputazione e che, avendo il bene a lui donato il valore di L. 88.000.000 ed essendo la quota a lui spettante di L. 90.000.000, il bene, di cui le coeredi avevano chiesto l’attribuzione congiunta,, poteva essere ricompreso nella porzione di queste ultime ex artt. 726 e 727 c.c..

Anche tale motivo deve essere pertanto respinto.

Con il quarto ed ultimo mezzo si lamentano “vizi di motivazione, ex art. 360, n. 5, in ordine alle critiche alle risultanze della consulenza tecnica”.

Le critiche si sostanziano sulla stima dei boxes ed i quesiti relativi, essendo irrilevante che gli stessi fossero stati esclusi dalla divisione, alla mancata prospettazione di una divisione del capannone, ed alla valutazione della destinazione urbanistica del terreno ove sorge il capannone, nonchè ai canoni di locazione degli immobili.

La sentenza impugnata si è pronunciata sui detti profili, aderendo all’affermazione del CTU sull’edificabilità di una volumetria potenziale e non certa del terreno e sul carattere assorbente dall’assegnazione del capannone rispetto all’attribuzione del canone locativo del capannone stesso.

La mancata valutazione dei canoni degli immobili di Via (OMISSIS) e del capannone, quand’anche dovesse sussistere, costituirebbe una violazione di legge (non denunciata) e non certo un vizio di motivazione.

Anche tale motivo deve essere pertanto respinto e, con esso, il ricorso. La spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

la corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in 2.700,00 Euro, di cui 2.500,00 Euro per onorari, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2011

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