Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 978 del 17/01/2017
Cassazione civile, sez. I, 17/01/2017, (ud. 29/11/2016, dep.17/01/2017), n. 978
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente –
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26572/2011 proposto da:
P.G., (c.f. (OMISSIS)), P.M. (c.f.
(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 13,
presso l’avvocato LUCIO NICOLAIS, rappresentati e difesi
dall’avvocato NUNZIO TROIANO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
ORTICOLA MEDITERRANEA SOCIETA’ AGRICOLA A R.L., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
CIRCONVALLAZIONE OSTIENSE 114, presso l’avvocato PATRIZIA STAFFIERE,
rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE SALERNO, giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
S.D., C.S., PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL
TRIBUNALE DI FOGGIA, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA
CORTE D’APPELLO DI BARI;
– intimati –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BARI, depositato il
19/08/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
29/11/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per: 1. Inammissibilità del
ricorso ex art. 366 c.p.c. (Cass. Sezioni Unite 5698 del
11/04/2012); condanna aggravata di parte ricorrente alle spese; 2.
in subordine, rimessione alle Sezioni Unite affinchè statuiscano
l’ambito di applicazione, anche ratione temporis, dell’art. 385
c.p.c., comma 4 e art. 96 c.p.c., atteso che: 2.1. a fronte di
talune sporadiche decisioni della Suprema Corte (così Sez. 6-3,
Ordinanza n. 3376 del 22/02/2016, Rv. 638887, che ha motivatamente
applicato l’art. 385 c.p.c., comma 4), le argomentate domande di
condanna aggravata alle spese proposte da parecchi anni dalla
Procura Generale sono state (implicitamente) disattese dalla Suprema
Corte, omettendo per altro qualunque motivazione al riguardo (v. ex
multis Cass. n. 23865/2015 e 3349/2016); 2.2. da accertamenti
eseguiti dall’Ufficio statistico della Cassazione emerge che, nel
periodo 2006-2015, si registrano soltanto sei condanne aggravate
alle spese ex art. 385, comma 4, a fronte delle migliaia di ricorsi
dichiarati inammissibili o manifestamente infondati soprattutto
dalla Sesta Sezione (deputata per l’appunto al c.d. filtro); 2.3. in
sede penale la condanna all’ammenda è adottata normalmente nei casi
previsti (art. 616 c.p.p. e Corte Costituzionale sent. n. 186/2000);
2.4. la Corte Costituzionale ha ritenuto costituzionalmente
legittima la previsione del novellato art. 96 c.p.c. (sent. n.
152/2016), sicchè a fortiori deve ritenersi immune da qualunque
illegittimità costituzionale anche il più rigoroso precetto
dell’art. 385 c.p.c., comma 4; 2.5. la doverosa applicazione della
condanna aggravata, potrebbe indurre molti Avvocati a desistere da
un ricorso frettolosamente proposto (anche per evitare la
duplicazione del contributo unificato), così contribuendo
efficacemente alla riduzione del contenzioso pendente.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
P.G. e M. hanno proposto ricorso per cassazione, in quattro motivi, avverso il decreto col quale la corte d’appello di Bari ha rigettato il loro reclamo al decreto di omologazione del concordato preventivo di Orticola Mediterranea società agricola a r.l..
La società ha replicato con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Per consolidata giurisprudenza di questa corte, anche a sezioni unite, il ricorso per cassazione redatto per assemblaggio, attraverso la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali, è carente del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3). Invero il requisito, a fronte dell’utilizzo di tale tecnica, non può essere desunto neppure per estrapolazione dall’illustrazione dei motivi (v. da ultimo Sez. 6-3, n. 3385-16, ma v. pure Sez. 6-1, n. 22185-15).
In sostanza, ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3), la pedissequa riproduzione dell’intero letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata, e, per altro verso, inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (cfr. Sez. un. n. 16628-09; Sez. un. n. 19255-10; Sez. un. n. 5698-12).
2. – Da tale indirizzo non si ha ragione di deflettere, donde il presente ricorso, articolato mediante assemblaggio di copia di tutti gli atti del processo di merito – il ricorso per ammissione al concordato, la relazione del commissario giudiziale, il ricorso in opposizione all’omologazione del concordato, la memoria difensiva di controparte, il decreto di omologazione del tribunale, il reclamo L. Fall., ex art. 183, il decreto di fissazione della Camera di consiglio, l’avversa memoria difensiva, il decreto della corte d’appello – intervallato da brevissime frasi di passaggio e concluso dalla mera redazione dei motivi di doglianza, è inammissibile. Prescindendo, come devesi, dalle copie assemblate di atti, manca totalmente l’esposizione dei fatti di causa (art. 366 c.p.c., n. 3).
3. – A ogni modo il collegio reputa di dover sottolineare che le doglianze formulate sarebbero altresì da disattendere.
La prima censura prospetta una violazione o falsa applicazione di norme di legge (art. 2467 c.c., comma 1 e L. Fall., artt. 160, 174, 177 e 180) in quanto sarebbero stati inseriti nella medesima classe dei chirografari, e ammessi al voto, i soci finanziatori portatori di interessi distinti.
E’ invece risolutivo osservare che dalla proposta di concordato, trascritta dagli stessi ricorrenti nel contesto del secondo motivo, emerge l’inserimento di tali creditori in una specifica classe, caratterizzata dal riferimento ai crediti postergati (v. Sez. 1 n. 270609). Sicchè il fondamento della prospettazione non si apprezza.
La seconda doglianza eccepisce un difetto di motivazione in ordine al voto dei creditori anche per i versamenti in conto capitale.
Essa è inammissibile perchè in tal senso suppone di accertare un fatto contrastante con quanto emerge dalla decisione di merito.
La terza censura prospetta eguale vizio di motivazione in ordine all’ammissione del credito vantato da un professionista. Ma omette di indicare il sottostante fatto controverso decisivo, così risultando essa pure inammissibile.
La quarta censura, infine, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1351 e 1470 c.c., nonchè della L. Fall., artt. 160, 174, 177 e 180, oltre che il vizio di motivazione, assume l’inesistenza del diritto di voto del promittente venditore di un terreno perchè il credito non sarebbe maturato prima del contratto definitivo.
Una tale censura è errata nel presupposto, avendo questa corte affermato, in tema di concordato preventivo con cessione di beni, e agli effetti della L. Fall., citato art. 184, che non può considerarsi sorta dopo il decreto di apertura del procedimento di concordato, ed essere coattivamente eseguita sul patrimonio del debitore, una ragione di credito che trovi il proprio fondamento in un fatto costitutivo verificatosi in epoca anteriore, anche se la sentenza che accerti il relativo diritto sia passata in giudicato in data successiva a tale decreto (v. Sez. 1 n. 17637-07).
Trasposto nella fattispecie, il principio consente di affermare che il credito avente a oggetto la corresponsione del prezzo di una vendita sorge, per il promittente venditore, già in dipendenza del preliminare, per le conseguenze che ne derivano quanto al diritto di voto nella procedura di concordato.
4. – In ogni caso quindi il ricorso sarebbe destinato al rigetto.
Prioritaria è peraltro la già vista ragione di inammissibilità.
Spese alla soccombenza.
PQM
La corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti alle spese processuali, che liquida in Euro 8.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 29 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2017