Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9776 del 14/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/04/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 14/04/2021), n.9776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23709-2019 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della

CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso

dall’Avvocato VINCENZO CONFORTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 221/28/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA PUGIIA, depositata il 29/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR Puglia, con la sentenza indicata in epigrafe, accogliendo l’appello dell’Ufficio, ha ritenuto fondata la pretesa fiscale esposta nell’avviso di accertamento notificato a P.A. per la ripresa di IRPEF per l’anno 2007, ritenendo che il mancato perfezionamento dell’adesione concordata fra le parti il (OMISSIS) per effetto dell’omesso versamento della prima rata e della successive, aveva determinato il consolidamento dell’originaria pretesa fiscale nella sua integralità.

Il P. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 1, e del D.L. n. 78 del 2019, art. 29, comma 1, lett. a), b), e). La CTR avrebbe errato nel riformare la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’estinzione del giudizio, tralasciando di considerare che l’Ufficio, in relazione al mancato versamento della prima rata, aveva emesso un’intimazione di pagamento per l’intero importo dell’accertamento, in tal modo dando luogo ad una duplicazione della pretesa, senza invece considerare la correttezza della decisione di primo grado con la quale era stata dichiarata l’estinzione del giudizio, una volta emessa l’intimazione di pagamento relativa all’importo complessivo richiesto con l’avviso di accertamento poi definitosi con l’adesione.

Con il secondo motivo si è dedotta la nullità della sentenza per motivazione apparente. La CTR avrebbe dato luogo ad una motivazione apparente, in quanto sulla premessa che il mancato pagamento della prima rata aveva restituito piena efficacia all’originario accertamento, aveva riformato la decisione di primo grado che aveva dichiarato estinto il giudizio, dando luogo ad una doppia imposizione.

Il secondo motivo di ricorso, che merita di essere esaminato con priorità per ragioni di ordine logico, è infondato, non ravvisandosi in alcun modo i presupposti fissati dalla giurisprudenza di questa Corte, a Sezioni Unite, per ravvisare un’ipotesi di motivazione apparente – cfr. Cass., S.U., n. 8053/2014 -.

La CTR ha, per vero, fatto applicazione della giurisprudenza di questa Corte per escludere la ricorrenza dei presupposti della cessazione della materia del contendere in relazione alla perdita di efficacia dell’atto di adesione disciplinato dal D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 8 e 9, facendone conseguentemente e coerentemente derivare la conferma della legittimità della pretesa contenuta nell’atto di accertamento. In ciò non si ravvisa alcun deficit di chiarezza o di insanabile contrarietà all’interno della motivazione.

Anche il primo motivo è infondato.

Occorre muovere, anzitutto, dal dato testuale del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 9, a cui tenore “la definizione si perfeziona con il versamento di cui all’art. 8, comma 1, ovvero con il versamento della prima rata, prevista dall’art. 8, comma 2”.

Tale disposizione rende evidente che il perfezionamento del procedimento di adesione è collegato non già alla conclusione dell’atto di adesione – con le forme previste dal medesimo D.Lgs., art. 7 -.

Ed invero, già Cass. n. 13750/2013 aveva sottolineato che il mancato perfezionamento dell’accertamento con adesione restituisce piena efficacia all’originario accertamento, non assumendo rilevanza la circostanza che i valori accertati avrebbero potuto essere eccessivamente alti, vista la riduzione degli stessi.

Questa Corte ha poi affermato che la procedura di adesione di cui al ricordato D.Lgs. n. 218 del 1997, si perfeziona con il versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione, aggiungendo che ai fini del perfezionamento della procedura di accertamento con adesione del contribuente, il pagamento della prima rata e la prestazione della garanzia non costituiscono una semplice modalità di esecuzione della procedura ma un presupposto fondamentale e imprescindibile di efficacia della stessa; ove questi difettino, la procedura di accertamento con adesione non si perfeziona e la pretesa tributaria permane nella sua integrità (da ultimo Cass. n. 2161/2019, Cass. n. 13143/2018).

Peraltro, secondo quanto affermato da Cass. n. 9485/2018 al mancato versamento delle somme concordate con l’atto di adesione, all’inefficacia dell’accordo sottoscritto consegue altresì l’ammissibilità del ricorso avverso l’avviso di accertamento e la cartella sorta per detto mancato versamento, semprechè tali impugnazioni siano tempestive.

Se dunque il mancato perfezionamento dell’accertamento con adesione restituisce piena efficacia all’originario accertamento, sarà perciò onere del contribuente impugnare l’avviso di accertamento – Cass. n. 13750/2013, cit. -.

Orbene la decisione impugnata si è pienamente uniformata a tale indirizzo.

Nè rileva, come opportunamente evidenziato dalla CTR, la circostanza che in sede di contraddittorio relativo al procedimento di adesione, l’Ufficio abbia riconosciuto che i valori accertati avrebbero potuto essere inferiori attraverso il riconoscimento di costi deducibili, ove si consideri che il mancato perfezionamento dell’accordo, sottoscritto ma non seguito dagli adempimenti prescritti, non ha il valore di riconoscimento del debito tributario “definito e consolidato” – cfr. Cass. n. 9485/2018 -.

Nemmeno la dedotta sussistenza di una duplicità di imposizioni nascente dalla emissione dell’intimazione di pagamento da parte dell’ufficio coglie nel segno, se solo si consideri che tale intimazione, per come puntualmente dedotto dall’Agenzia delle entrate, ha riguardato l’iscrizione dell’intero carico tributario in relazione a quanto previsto dal D.L. n. 78 del 2010, art. 29, in relazione alla riconosciuta esistenza del pericolo di perdere la garanzia del credito. Circostanza che esclude in radice la sussistenza del paventato pericolo di doppia imposizione.

Sulla base di tali considerazioni il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in favore dell’Agenzia delle entrate come da dispositivo, dando atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 11.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021

 

 

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