Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9779 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. lav., 26/05/2020, (ud. 30/10/2019, dep. 26/05/2020), n.9779

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20604-2014 proposto da:

A.S.U.R. MARCHE – AZIENDA SANITARIA UNICA REGIONALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 87, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

COLARIZI, rappresentata e difesa dall’avvocato MARISA BARATTINI;

– ricorrente –

contro

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIACINTO

CARINI 32, presso lo studio dell’avvocato LUCILLA COPPACCHIOLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO PARADISI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 100/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 11/02/2014 r.g.n. 488/2013.

Fatto

RILEVATO

CHE:

con sentenza in data 30 gennaio-11 febbraio 2014 n.100 la Corte d’Appello di Ancona riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, accoglieva la domanda proposta da P.P., dirigente amministrativo della ASL di Senigallia – poi AZIENDA SANITARIA UNICA REGIONALE/ASUR MARCHE (in prosieguo ASUR MARCHE) – per la condanna dell’ente al pagamento della maggiorazione minima prevista dall’art. 40 del CCNL 8.6.2000 dirigenza sanitaria, professionale tecnica ed amministrativa del SSN (in prosieguo: CCNL 2000) per l’incarico di direttore di dipartimento, in relazione al periodo gennaio 1998- 8 aprile 2002.

A fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che l’art. 40 del CCNL aveva introdotto la maggiorazione della retribuzione di posizione, con decorrenza retroattiva dal gennaio 1998, per l’incarico di “direttore di dipartimento” e che il P. era titolare di un incarico qualificato come tale.

Respingeva le difese di ASUR MARCHE secondo cui nell’atto di incarico il termine “dipartimento” era stato utilizzato in senso atecnico.

Riteneva non essere significativo il fatto che al direttore del dipartimento fosse equiparato il dirigente incaricato della direzione di più strutture complesse, osservando che la presenza di più strutture complesse era richiesta soltanto nel caso in cui la struttura non fosse già qualificata come dipartimento.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza ASUR MARCHE, articolato in tre motivi, cui ha opposto difese P.P. con controricorso.

Il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

In via preliminare va rilevato che il Collegio è delegato a trattare la questione di giurisdizione – posta dal primo motivo del ricorso – in virtù del decreto del Primo Presidente in data 10 settembre 2018 in quanto essa rientra, nell’ambito delle materie di competenza della Sezione lavoro, tra le questioni indicate nel richiamato decreto sulle quali si sono ormai formati orientamenti interpretativi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte.

Con il primo motivo ASUR MARCHE ha impugnato la sentenza – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1 – per il mancato rilievo del difetto di giurisdizione del giudice ordinario relativamente al periodo del rapporto di lavoro intercorrente dal gennaio 1998 al 30 giugno 1998.

Il motivo è infondato.

Va ricordato il consolidato e condiviso indirizzo di queste Sezioni Unite secondo cui: “in tema di pubblico impiego contrattualizzato, la sopravvivenza della giurisdizione del giudice amministrativo, regolata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, costituisce, nelle intenzioni del legislatore, ipotesi assolutamente eccezionale, sicchè, per evitare il frazionamento della tutela giurisdizionale, quando il lavoratore deduce un inadempimento unitario dell’amministrazione, la protrazione della fattispecie oltre il discrimine temporale del 30 giugno 1998 radica la giurisdizione presso il giudice ordinario anche per il periodo anteriore a tale data, non essendo ammissibile che sul medesimo rapporto abbiano a pronunciarsi due giudici diversi, con possibilità di differenti risposte ad una stessa istanza di giustizia” (vedi, tra le tante: Cass. SU 1 marzo 2012, n. 3183; Cass. SU 29 maggio 2012, n. 8520; Cass. SU 7 gennaio 2013, n. 142, nonchè: Cass. SU 23 novembre -2012, n. 20726; Cass. SU 19 maggio 2014, n. 10918; Cass. SU 17 novembre 2015, n. 23459; Cass. SU 15 marzo 2016, n. 5074; Cass. SU 22 marzo 2017, n. 7305; Cass. SU 29 dicembre 2017, n. 31230);

Nella fattispecie di causa la questione posta all’attenzione dei giudici di merito, con riferimento ad entrambi i periodi di tempo collocati prima e dopo il 30.6.1998, era la medesima, trattandosi di verificare il diritto alla maggiorazione della retribuzione di posizione ai sensi dell’art. 40 del CCNL 1998/2001.

Con il secondo motivo di ricorso ASUR MARCHE ha denunciato violazione e falsa applicazione: degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione agli artt. 50 e 54 CCNL 5.12.1996 per l’area della dirigenza sanitaria, professionale tecnica ed ammnistrativa del SSN (in prosieguo: CCNL 1996); degli artt. 27 e 40 CCNL 2000; della L.R. MARCHE 17 luglio 1996, n. 26; D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 17 bis.

Ha richiamato il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 17 bis, a tenore del quale il direttore di dipartimento è nominato dal direttore generale fra i dirigenti con incarico di direzione delle strutture complesse aggregate nel dipartimento ed ha osservato che la L.R. Marche n. 26 del 1996 – che nel definire il dipartimento non menzionava le strutture complesse confluite in esso – non avrebbe potuto derogare alla norma nazionale e doveva essere interpretata in conformità ad essa.

Alla data di adozione delle delibere n. 122 e n. 128/1997 erano vigenti la L.R. n. 26 del 1996 ed il CCNL 1996, art. 54, che non prevedeva la corresponsione di una indennità di dipartimento; pertanto il termine “dipartimento” non aveva il significato ad esso attribuito dal successivo CCNL 2000, che introduceva una maggiorazione per la direzione del dipartimento, inteso come aggregazione di più strutture complesse secondo l’atto aziendale.

Errava, pertanto, il giudice dell’appello nel fondare la decisione unicamente sull’impiego negli atti aziendali del termine “dipartimento”, senza verificare la sussistenza dei presupposti di legge per l’incarico di direttore di dipartimento nonchè nell’affermare che la presenza di più strutture complesse era richiesta solo per le strutture non qualificate come dipartimento e non per quelle già qualificate come tali.

Dalla lettura delle Delib. n. 122 del 1997 e Delib. n. 128 del 1997 emergeva che l’incarico affidato al P. riguardava una sola unità operativa neppure qualificata complessa, in quanto non rientrante nell’elenco di cui alla Delib. n. 128.

Il dipartimento “Supporto Amministrativo Centrale” era stato istituito solo con Delib. 24 gennaio 2002, n. 35; al P. veniva attribuito l’incarico di direzione di detto dipartimento con Delib. 9 aprile 2002, n. 136.

Con il terzo motivo ASUR MARCHE ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Con il motivo si espone che all’esito della definizione delle tipologie di incarichi operata dal CCNL 2000, artt. 27 e 40, l’Azienda Sanitaria di Senigallia aveva ridefinito l’organigramma aziendale con Delib. 15 dicembre 2000, n. 418. In tale contesto con Delib. n. 419 aveva conferito al P. l’incarico di direzione del servizio provveditorato-economato e di direzione amministrativa di presidio ospedaliero, con decorrenza dall’1 gennaio 2001, terminologia diversa rispetto a quella espressa nelle Delib. n. 122 del 1997 e Delib. n. 128 del 1997, in quanto non contenente la parola “dipartimento”.

La pretesa – anche a non volere accogliere la tesi dell’utilizzo atecnico del termine dipartimento in epoca anteriore al CCNL 2000 -avrebbe dovuto essere, pertanto, ridotta al periodo decorrente fino al 31.12.2000.

I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione, devono essere dichiarati inammissibili.

Ed invero la violazione delle norme di legge e del contratto collettivo nazionale denunciata con il secondo motivo è fondata sulla previa interpretazione delle Delib. direttore generale n. 122 del 1997 e Delib. n. 128 del1997 e sull’assunto che il dipartimento “Funzioni amministrative nel presidio ospedaliero”, istituito con la Delib. n. 122 (la cui direzione era attribuita al P. con la Delib. n. 128), era composto da una unica unità operativa non complessa.

Manca, tuttavia, la trascrizione delle delibere su cui il ricorso si fonda così come della successiva Delib. 24 gennaio 2002, n. 35 con la quale soltanto, secondo le difese della ASL, sarebbe stato istituito un dipartimento (denominato “Supporto Amministrativo Centrale”).

Allo stesso modo nel dedurre con il terzo motivo il vizio di omesso esame delle Delib. 15 dicembre 2000, n. 418 e Delib. 15 dicembre 2000, n. 419 ASUR MARCHE non provvede alla trascrizione delle stesse delibere, limitandosi ad assumere che la Delib. n. 418 avrebbe riorganizzato tutte le articolazioni aziendali e che la direzione affidata al P. con la Delib. n. 419 non riguardava un dipartimento.

Resta pertanto, inadempiuto l’onere, previsto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., n. 6, di provvedere alla specifica indicazione dei documenti sui quali il ricorso si fonda.

Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il comma 1 quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 5.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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