Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9774 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. un., 26/05/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 26/05/2020), n.9774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di sez. –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35860-2018 proposto da:

EDISON S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI 99, presso lo

studio dell’avvocato GIOVANNI BATTISTA CONTE, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati MARIO BUCELLO e SIMONA VIOLA;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DEI COMUNI DEL BACINO IMBRIFERO MONTANO DI VALLE CAMONICA,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 44, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNI CORBYONS, rappresentato e difeso dall’avvocato DARIO

MARCHESI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 144/2018 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 06/08/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche confermò la sentenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Milano con la quale era stato rigettato il ricorso proposto da Edison s.p.a., titolare della centrale idroelettrica di (OMISSIS) e della relativa concessione di derivazione delle acque dal fiume (OMISSIS), affinchè venisse accertato che la società non era soggetta a corrispondere al Consorzio dei Comuni del Bacino Imbrifero Montano (B.I.M.) di Valle Camonica il sovracanone di cui alla L. 27 dicembre 1953, n. 959 per la quota di potenza nominale eccedente 10.200 Kwh;

il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, disatteso il motivo d’appello con il quale era stato censurato il rigetto dell’istanza istruttoria diretta all’acquisizione di documentazione comprovante la perimetrazione del bacino imbrifero montano in oggetto, rilevò che la convenzione transattiva intercorsa tra le parti nel marzo 1975 (con cui l’applicazione del sovracanone era stata concordata “limitatamente alla potenza nominale di 10.200 kwh”) non era idonea a spiegare i suoi effetti a seguito dell’introduzione della normativa di cui alla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 137, anche tenuto conto della natura di prestazione patrimoniale avente fini solidaristici attribuita dalla predetta disciplina al sovracanone, e disattendeva la questione di legittimità costituzionale della norma avanzata con riferimento agli artt. 3 e 42 Cost., art. 117 Cost., comma 1;

avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società sulla base di tre motivi;

il Consorzio ha resistito con controricorso;

entrambe le parti hanno prodotto memorie illustrative.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo la ricorrente deduce error in procedendo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per violazione e/o falsa applicazione del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 162 e dell’art. 210 c.p.c., osservando che la sentenza impugnata aveva respinto il motivo di gravame concernente il rigetto dell’istanza istruttoria volta ad acquisire la documentazione relativa alla riperimetrazione del Bacino Imbrifero Montano intervenuta nel 1976, ritenendola generica e astratta, ancorchè l’istanza non potesse che essere formulata nei termini indicati, cioè prospettando seri dubbi in merito alla legittimità delle operazioni di riperimetrazione, poichè l’acquisizione di elementi al riguardo era il fine della richiesta acquisizione;

con il secondo motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 137, e degli artt. 1965 e 1966 c.c., sostenendo che erroneamente il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche aveva disatteso la tesi della società riguardo il protrarsi oltre l’introduzione della normativa del 2012 dell’efficacia temporale della convenzione transattiva intercorsa tra le parti nel marzo 1975, trattandosi di convenzione avente ad oggetto l’imposizione del sovracanone che stabiliva, in via transattiva, la limitazione dello stesso a una certa quota parte della potenza dell’impianto;

con il terzo motivo la ricorrente deduce error in iudicando (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) costituito dalla violazione e/o falsa applicazione della L. n. 87 del 1953, art. 23 degli artt. 3,41 Cost., art. 117 Cost., comma 1, dell’art. 3, par. 1 della direttiva 2009/72/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 e dell’art. 267 TFUE, riproponendo la questione di legittimità costituzionale della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 137, per contrasto con gli artt. 3,41 Cost., art. 117 Cost., comma 1 e con il diritto uniEuropeo, rilevando la conseguente necessità di provvedere alla disapplicazione della norma e/o alla sollevazione della relativa questione pregiudiziale della Corte di Giustizia UE;

il primo motivo è privo di fondamento, poichè correttamente il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha ritenuto generica la richiesta di acquisizione di documentazione formulata dalla parte ricorrente al fine di verificare la rispondenza al dato normativo del provvedimento di perimetrazione, atteso che, se la delimitazione dei territori compresi nel bacino imbrifero costituisce il presupposto per l’insorgenza dell’obbligo, colui che contesta l’illegittimità del provvedimento, sul quale grava l’onere della prova nell’ambito di un giudizio di accertamento negativo del credito che da tale decreto deriva, è tenuto ad allegare i profili di illegittimità del medesimo;

anche il secondo motivo è infondato;

il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, esaminata la convenzione intercorsa tra le parti, ha rilevato che la medesima, con la quale si poneva l’obbligo di sovracanone limitatamente alla potenza nominale di 10.200 kwh, era volta ad evitare un contenzioso che poteva generarsi alla luce della disciplina di cui alla L. 27 dicembre 1953, n. 959, che stabiliva per gli impianti di presa del bacino imbrifero dell'(OMISSIS) una quota altimetrica fissata a m. 500 s.l.m., perchè la centrale suindicata, pur restando estranea all’obbligo per la sua collocazione altimetrica, risultava, collegata con altri impianti, dei quali utilizzava le acque, posti ad una altezza superiore a 500 metri: situazione, questa, che non era più presente a seguito della nuova perimetrazione intervenuta con il D.M. 26 aprile 1976, in forza della quale l’impianto di (OMISSIS) si trovava pacificamente all’interno del territorio del Bacino Imbrifero Montano (B.I.M.) di (OMISSIS);

va evidenziato che l’interpretazione data dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche alla convenzione e alla sua portata, in primo luogo, non è censurata sotto il profilo della devianza rispetto ai canoni ermeneutici di legge, nè è denunciato al riguardo un vizio di motivazione, sicchè la decisione sul punto sfugge al sindacato di legittimità in base al principio secondo cui “l’interpretazione del contratto, consistendo in un’operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un’indagine di fatto, sicchè la presunta violazione delle regole sull’interpretazione dei contratti è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, censura in questo caso non prospettata, o per violazione delle regole ermeneutiche, non potendo trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto già dallo stesso esaminati, tenuto conto che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni” (Cass. 26/05/2016 n. 10891);

è da rilevare, inoltre, che correttamente il medesimo Tribunale attribuisce al sovracanone, come risultante a seguito dell’innovato quadro normativo, la natura di prestazione avente la sua fonte impositiva nella legge, con finalità di integrazione delle risorse degli enti territoriali, in quanto tale non riconducibile al rapporto concessorio, nè negoziabile con una transazione (conforme Cass. Sez. U. 19 giugno 2018 n. 16157, che, sul solco segnato da Corte Cost. 20 dicembre 2002 n. 533, attribuisce al sovracanone il valore di prestazione patrimoniale imposta a fini solidaristici, avente natura tributaria);

allo stesso modo è infondato il terzo motivo, dovendosi escludere qualsiasi contrasto della decisione impugnata con i principi costituzionali (si veda in proposito, con ampia ed esaustiva motivazione Cass. 27/12/2019 n. 34475, nonchè Cass. Sez. U. 19/06/2018 n. 16157: “In tema di concessioni di derivazione di acque pubbliche a scopo idroelettrico, l’introduzione, L. n. 228 del 2012, ex art. 1, comma 137, con applicazione anche alle concessioni già in corso, del sovracanone per gli impianti di potenza non modesta (superiore a 220 kW) con opere di presa ricadenti in territori di Comuni compresi in bacini imbriferi montani già delimitati, è conforme ai principi costituzionali in quanto configura una prestazione patrimoniale imposta, avente natura tributaria, con la conseguenza che la relativa disciplina espressione della potestà legislativa nelle materie di “armonizzazione dei bilanci pubblici” e “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” ex art. 117 Cost. – è rimessa alla discrezionalità del legislatore nel rispetto, come avvenuto nel caso di specie, dei canoni di non arbitrarietà o irrazionalità della scelta legislativa, limitandosi la norma a reintrodurre l’originario sistema del T.U. e, in particolare, l’onere del pagamento del sovracanone per tutti gli impianti, senza discrimine altimetrico, rendendo omogenee le posizioni di tutti i Comuni e di tutti gli impianti del bacino.”) e non assumendo rilievo il profilo di censura relativo alla presunta contrarietà alla disciplina comunitaria antidiscriminatoria tra imprese operanti nel mercato interno dell’energia elettrica, poichè finalità della norma censurata è istituire un’imposizione su elementi oggettivi, quali quello della localizzazione delle opere di presa entro i confini amministrativi dei Comuni compresi nella perimetrazione del Bacino Imbrifero Montano;

in base alle svolte argomentazioni il ricorso deve essere rigettato;

le spese del giudizio sono liquidate secondo soccombenza;

sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002 art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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