Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9776 del 13/05/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 9776 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: CAMPANILE PIETRO

Reg.G.11079/2009
11217/2009

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Ud. 5.11.2014
PIANVALLICO S.P.A.

Elettivamente domiciliata in Roma, corso V. Emanuele II, n. 18, nello Studio Grez e Associati S.r.l.;
rappresentata e difesa dagli avv.ti Mauro Giovannelli e Guidi Giovannelli, giusta procura speciale
a margine del ricorso.
ricorrente
contro

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Data pubblicazione: 13/05/2015

CORSINI LORENZO STEFANO

Elettivamente domiciliato in Roma, via Confalonieri, n. 5, nello studio dell’avv. Luigi Manzi, che

a margine del controricorso.
controricorrente
nonché contro
CORSINI CLEMENTE – CORSINI PAOLA – CORSINI ANDREA

Elettivamente domiciliati in Roma, via A. Friggeri,
n. 106, nello studio dell’avv. Michele Tamponi, che
li rappresenta e difende, unitamente agli avv.ti
Paolo Manetti e Giacomo Poma, giusta procura speciale a margine del controricorso.
controricorrenti
nonché contro
COMUNE DI SCARPERIA E SAN PIERO – già COMUNE DI SAN
PIERO A SIEVE
intimato

nonché sul ricorso proposto da
COMUNE DI SCARPERIA E SAN PIERO – già COMUNE DI SAN
PIERO A SIEVE

Elettivamente domiciliato in Roma, via Marianna
Dionigi, n. 57, n. 18, nello studio dell’avv. Simo-

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la rappresenta e difende, giusta procura speciale

netta paradisi; rappresentato e difeso dagli avv.ti
Francesco Alcaro e Sauro Erci, giusta procura spe-

ricorrente
contro
CORSINI LORENZO STEFANO

Elettivamente domiciliato in Roma, via Confalonieri, n. 5, nello studio dell’avv. Luigi Manzi, che
la rappresenta e difende, giusta procura speciale
a margine del controricorso.
controricorrente
nonché contro
CORSINI CLEMENTE – CORSINI PAOLA – CORSINI ANDREA

Elettivamente domiciliati in Roma, via A. Friggeri,
n. 106, nello studio dell’avv. Michele Tamponi, che
li rappresenta e difende, unitamente agli avv.ti
Paolo Manetti e Giacomo Poma, giusta procura speciale a margine del controricorso.
controricorrenti

avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze, n. 1343, depositata in data 29 settembre
2008;
sentita la relazione svolta all’udienza pubblica

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ciale a margine del ricorso.

del 5 novembre 2014 dal consigliere dott. Pietro
Campanile;
Sentito per la ricorrente Pianvallico S.p.a.

Sentiti per il Comune di Scarperia e San Piero gli
avv.ti Alcaro ed Erci;
Sentito per Corsini Lorenzo l’avv. Luigi Manzi;
Sentiti per Corsini Andrea, Clemente e Paola gli
avv.ti Poma e Manetti;
Udite le richieste del Procuratore

Generale, in

persona del sostituto dott. Lucio Capasso, il
quale ha concluso per l’improcedibilità del ricorso
della S.p.a. Pianvallico e per il rigetto del ricorso del Comune di Scarperia e San Piero.
Svolgimento del processo

l – La Corte di appello di Firenze, pronunciando
sulla domanda proposta dai signori Andrea, Lorenzo,
Paola e Clemente Corsini nei confronti del Comune
di San Piero a Sieve, in relazione alle indennità
di espropriazione, occupazione ed asservimento di
alcuni lotti di terreno di loro proprietà, soggetti
a procedimento ablativo nell’ambito della realizzazione del Piano degli Insediamenti Produttivi della
zona Pianvallico, ha determinato in euro
11.515.971,72 l’indennità di espropriazione, in eu-

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l’avv. Guido Giovannelli;

ro 126,90 l’indennità di asservimento di un’area di
423 mq ed in euro 1.012,47 l’indennità di occupazione per ogni anno, ordinandone il deposito, al

siti e Prestiti.
1.1 – A tali conclusioni, per quanto qui maggiormente rileva, la corte territoriale è pervenuta osservando preliminarmente che – essendo stata la relativa domanda validamente e tempestivamente proposta – l’indennità dovesse essere calcolata, tenuto
conto dell’abrogazione ad opera della Corte costituzionale dei criteri riduttivi di cui all’art. 5
bis della 1. n. 359 del 1992, sulla base del valore
di mercato dei fondi.
1.2 – E’ stata a tale proposito rigettata, in quanto tardivamente proposta, la richiesta del Comune costituente un’eccezione in senso stretto – di tener conto, ai sensi dell’art. 16 del d.lgs n. 504
del 1992, del valore dichiarato dai proprietari ai
fini dell’ICI.
1.3 – Quanto al valore delle aree, sono state recepite le conclusioni del consulente tecnico
d’ufficio, non condividendosi, per altro, le osservazioni del Comune, fondate sulla necessità di tener conto delle complessive limitazioni legali in

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netto di quanto già versato, presso la Cassa Depo-

tema di edificabilità: in proposito si è osservato
che “il valore venale si commisura alle potenzialità di un terreno e non alle future costruzioni”.

dedotte violazioni della c.d. legge Tognoli, osservandosi che il consulente tecnico d’ufficio aveva
correttamente identificato il rapporto di copertura, stabilendo che a parcheggi privati poteva essere destinata la metà della superficie ablata con
destinazione a zona produttiva, e, più precisamente, i tre quarti di quella a destinazione turistico ricettiva e i 18/23 di quella a destinazione
sportivo ricreativa.
1.4 – Quanto alle spese di urbanizzazione, si confermava la validità del criterio adottato dal consulente tecnico d’ufficio, fondato sulle spese documentate dalla società Pianvallico che le aveva
eseguite.
1.5 – Per la cassazione di tale decisione hanno
proposto distinti ricorsi la S.p.a. Pianvallico,
asserendo di essere succeduta a titolo particolare nel bene ablato, con cinque motivi, nonché il
Comune di San Piero a Sieve, con dieci motivi, illustrati da memoria (in cui si dà atto della successione all’originario ente del Comune di Scarpe-

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Analoghi rilievi sono stati svolti in merito alle

ria e San Piero). Resistono con distinti controricorsi, parimenti illustrati con memorie, Lorenzo
Corsini, nonché Clemente, Andrea e Paola Corsini.

2 – Deve preliminarmente disporsi, ai sensi
dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei procedimenti,
in quanto relativi a ricorsi proposti avverso la
medesima decisione.
3 – Sempre in via pregiudiziale, deve rilevarsi
l’inammissibilità del ricorso proposto dalla S.p.a.
Pianvallico, la quale non aveva assunto la qualità
di parte nel giudizio di merito. Sotto tale profilo
deve richiamarsi il principio, costantemente afferma da questa Corte, secondo cui la qualità di parte
legittimata a proporre ricorso per cassazione o per
resistere ad esso spetta unicamente a chi abbia
formalmente assunto la veste di parte nel giudizio
di merito conclusosi con la decisione impugnata,
con la conseguenza che va dichiarato inammissibile,
per difetto di rituale instaurazione del processo,
il ricorso per cassazione proposto da o contro soggetti diversi da quelli che sono stati parti nel
giudizio di merito (Cass., 16 giugno 2006, n.
13954; Cass., 16 gennaio 2012, n. 520; Cass., 4
giugno 2013, n. 14036).

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Motivi della decisione

3.1 – La tesi della società, fondata sulla propria
successione a titolo particolare nel rapporto controverso, che, in ipotesi, potrebbe giustificare la

esame (cfr., per tutte, Cass. 17 luglio 2013, n.
17470), non coglie nel segno.
Premesso che, in caso di contestazione, devono essere forniti dall’impugnante i riscontri documentali degli elementi costituenti i presupposti di legittimazione di cui agli artt. 110 e 111 cod. proc.
civ., mediante produzione, ai sensi dell’art. 372,
primo comma, cod. proc. civ., dei documenti che attengono all’ammissibilità del ricorso (Cass., 31
gennaio 2014, n. 2131; Cass., 18 maggio 2006, n.
11650), deve constatarsi che la S.p.a. Pianvallico
sostiene, allegando la relativa documentazione, di
aver stipulato con il Comune, in data 3 gennaio
2002, una convenzione in base alla quale si impegnava “a sostenere gli oneri delle acquisizioni di
tutte le aree P.I.P.”, nonché di aver ribadito tale
impegno nell’atto pubblico con il quale, in data 5
giugno 2003, le aree già espropriate le erano state
trasferite dall’ente territoriale.
3.2 – Appare del tutto evidente, sulla base dei dati testé richiamati, come non sia in alcun modo

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propria legittimazione ad impugnare la sentenza in

predicabile l’applicazione del disposto di cui
all’art. 111 cod. proc. civ., che prevede che la
successione a titolo particolare nel diritto con-

domanda. Nel caso di specie, secondo la prospettazione della stessa società, gli atti che avrebbero
dato luogo a detto fenomeno successorio risultano
stipulati prima dell’instaurazione del giudizio.
3.3 – Deve poi rilevarsi che, al di là del rapporto
di garanzia impropria derivante dall’assunzione degli oneri relativi alle spese derivanti
dall’espropriazione dei terreni da parte dell’ente
territoriale, che non giustifica l’impugnazione
delle statuizioni ad esso sfavorevoli (cfr. Cass.,
16 dicembre 1992, n. 13265, proprio in tema di opposizione alla stima; Cass., Sez. un., 24 luglio
1981, n. 4779), la qualità di cessionario dei terrenti espropriati non comporta l’acquisto della
qualità di parte nel procedimento espropriativo, e
quindi non determina alcuna legittimazione passiva
nel giudizio avente ad oggetto l’indennità di espropriazione, in quanto parte del rapporto espropriativo ed obbligato al pagamento dell’indennità
nei confronti del proprietario espropriato e, come
tale, legittimato passivo nel giudizio di opposi-

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troverso abbia luogo prima della proposizione della

zione alla stima promosso dall’espropriato è il
soggetto espropriante a cui favore è pronunciato il
decreto di espropriazione (Cass., 19 luglio 2012,

3.4 – Alla declaratoria di inammissibilità consegue
la condanna della società al pagamento delle spese
processuali, liquidate come in dispositivo.
4 – I primi tre motivi del ricorso proposto dal Comune, nonché il sesto, possono essere esaminati
congiuntamente, in quanto inerenti, sotto diversi
profili, alla questione della commisurazione
dell’indennità al valore dichiarato ai fini
dell’ICI.
Invero tale problematica, fondata sull’art. 16 del
d.lgs. n. 504 del 1992, risulta superata
dall’intervenuta pronuncia della Corte costituzionale n. 338 del 2001, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità delle norme in forza delle
quali l’indennità di espropriazione doveva subire
una riduzione in relazione ai valori denunciati ai
sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
504, in quanto lesive dei principi di tutela del
diritto di proprietà, garantito dall’art. 42, terzo
comma, Cost., e dall’art. 1 del primo protocollo
addizionale della CEDU, in virtù dei quali l’inden-

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n. 12541).

nità di espropriazione non può ignorare «ogni dato
valutativo inerente ai requisiti specifici del bene>>, né può eludere un «ragionevole legame>> con

5 – Con il quarto motivo l’ente territoriale, denunciando violazione dell’art. 183 cod. proc. civ.
e dell’art. 5 bis della 1. n. 359 del 1992, sostiene che la richiesta di determinare l’indennità di
espropriazione in base al valore venale dei terreni, in quanto avanzata per la prima volta in sede
di precisazione delle conclusioni, avrebbe dovuto
essere considerata inammissibile, in quanto tardivamente proposta.
5.1 – La censura è infondata sotto vari profili.
Deve in primo luogo richiamarsi il principio secondo cui nei giudizi per la determinazione dell’indennità di esproprio il giudice ha il potere-dovere
di individuare il criterio legale applicabile alla
procedura ablatoria sulla base delle caratteristiche del fondo espropriato, senza essere vincolato
dalle prospettazioni delle parti, né alla quantificazione della somma contenuta nell’atto di citazione, dovendo questa essere liquidata in riferimento
a detti criteri, con conseguente accoglimento o rigetto della domanda a seconda che venga accertata

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il valore di mercato.

come dovuta un’indennità maggiore o minore di quella censurata (Cass., 1 0 agosto 2013, n. 18435;
Cass., 5 febbraio 2009, n. 2787).

Corte di appello, per altro non vincolata, come sopra precisato, dalle indicazioni delle parti, potesse prescindere dallo ius superveniens introdotto
dalla nota pronuncia n. 348 del 2007 del giudice
delle leggi, applicando, secondo la tesi sostenuta
nel motivo in esame, una norma abrogata in quanto
affetta da illegittimità costituzionale.
6 – Il quinto motivo, per altro inerente al tema
dell’IC, nonché l’ottavo, sono inammissibili, in
quanto con essi si prospettano vizi di motivazione, senza formulare il c.d. momento di sintesi, omologo del quesito di diritto, che ne circoscriva
puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare
incertezze in sede di formulazione del ricorso e di
valutazione della sua ammissibilità, così come richiesto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, nell’interpretazione costantemente resane da questa Corte, anche a Sezioni unite (cfr. ex multis: Cass. Sez. Un. n. 20603 del
2007; Cass., n. 16002 del 2007; Cass., n. 8897 del
2008).

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Deve poi rilevarsi che non si comprende come la

7 – Con il settimo motivo, deducendosi violazione
dell’art. 37 del d.P.R. n. 327 del 2001, nel testo
novellato dall’art. 2 comma 89, lett. a, della 1.

plicarsi la riduzione del 25 per cento
dell’indennità, prevista per le espropriazioni finalizzate ad attuare interventi di riforma economico-sociale.
7.1 – La censura è infondata.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, a
seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale del criterio di indennizzo di cui
all’art. 5-bis del d.l. 11 luglio 1992, n. 333,
convertito, con modifiche, nella legge 8 agosto
1992, n. 359 ed all’art. 37, commi 1 e 2, del
d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, da parte della sentenza n. 348 del 2007 della Corte costituzionale,
lo “jus superveniens” costituito dall’art. 2, comma
89, lett. a) della legge 24 dicembre 2007, n. 244
si applica retroattivamente per i soli procedimenti
espropriativi in corso, e non anche per i giudizi
in corso (Cass., Sez. un., 28 febbraio 2008, n.
5265).
7.2 – A prescindere da tale rilievo di diritto intertemporale, va in ogni caso ribadito che, affin-

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n. 244 del 2007, si sostiene che avrebbe dovuto ap-

ché sussista il presupposto dell’intervento di riforma economico-sociale, che giustifica la riduzione del 25 per cento del valore venale del bene ai

ve riguardare l’intera collettività o parti di essa
geograficamente o socialmente predeterminate ed essere, quindi, attuato in forza di una previsione
normativa che in tal senso lo definisca (Cass., 23
febbraio 2012, n. 2774, in tema di edilizia convenzionata, Cass., 28 maggio 2013, n. 13252 e Cass., 5
dicembre 2012, n. 27327, in relazione alla realizzazione di P.I.P.).
8 – Il nono motivo, con il quale si sostiene che,
in violazione dell’art. 39 della 1. n. 2359 del
1865, dell’art. 5 del D.M. n. 1444 del 1968,
dell’art. 41 sexies della 1. n. 1150 del 1942 della
L.R. Toscana n. 28 del 1999, sarebbero stati trascurati i vincoli derivanti da dette norme ai fini
dello sfruttamento della capacità edificatoria del
piano per gli investimenti produttivi, è fondato.
Com’è noto, la determinazione del valore di un terreno mediante il c.d. metodo analitico ricostruttivo si fonda sulle concrete possibilità di realizzare, attraverso la realizzazione dei volumi consentiti, determinate costruzioni.

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fini della determinazione dell’indennità, esso de-

Il relativo calcolo, che si fonda sulla natura edificabile impressa ai terreni dalla variante che approva il piano (c.d. P.I.P., ma analoghe considera-

PEEP), non può prescindere, nell’ambito di una valutazione – indipendentemente dalle specifiche destinazioni – complessiva della potenzialità edificatoria dell’intera area, corrispondente ad evidenti esigenze di omogeneizzazione (Cass., 3 giugno
2004, n. 10555; Cass., 6 settembre 2006, n. 19128),
dalle limitazioni di natura urbanistica imposte
dallo stesso piano e dalla normativa di riferimento. L’affermazione della sentenza impugnata, a
fronte delle specifiche deduzioni del Comune relative agli standards previsti per l’attuazione del
piano, secondo cui “il valore venale si commisura
alle potenzialità di un terreno e non alle future
costruzioni, delle quali non è possibile stabilire
in anticipo le volumetrie”, si colloca su un versante antitetico alle previsioni normative e
all’orientamento di questa Corte. Sotto tale profilo vale bene ribadire che le aree comprese dal piano regolatore generale nell’ambito di un piano per
gli insediamenti produttivi (PIP) assumono carattere edificatorio e subiscono la conformazione pro-

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zioni valgano, mutatis mutandis, anche per il c.d.

pria del piano stesso, onde, nella determinazione
del loro valore (nella fattispecie eseguita mediante applicazione del metodo analitico – ricostrutti-

liquidazione dell’indennità di espropriazione,
dell’incidenza negativa esercitata sul valore
dell’area dal vincolo specifico di destinazione
preordinato all’esproprio, così sono invece suscettibili di considerazione i vincoli di conformazione
appunto stabiliti, indipendentemente dall’espropriazione, in virtù della preesistente destinazione
urbanistica legale e deve, perciò, in particolare,
essere fatto riferimento agli “standards” del piano anzidetto, come, ad esempio, agli indici di fabbricabilità previsti da quest’ultimo (Cass., 24
marzo 2004, n. 5874; Cass, Sez. un., 21 marzo 2001,
n. 125). Del resto, appare di intuitiva evidenza
che, ove si prescinda, come nella specie, da spazi
non edificabili in quanto, poiché, ad esempio, riservati a parcheggio, interessati da vincoli, può
verificarsi un’indebita dilatazione dei volumi realizzabili, con il risultato di falsare la valutazione derivante dall’applicazione del metodo analitico ricostruttivo, con ovvie ricadute negative
sulla determinazione della giusta indennità.

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vo), come non si può tenere conto, ai fini della

9 – Del pari fondata è l’ultima censura, con la
quale, denunciandosi violazione degli artt. 39 e 42
della 1. N. 1359 del 1865 e 37 del d. P.R. n. 327

ta detratta soltanto una parte dei costi di urbanizzazione, così accrescendosi illegittimamente il
valore dell’area.
In proposito deve rilevarsi che il ricorrente, nel
rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, ha trascritto le critiche svolte all’operato
del consulente tecnico d’ufficio, nella parte in
cui riconosceva, ai fini della detrazione dei costi
di urbanizzazione, soltanto quelli risultanti
dall’esame delle documentazione della società Pianvallico, che li aveva sostenuti. Tale valutazione
non si sottrae alle critiche mosse dal ricorrente,
dovendosi applicare il principio secondo cui, quando si procede alla stima in base al metodo analitico ricostruttivo, occorre considerare il costo complessivo degli oneri di urbanizzazione.
Di recente questa Corte ha affermato che “ai fini
della determinazione del valore venale di un immobile, gli oneri di urbanizzazione sono stabiliti
dalla normativa urbanistica, e la loro incidenza
sul prezzo degli immobili in regime di libero mer-

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del 2001, si sostiene che erroneamente sarebbe sta-

cato non necessita di dimostrazione, dovendo il
giudice di merito tenerne conto anche di ufficio”
(Cass., 4 luglio 2013, n. 16750).

la cassazione in parte qua della decisione impugnata, con rinvio, anche per le spese del presente
giudizio, alla Corte di appello di Firenze che, in
diversa composizione, applicherà i principi sopra
richiamati.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile
il ricorso della S.p.a Pianvallico, che condanna al
pagamento delle spese processuali in favore dei
controricorrenti, liquidate, per ciascuno, in euro
15.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre
accessori di legge. Accoglie il nono e il decimo
motivo del ricorso del Comune di Scarperia e San
Piero, che rigetta nel resto.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi
accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di
appello di Firenze, in diversa composizione.
Cosi deciso in Roma, nella Camera di consiglio d

10 – All’accoglimento dei suddetti motivi consegue

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