Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9778 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 9778 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: CAMPANILE PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROVINCIA REGIONALE DI CATANIA

Elettivamente domiciliata in Roma, viale delle Milizie, n. 1, nello studio dell’avv. Simona Napolitani; rappresentata e difesa dall’avv. Alfio Maria
Ferlito, giusta procura speciale a margine del ricorso.
ricorrente
contro
VIRLINZI LORENA MARIA – VIRLINZI GIULIANA – VIRLIN-

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doi/4

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Data pubblicazione: 13/05/2015

ZI SIMONA – COCUZZA MARIA – VIRLINZI PINELLA MARIA
ALESSANDRA – VIRLINZI PIERFRANCESCO DOMENICO VIRLINZI GIORGIA GIUSEPPINA

n. 187, nello studio dell’avv. Giovanni Magnano di
San Lio; rappresentati e difesi dall’avv. Matteo
Martinez, giusta procura speciale a margine del
controricorso.
controricorrenti

avverso la sentenza della Corte di appello di Catania, n. 865, depositata in data 24 giugno 2008;
Sentita la relazione svolta all’udienza pubblica
del 25 novembre 2014 dal consigliere dott. Pietro
Campanile;
Sentito per la ricorrenti l’avv. Alfio Ferlito;
Sentito per i controricorrenti l’avv. Matteo Martinez;
Udite le richieste del Procuratore
persona del

Generale, in

sostituto dott. Lucio Capasso, il

quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, incidentale e del secondo motivo del ricorso,
comunque infondato;
Svolgimento del processo

– Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di
appello di Catania, pronunciando sulla domanda di

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Elettivamente domiciliati in Roma, via dei Gracchi,

determinazione delle indennità di espropriazione e
di occupazione di un complesso immobiliare appartenente ai signori Lorena Maria, Giuliana, Francesco

francesco Domenico e Giorgia Giuseppina Virlinzi,
proposta in relazione al procedimento ablativo intrapreso dalla Provincia Regionale di Catania per
la realizzazione di una struttura fieristica in Catania, viale Africa, rigettata l’eccezione di decadenza sollevata dall’ente convenuto, liquidava in
euro 2.160.855,60 l’indennità di espropriazione,
precisando che quella di occupazione era determinata nella misura degli interessi legali su detta
somma per ogni annualità compresa fra il 24 settembre 1990 e il 27 gennaio 1995.
– A tale conclusione la corte territoriale perveniva, dopo aver precisato che ai fini della individuazione della superficie espropriata doveva tenersi conto dei dati risultati dal decreto di esproprio, relativo a un’area di mq 1.800, e che, trattandosi di fabbricato, doveva applicarsi il criterio fondato sul suo valore venale, aderendo alle
conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, il
quale, movendo dalla considerazione
dell’utilizzabilità del bene, inserito in Z.T.O.

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Aurelio, Simona, Pinella Maria Alessandra, Pier-

”industriale, portuale, ferroviaria”, per fini commerciali, ne aveva determinato il valore sulla base
del sistema sintetico-comparativo ed aveva detratto

– Per la cassazione di tale decisione la Provincia
Regionale di Catania propone ricorso, affidato a
due motivi, cui i proprietari (essendo subentrati a
Virlinzi Francesco Aurelio, deceduto il 28 novembre
2000, gli eredi Cocuzza Maria e Francesco Virlinzi)
resistono con controricorso, illustrato da memoria.
Motivi della decisione

2 – Con il primo motivo deducendosi omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio, si
sostiene che la corte territoriale non avrebbe reso
alcuna motivazione in merito all’affermata utilizzabilità dell’immobile per fini commerciali.
2.1 – La censura è inammissibile.
Debbono trovare applicazione, per essere stata impugnata una sentenza depositata in data 24 giugno
2008, le disposizioni del D.Lgs. 2 febbraio 2006 n.
40 (in vigore dal 2 marzo 2006 sino al 4 luglio
2009), con particolare riferimento all’art. 6, che
ha introdotto l’art. 366-bis nel codice di procedura civile, senza che possa rilevare la sua abroga-

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i costi di trasformazione.

zione – a far tempo dal 4 luglio 2009 – ad opera
della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1,
lett. d), in virtù della disciplina transitoria del

nuta conforme a Costituzione, tra le altre, da
Cass., ord. 14 novembre 2011, n. 23800).
I criteri elaborati per la valutazione della rilevanza dei quesiti vanno applicati, infatti, anche
dopo la formale abrogazione, nonostante i motivi
che l’avrebbero determinata, attesa l’univoca volontà del legislatore di assicurare ultra-attività
alla norma (per tutte, v. espressamente Cass. 27
gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n.
12887; Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079).
Con riferimento al capoverso dell’art. 366 bis cod.
proc. civ., va rilevato che, per le doglianze di
vizio di motivazione, occorre la formulazione – con
articolazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso – di un momento di sintesi o di riepilogo (come puntualizza
già Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002, con indirizzo ormai consolidato, a partire da Cass. Sez.
Un., l ottobre 2007, n. 20603: v., tra le ultime,
Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680), il quale
indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo ri-

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suo art. 58, comma quinto (con ultra-attività rite-

spetto al tenore testuale del motivo, chiaramente
il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come

la dedotta insufficienza della motivazione la rende
inidonea a giustificare la decisione; tale requisito non può ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo
all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore,
anzichè su indicazione della parte ricorrente consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure.
In relazione a tale motivo manca del tutto il richiesto momento di sintesi conclusivo.
3 – Con il secondo mezzo, indicandosi idoneo quesito di diritto (ultima frase di pag. 4, ancorchè non
formulata in forma interrogativa : Cass., 14 gennaio 2011, n. 774; Cass., 29 febbraio 2008, n. 5733),
si denuncia violazione dell’art. 2 comma F) del
D.M. 2 aprile 1968, in relazione all’art. 27 delle
N.A del Comune di Catania.
Si sostiene, in particolare, che, in virtù di tali
note, nelle zone classificate come industriali,
nella specie anche in relazione al regime vincolistico correlato alla fascia di trecento metri dal

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pure – se non soprattutto – le ragioni per le quali

mare, non sono previste attività commerciali. La
stima del fabbricato espropriato in base a una sua
destinazione commerciale dovrebbe considerarsi il-

La censura è fondata. Deve applicarsi il principio,
di carattere generale, secondo cui la stima del valore di mercato di un bene espropriato non può prescindere dai vincoli, nella specie di destinazione,
derivanti dal suo inserimento in una determinata
zona. Nella specie, ricadendo il compendio espropriato in ZTO “industriale, portuale ferroviaria”,
la determinazione del suo valore sulla base di
un’ipotetica – quanto incompatibile con le previsioni del P.R.G. – destinazione ad uso commerciale
– contrasta con il principio sopra richiamato.
Infatti la suddivisione del territorio in zone omogenee, come operata dal piano regolatore generale
(a norma dell’art. 41 quinquies, comma 9, della
legge n. 1150/1942, introdotto dall’art. 17 della
legge n. 765/1967) comporta l’effetto di conformare
il contenuto del diritto di proprietà delle aree
comprese nelle singole differenziate zone, corrispondenti alle tipologie descritte nel decreto ministeriale 2 aprile 1968: sicché alla disciplina
degli strumenti urbanistici deve farsi riferimento

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legittima.

sia per accertare la (eventuale) attitudine alla
edificazione (e i limiti di densità edilizia) della
specifica area in rapporto alla “zona territoriale

2003, n. 1739), sia per individuare la destinazione
di un fabbricato ai fini della determinazione del
suo valore. Non può infatti riconoscersi, analogamente a quanto avviene per i terreni, per i quali
vige, di regola, il criterio dell’edificabilità legale, una destinazione di una costruzione desunta
dalle intrinseche caratteristiche dell’area considerata o dal contesto spaziale in cui in concreto
essa si ponga anche in ragione del rapporto di fisica contiguità. Tale appare il criterio utilizzato
nella sentenza impugnata, laddove, senza interrogarsi sulla compatibilità con i vincoli inerenti
alla zona in cui erano inseriti i beni espropriati
(privi evidentemente di destinazione commerciale,
tanto che nella stessa decisione impugnata vengono
considerate le spese per “intervento manutentivo e
cambio d’uso”), si afferma che gli stessi “ricadono
in un comprensorio altamente edificato per edilizia
sia residenziale che commerciale” (per una puntualizzazione delle esigenze connesse alla c.d. “zonizzazione” del territorio e per una critica a cri-

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omgenea” in cui essa è compresa (Cass., 6 febbraio

teri da essa doffrmi, cfr., in motivazione, la recente Cass., 23 maggio 2014, n. 11503).
4 – L’accoglimento del suddetto motivo comporta la

Corte di appello di Catania che, in diversa composizione, applicherà i principi sopra indicati,
provvedendo, altresì, in merito al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio
di legittimità.
P. Q. M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo,
accoglie il secondo. Cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello
di Catania, in diversa composizione.
Così deciso

in Roma, nella Camera di consiglio

della Prima Sezione Civile, il 25 no embre 2014.

cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla

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